Corruzione, microcamere della Finanza negli uffici regionali dell’Agricoltura. E l’inchiesta potrebbe allargarsi ancora

Due giorni fa l’operazione che ha portato in carcere un funzionario regionale e ai domiciliari quattro imprenditori foggiani e un agronomo. Nel mirino dei militari il sistema corruttivo “ampio e diffuso”, di cui la Procura di Bari ritiene di aver trovato le provefonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

C’erano le microcamere della Guardia di finanza negli uffici dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Puglia e potrebbero aver ripreso molto di più di quello che finora è emerso, nell’ambito dell’inchiesta che due giorni fa ha portato in carcere un funzionario regionale e ai domiciliari quattro imprenditori foggiani e un agronomo. Il sistema corruttivo “ampio e diffuso”, di cui la Procura di Bari ritiene di aver trovato le prove, potrebbe essere ancora più vasto e coinvolgere anche altri dipendenti pubblici.

Non è un caso che il clima in Regione, nelle ultime ore, sia stato molto teso e che grande sia l’attesa per gli interrogatori delle persone arrestate, fissati per lunedì mattina. Le loro posizioni sono indubbiamente complicate, perché le indagini degli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria (coordinate dal pm Michele Ruggiero) si sono avvalse di intercettazioni telefoniche e ambientali, di trojan installati nei telefoni, di servizi di osservazione e di interrogatori di numerose persone. Alcune delle quali hanno ammesso di avere pagato tangenti ai funzionari Lorenzo Mazzini (arrestato) e Giuseppe Vacca.

Le ipotesi di reato contestate finora sono concussione, corruzione, truffa aggravata, falso, rivelazioni di segreti d’ufficio, favoreggiamento e riguardano 21 indagati: tre funzionari pubblici, otto agronomi e dieci titolari di aziende operanti nel settore agro-pastorale, che avrebbero ottenuto indebitamente fondi europei per la prevenzione e il ripristino del territorio dopo incendi e eventi naturali. Ad ammettere il pagamento di tangenti sono stati sia tre agronomi (uno dei quali si è rifiutato e ha denunciato) che alcuni imprenditori. In base all’imputazione, le dazioni andavano dai 1.500 ai 40mila euro, per un totale di circa 110mila euro, consegnato in poco più di un anno. Illuminanti, in tal senso, sono state le dichiarazioni di Michele Fasanella (indagato): “Ho emesso due assegni in favore di Mazzini, a garanzia del pagamento di 20mila euro che avrei dovuto corrispondergli come tangente per le pratiche relative al Consorzio agriforestale. Gli assegni li ho consegnati nell’ufficio di Foggia, poi gli ho dato ulteriori 4mila euro in contanti. Tali corresponsioni di denaro avvenivano a seguito di sue continue pressioni. Era mia intenzione denunciare Mazzini“. Cosa che, in effetti, non è avvenuta, perché i finanzieri sono arrivati prima che l’imprenditore si decidesse a denunciare e non c’è la controprova del fatto che quelle rivelazioni sarebbero arrivate comunque.

Lo stesso ha fatto l’agronomo Antonio Simone (finito ai domiciliari): “La percentuale del 3% che Mazzini pretendeva sulle pratiche da me gestite era riferita all’importo complessivo dell’aiuto concesso e, di conseguenza, la tangente richiesta dal funzionario regionale incideva del 30% sul mio compenso professionale, che di norma è pari al 10% dell’importo finanziato“.

Ugualmente significativa, secondo gli inquirenti, la conversazione tra Mazzini e Davide Vergura (anch’egli indagato) del 5 agosto 2020, quando l’agronomo voleva affrancarsi dalla consuetudine di versare denaro al funzionario: “Quello ti promette i soldi e io te li devo lasciare?“, diceva, e Mazzini replicava: “Io mo devo stare qua per quattro anni, le regole si rispettano. L’amico vostro si è permesso di dire che mi aveva dato 5mila euro e invece me ne ha dati 1.000. Io sto qua fino a sabato e me li dovete portare“. Di fronte all’incalzare del funzionario, Vergura prendeva il telefono e azionava il play: “Ti registro perché con gente come te bisogna fare così. Sentiamo, quant’è che ti devo dare? Allora, lo dico oggi: se le pratiche di Biscotti e Gentile vengono bloccate in Regione ci sarà un motivo, c’è qui con me il funzionario Lorenzo Mazzini che mi ha chiesto de denaro“. Il file è stato poi depositato alla Guardia di finanza.

Agli atti dell’inchiesta ci sono anche le videoregistrazioni effettuate nell’ufficio di Giuseppe Vacca alla Regione. Era lui, del resto, il responsabile finale dei procedimenti ovvero l’uomo che decideva la sorte delle aziende. Lui a raccomandare attenzione a chi presentava la documentazione, “perché poi c’è l’Audit e quello è il controllo peggiore“. A dimostrare che molta parte di quella documentazione non fosse attendibile, però, ci sono altre intercettazioni, come quelle in cui Matteo Fasanella (ai domiciliari) diceva a Mazzini: “Ma è possibile che non capisci, quello va in Procura, va dall’avvocato… Ha preso un Sal che è tutto falso, viene la finanza e succede il bordello“. Come poi è effettivamente accaduto, la finanza è arrivata ed è stato il terremoto.

Corruzione per contributi in agricoltura, il procuratore aggiunto: “Sistema sofisticato e rodato” – Video QUI

 

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