D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia): Relazione semestrale sulla criminalità in provincia di Bari- primo semestre 2016

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fonte: http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE – 1° semestre 2016

Analisi del fenomeno

Un’analisi complessiva del contesto pugliese – in cui è prevalente il radicamento della sacra corona unita – consente di rilevare come le caratteristiche essenziali dei locali gruppi criminali siano profondamente divergenti rispetto a quelle che contraddistinguono altre grandi organizzazioni criminali italiane, come cosa nostra e la ‘ndrangheta, con le quali comunque interagisce.

Queste ultime, infatti – come diffusamente spiegato nei capitoli di questa Relazione specificamente dedicati – starebbero perseguendo ormai da diversi anni una strategia dell’inabissamento, caratterizzata dal progressivo abbandono delle attività criminali tradizionali e da una pervasiva attività di infiltrazione nell’economia “legale” e negli appalti pubblici. La criminalità pugliese, invece – al pari dei gruppi della camorra napoletana – lungi dall’aver intrapreso questo mutamento epocale, continua a mantenersi fortemente ancorata alle classiche attività delittuose.

A questo stato di cose sembra aver concorso la detenzione degli storici capi dei clan e la progressiva assunzione dei ruoli di vertice da parte di giovani emergenti, lontani dagli schemi gerarchici e dalle regole tramandate dai predecessori. Proprio rispetto ai comportamenti criminali delle nuove leve, le evidenze info-investigative raccolte nel semestre consentono di operare un distinguo a seconda dell’area geografica su cui operano.

Se, infatti, le giovani generazioni della provincia di Lecce appaiono meno sensibili all’autorevolezza dei capi della s.c.u. leccese, tanto da non apprezzare le tradizionali cerimonie delle affiliazioni, e quindi ambire ad una promozione all’interno del gruppo, quelle della provincia di Taranto rafforzerebbero i loro legami proprio attraverso tali pratiche. Su quest’ultimo capoluogo, infatti, per cementare i rapporti tra i componenti del clan “DI PIERRO”, erano previste anche cerimonie di iniziazione e di affiliazione, sulla falsariga dei rituali di matrice ‘ndranghetista, da cui ne mutuavano anche il gergo.

A fattor comune, i sodalizi pugliesi continuano a caratterizzarsi per il forte dinamismo nel traffico di sostanze stupefacenti, dove prosegue l’interazione con i sodalizi albanesi, serbi, montenegrini, bosniaci e kosovari per lo smistamento dei carichi di droga diretti alle piazze di spaccio del centro e nord Italia.
Proprio il centro – nord si conferma un’area di interesse per i gruppi della provincia di Foggia, organizzati per com- mettere furti e rapine.

Nella precedente relazione semestrale è stato fatto cenno a come le province di Modena, Mantova, Reggio Emilia, Alessandria e L’Aquila fossero state prese di mira da un sodalizio foggiano, che aveva messo a segno una serie di furti di generi alimentari dall’alto valore commerciale; nel semestre in esame, grazie all’operazione “Wolkenbruch”, condotta congiuntamente dalla D.I.A. e dall’Arma dei Carabinieri, è stata sgominata una banda di Cerignola, stanziata a Chioggia, da dove programmava furti ad attività imprenditoriali impiantate in diverse città del Nord Italia ed operative nel settore dell’abbigliamento griffato, delle calzature, della rubinetteria e perfino dei fitofarmaci. Scendendo, nel dettaglio, all’analisi delle singole realtà territoriali pugliesi, la città e la provincia di Bari continuano ad essere segnate dall’operatività di una serie di gruppi criminali, attivi, tra l’altro, nel traffico di stupefacenti e nel racket delle estorsioni, quest’ultime rivolte soprattutto ad imprenditori locali operanti nel settore dell’edilizia e lattiero-caseario e costretti, in alcuni casi, ad assumere persone legate ai clan per la guardiania dei cantieri.

Con riferimento alla provincia di Foggia – di cui in parte si è già detto rispetto alle proiezioni nel Nord Italia – il quadro si presenta sempre frammentario e caratterizzato da una forte fluidità nelle evoluzioni criminali, specie quelle del ca- poluogo, segnato dalla faida tra i SINESI-FRANCAVILLA e i MORETTI-PELLEGRINO-LANZA.
Il tempestivo intervento della DDA di Bari, che nel mese di gennaio ha emesso un provvedimento di fermo nei con- fronti di otto affiliati al clan MORETTI-PELLEGRINO-LANZA, ha di fatto bloccato, in città, una probabile escalation dell’ennesima guerra di mafia.

La criminalità organizzata della provincia di Lecce, duramente colpita dall’azione giudiziaria, sembra, invece, mostrare una minore esuberanza e vitalità rispetto al passato, risultando comunque fortemente interessata al traffico di stupefacenti, alle estorsioni, al riciclaggio e al reimpiego dei proventi illeciti in attività imprenditoriali, come chiaramente emerso dal sequestro di diversi compendi aziendali operato dalla D.I.A. di Lecce nel corso del semestre.

Per quanto riguarda la provincia di Barletta – Andria – Trani, si segnala l’operatività di gruppi criminali integrati italiani – albanesi, attivi nel traffico internazionale di stupefacenti.
In provincia di Brindisi, dopo la disarticolazione dei principali gruppi criminali che hanno portato all’irrogazione di pesanti condanne nei confronti di boss e gregari, non si sono registrati evidenti segnali di rilancio dell’operatività delle organizzazioni criminali inserite nella sacra corona unita.

Diverso è il caso della provincia di Taranto, dove le attività investigative concluse nel semestre testimoniano l’ennesima forma di collaborazione tra i gruppi locali e la ‘ndrangheta.
L’associazione di stampo mafioso denominata Clan CESARIO – sgominata con la menzionata operazione Feudo – oltre ad operare con altre consorterie attive nel capoluogo jonico (clan D’ORONZO – DE VITIS), aveva infatti esteso i propri contatti alle cosche calabresi (clan BONAVOTA, clan PAVIGLIANITI), stringendo accordi, per organizzare traffici di stu- pefacenti e di tabacchi lavorati esteri.

Per quanto concerne, invece, il territorio della Regione Basilicata, data anche la contiguità geografica con la Puglia, la Campania e la Calabria, lo stesso risulta esposto alle pressioni criminogene dei sodalizi tradizionalmente radicati in queste regioni. 

Tale forma di “contaminazione” avrebbe trovato importanti conferme nel corso del semestre: si pensi all’arresto a Vietri di Potenza – a cui si è già fatto cenno nel paragrafo dedicato alle proiezioni extra regionali della camorra – di un pluripregiudicato napoletano, in esecuzione di un’O.C.C.C. emessa dalla D.D.A. di Napoli nei confronti di 18 componenti della criminalità organizzata partenopea (clan camorristico “AMATO -PAGANO”); a quello di cinque soggetti di Cerignola responsabili della tentata rapina in danno di una gioielleria di Matera e all’arresto di un barese, responsabile di una rapina ad un istituto bancario del medesimo capoluogo.

Proiezioni territoriali – Città di Bari e provincia

Lo scenario criminale del territorio di Bari risulta sostanzialmente immutato rispetto al periodo precedente, restando comunque caratterizzato dalla presenza di giovani emergenti che tendono a disconoscere l’autorità dei capi clan.
Il Presidente della Corte di Appello di Bari, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del 30 gennaio 2016, ha evidenziato che “i numerosi gruppi criminali, di varia consistenza e differenti modalità operative, sono in fase di elevata conflittualità nelle varie zone del distretto. La rottura degli equilibri, provocata dai provvedimenti cautelari e dalle condanne che si sono moltiplicate negli ultimi anni nei confronti di capi e gregari, ha provocato l’emergere di giovani adulti che cercano con molta spregiudicata violenza di scalzare boss più anziani ovvero di sottrarsi alle direttive dei boss detenuti.”

A questo fermento criminale, però, è corrisposta un’attività di contrasto particolarmente incisiva, che ha inferto ulteriori duri colpi alla criminalità organizzata del capoluogo, già precedentemente privata dei riferimenti apicali.
In proposito, vale la pena di richiamare l’operazione “Clean up”, che nel mese di febbraio ha colpito 11 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di molteplici attività illecite, tra le quali estorsioni in danno di imprenditori locali operanti nel settore dell’edilizia e lattiero- caseario, tutti collegati al clan PARISI, egemone nel quartiere Japigia di Bari. Le investigazioni hanno fatto luce su come, nell’ambito delle zone d’influenza del citato clan (oltre che nel quartiere Japigia di Bari, anche nel comune di Gioia del Colle), diversi imprenditori fossero costretti a corrispondere somme di denaro, con cadenza periodica e in ragione dell’attività esercitata, o ad assumere, con le mansioni di guardiano nei cantieri edili, persone legate al sodalizio. 

È del successivo mese di marzo l’operazione “Do ut des”, che ha colpito un’organizzazione criminale composta da 25 soggetti, appartenenti anche in questo caso al clan PARISI, che, forti del vincolo associativo e potendo disporre di armi ed esplosivi, praticavano estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, furti e occupazioni abusive di edifici dello IACP, sui complessi del cd. “quadrilatero”. Allo stesso tempo si adoperavano per acquisire in modo diretto o indiretto il controllo di attività economiche, specie nel settore edilizio.

Emblematico è l’episodio riguardante lo sgombero di un immobile, ottenuto con una “spedizione punitiva” ed il violento pestaggio dell’occupante non gradito.
Anche il clan STRISCIUGLIO, fortemente radicato nel capoluogo barese, è stato indebolito, con pesanti ricadute sull’assetto verticistico, dall’arresto nel mese di marzo di 20 esponenti, per effetto degli ordini di carcerazione emanati dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari, in esecuzione di sentenze definitive emesse per complessivi 150 anni di detenzione, a conclusione del processo conseguente all’operazione Libertà.

In seno all’organizzazione degli STRISCIUGLIO – specie nei quartieri San Paolo, San Girolamo e San Pio – permarrebbe una situazione di elevata conflittualità interna, riscontrata anche nel precedente semestre, conseguente sia ai descritti vuoti di potere originati dall’azione di contrasto dello Stato, sia all’operato, spregiudicato e violento, delle giovani leve. Dal fermento riconducibile al riassetto degli equilibri interni alle articolazioni del citato clan (in tale contesto si inquadra la rissa tra detenuti appartenenti a due gruppi di “strisciugliani”, avvenuta nel cortile del carcere di Bari il 18 gennaio) sono scaturiti un omicidio, avvenuto il 7 febbraio, ed un ferimento, verificatosi in data 14 febbraio.

Altro evento destinato a ridisegnare gli equilibri interni al clan STRISCIUGLIO è l’arresto eseguito il 26 febbraio, per traffico di sostanze stupefacenti, di un pluripregiudicato considerato il braccio destro del capo clan attualmente detenuto, nonché reggente dell’articolazione operante nel quartiere Libertà di Bari.
Altro gruppo barese duramente colpito dall’azione di contrasto è il clan TELEGRAFO-MISCEO (già TELEGRAFO-MONTANI-MISCEO). Il sodalizio è stato colpito prima dall’arresto, nel mese di maggio, di 3 esponenti di rilievo, accusati di un tentato omicidio del 2012 (l’evento si inscrive nella faida che da anni si registra nel capoluogo tra le famiglie TELEGRAFO e MERCANTE), e successivamente, nel mese di giugno, dall’operazione “Ampio Spettro”.

Le investigazioni hanno fatto luce sugli interessi del clan – strutturato secondo un ordine gerarchico-piramidale ed organizzato in sottogruppi aventi ciascuno un proprio referente – nel quartiere San Paolo, nonché nei Comuni di Noicattaro, Palo del Colle e Rutigliano, con particolare riferimento alle attività relative all’usura, alle estorsioni ed al traffico di sostanze stupefacenti.

Allo stato, i quartieri maggiormente interessati dalle dinamiche criminali in atto risultano:

  • –  San Paolo, con la presenza del citato clan TELEGRAFO-MISCEO;
  • San Girolamo, Fesca, San Cataldo, ove gli equilibri rimangono in continua evoluzione, tenuto conto del permanere della faida familiare tra i CAMPANALE (collegati agli STRISCIUGLIO) ed i LORUSSO (vicini ai CAPRIATI);
  • San Pio/Catino, ove, al fine di garantirsi il predominio nelle attività di spaccio di sostanze stupefacenti, continuano a verificarsi scontri armati tra due gruppi appartenenti agli STRISCIUGLIO, l’uno collegato alla frangia del quartiere di Carbonara e l’altro al quartiere Libertà. La situazione, invece, resta immutata:
  • –  nei quartieri di Carbonara e Ceglie del Campo, ove resiste il patto di non belligeranza tra i clan STRISCIUGLIO e DI COSOLA;
  • –  nel Borgo antico, tra i clan STRISCIUGLIO e CAPRIATI;
  • –  nel quartiere Madonnella, ove continua a registrarsi la presenza del gruppo DI COSIMO/RAFASCHIERI;
  • –  nel quartiere Japigia, ove coesistono i clan PARISI e PALERMITI.

– Provincia di Bari

Nel periodo di riferimento, i Comuni della città metropolitana sembrerebbero risentire positivamente dell’azione giudiziaria ed investigativa, che, come descritto, ha colpito duramente i principali sodalizi del capoluogo, delineando così un indebolimento generale anche dei clan – collegati a quelli metropolitani – attivi nelle aree limitrofe.
Il sodalizio che sembra aver maggiormente risentito dell’azione giudiziaria è quello dei DI COSOLA, che nel recente passato ha rappresentato una delle organizzazioni criminali meglio radicate nell’hinterland barese.

Tra le emergenze che hanno caratterizzato il semestre, è certamente da segnalare l’operatività di altri gruppi criminali eterogenei, dediti a rapine in danno di furgoni portavalori e a furti, commessi anche mediante l’impiego di esplosivi per forzare gli ATM (postamat e/o bancomat) di uffici postali e istituti di credito.
Allo stesso modo, permane in maniera significativa lo spaccio di sostanze stupefacenti e quello dei reati contro il patrimonio, specie nell’area murgiana, pre-murgiana e nei comuni dell’area sud barese, dove in diversi casi sono emerse consolidate collaborazioni con gruppi criminali albanesi.

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