Corruzione, arrestati gip di Bari De Benedictis e avvocato penalista Chiariello. Tutti i nomi.

Il gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, e l’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, sono stati arrestati dai carabinieri e condotti in carcere, su disposizione del gip di Lecce che ha accolto le richieste cautelari della Dda. Entrambi sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell’avvocato Chiariello. De Benedictis nei giorni scorsi ha presentato richiesta di dimissioni dalla magistratura.

L’ordinanza viene notificata in queste ore ad alcuni noti esponenti della criminalità organizzata, già detenuti. In corso anche perquisizioni nei confronti di molte persone indagate nel procedimento.

In cambio di somme di denaro in contante, consegnate anche all’ingresso di un bar nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il gip avrebbe emesso provvedimenti favorevoli agli assistiti dell’avvocato. I soggetti beneficiati, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sullo sperimentato accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato, (circostanza peraltro nota da tempo nell’ambiente criminale per come riferito dai collaboratori di giustizia), in cambio della corresponsione di somme di denaro, sarebbero riusciti ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o rimissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità.

 

 

SEIMILA EURO PER I DOMICILIARI A UN ESPONENTE DEL CLAN – Nel corso delle indagini, sono state registrate conversazioni in cui De Benedictis e Chiariello discutono sulle strategie migliori affinché il giudice potesse motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del penalista. In un’occasione i carabinieri hanno registrato il conteggio del denaro in contanti consegnato al gip e ancora il dialogo sugli importi da imputare alla corruzione. Le conversazioni sono state intercettate sia all’interno dell’ufficio del gip, sia nell’ascensore del palazzo dove Chiariello abita.
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, il 9 aprile scorso, hanno intuito dell’imminente incontro tra i due indagati attraverso alcuni messaggi in codice scambiati tra i collaboratori dello studio Chiariello. Il 9 aprile dunque De Benedictis avrebbe raggiunto l’abitazione del legale per riscuotere il compenso dopo la concessione degli arresti domiciliari in favore di Antonio Ippedico, arrestato per associazione mafiosa.

I militari hanno seguito De Benedictis dopo l’incontro con Chiariello, avvenuto alle 8 del mattino del 9 aprile scorso. Dallo studio legale del penalista, in via Sparano, nel cuore di Bari, il gip è stato seguito fin nel suo ufficio di via Dioguardi. Qui, ripreso dalle microcamere, è stato filmato mentre tirava fuori una busta piena di banconote dal giubbotto e la riponeva nelle tasche dei pantaloni. A questo punto i carabinieri sono intervenuti per eseguire un decreto di perquisizione già emesso dalla Procura della Repubblica di Lecce. Seimila euro la somma in contante sequestrata nella disponibilità di De Benedictis.

La perquisizione è stata estesa anche all’abitazione del magistrato dove, nascoste in alcune prese per derivazioni elettriche, sono state sequestrate numerose mazzette di denaro per importi variabili tra 2.000 e 16.000 euro (per un totale di circa 60.000), ritenute frutto della corruzione.

L’inchiesta della Procura di Lecce è destinata a far rumore: nel fascicolo sono infatti confluiti particolari tali da ipotizzare che altri indagati siano coinvolti, non solo sul fronte dell’ipotesi di corruzione, ma anche per la rivelazione di segreti d’ufficio. Sarebbero infatti state acquisite e divulgate, illecitamente, notizie custodite in banche dati riservate, relative a dichiarazioni di collaboratori di giustizia ancora segrete.

TUTTI I NOMI DEGLI INDAGATI (di Giovanni Longo e Massimiliano Scagliarini) – Gli altri indagati sono Alberto Chiariello, 40 anni, e Marianna Casadibari, 45 anni, avvocati e collaboratori dello studio Chiariello, oltre a Paolo D’Ambrosio, 52 anni, di Foggia, anche lui avvocato. Nicola Soriano, 59 anni, di Bari, appuntato dei carabinieri in servizio nella Procura di Bari. Ci sono poi Roberto Dello Russo, 41 anni di Terlizzi detto “il malandrino”, Pio Michele Gianquitto, 42 anni di Foggia, Paolo D’Ambrosio, 51 anni di Foggia e Antonio Ippedico, 49 anni di Foggia, gli ultimi tre ritenuti appartenenti al clan Sinesi-Francavilla: sono i clienti dello studio Chiariello che avrebbero beneficiato delle scarcerazioni disposte da De Benedictis in cambio di denaro.

L’avvocato Chiariello e il gip De Benedictis avevano saputo di essere sotto indagine dopo un accesso abusivo ai registri della Procura effettuato il 3 marzo dal carabiniere Vito Nicola Soriano. L’appuntato – secondo la Procura di Lecce, avrebbe contribuito a svelare «il contenuto di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia – e tra questi il collaboratore Oreste Michele – aventi valenza accusatoria nei confronti di Chiariello e potenzialmente coinvolgenti lo stesso De Benedictis», cui il carabiniere «rappresentava che “stanno appresso a noi” riportando l’origine delle indagini avviate alle dichiarazioni dei “pentiti” e procurando una copia delle dichiarazioni rese dal collaboratore Oreste che consegnava sia a Chiariello che a De Benedictis e fornendo informazioni anche sul p.m. titolare del procedimento ottenendo in cambio dal De Benedictis l’impegno ad occuparsi della vicenda giudiziaria riguardante il cugino di Santoruvo Giovanni, suo amico (di cui esibiva al giudice atti del procedimento) da gestire in termini favorevoli alla sua posizione».

Il verbale da cui è partita l’inchiesta porta la data del 12 febbraio 2020 e riguarda il pentito Domenico Milella, esponente di vertice del clan Palermiti di Bari che ha parlato con il pm della Dda di Bari D’Agostino: «Però c’è un dato di fatto sul Giudice De Benedictis. Già degli anni… sto parlando già di otto, nove anni fa, forse anche di più, si diceva… io ero nei primi blitz, non ero niente ancora, ero un ragazzino, diciamo un ragazzino, e già sapevo che il Giudice De Benedictis prendeva delle mazzette da…non so come gli arrivavano, questo non lo potrò dire, però tramite Cosimo Fortunato per i Palermiti». Da chi le prendeva? «Tramite quell’avvocato di Altamura, un certo Siani, che ora è morto, io so tramite quello arrivavano. Comunque, dottore, parecchi avvocati arrivavano direttamente a questo giudice De Benedictis. E’ una voce che c’era, c’è e ci sarà sempre… Già dall’epoca certi avvocati che stavano già da prima… ora c’è questa generazione, ma già da prima era un… un giudice che si diceva che prendeva le mazzette, dai, diciamola tutta. Però io non posso dire. “Ho visto con gli occhi miei”». Milella ha poi raccontato un episodio risalente al 2007: a dire del pentito il boss Palermiti o il figlio avrebbero pagato per ottenere la concessione dei domiciliari.

fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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