Come ti sotterro il passato e ti trivello il futuro: scacco matto in tre mosse all’ambiente come luogo di vita.

Trivelle: Greenpeace in Adriatico,protesta contro Rospo Mare

A cura di Agostino Di Ciaula, Patrizia Gentilini, Ferdinando Laghi, Vincenzo Migaleddu.

Il vertice delle Nazioni Unite sul clima si è concluso da poco con la preoccupante assenza dei Capi di Stato cinese e indiano che governano due Paesi chiave per affrontare seriamente il problema dei cambiamenti climatici.

Il contributo dell’Italia comunque non è mancato con l’intervento del Premier Italiano che può essere riassunto secondo i lanci di agenzia in queste dichiarazioni “L’accordo sul cambiamento climatico a cui si sta lavorando per il summit di Parigi del 2015 dovrà essere vincolante”. Quello che lascia perplessi è l’azione di Governo di questi ultimi mesi articolata su tre atti normativi che sembrano andare invece reiteratamente in direzione contraria a iniziative che ostacolino i cambiamenti climatici: il D.Lgs. 23 Dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 Febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43), noto come Decreto “Destinazione Italia”, e la recente approvazione del il D.Lgs. n. 91 del 24 Giugno 2014; e per ultimo il DECRETO-LEGGE 12 Settembre 2014, n. 133 meglio noto come “Sblocca Italia”.

 

Decreto “Destinazione Italia” 

 Nel “Destinazione Italia”, l’articolo 1 effettua una revisione delle competenze dello Stato e delle Regioni, assegnando allo Stato il ruolo di guida e di coordinamento per lo sviluppo delsettore geotermico. Settore tutt’altro che strategico, se si considera che una risorsa geotermica ad alta entalpia può manifestare un flusso di calore pari a una potenza di circa 100mW/m2 (contro la media 600 W/ m2 di una pannello fotovoltaico); impianti di poche decine di MWe di potenza richiedono un consumo di territorio di decine di migliaia di ettari da sottoporre a concessioni di ricerca e produzione e danno luogo a possibili inquinamenti di falde acquifere e ad emissioni tutt’altro che salutari tra cui H2S, Radon, Arsenico, Mercurio e altri metalli pesanti, oltre che alla CO2. Le condizioni di criticità epidemiologica dell’area intorno al Larderello, in Provincia di Pisa, testimoniano la fondatezza di tali rischi.

Nello stesso articolo sono presenti una serie di interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo dell’energia elettrica in Italia. Gli interventi riguardano, in particolare, la componente (denominata A3) posta a copertura degli oneri di sistema, relativi agli incentivi erogati alla produzione di energia elettrica rinnovabile. Tali oneri di sistema rappresentano attualmente circa il 20% della bolletta elettrica di una famiglia tipo e la componente A3 “pesa” per il 90,6%, ossia ne costituisce la quasi totalità. Così, mentre, da un lato, si mettono in atto misure di contenimento nei confronto delle rinnovabili, dall’altro si confermano gli incentivi – fino ad esaurimento del termine contrattuale – per le cosiddette assimiliate, mantenendo di fatto la distorsione del mercato a loro favore e concentrando i benefici sugli operatori ancora sotto contratto.

Significativa, sempre nell’articolo 1, è l’apertura al cosiddetto “carbone pulito”, dove lo stesso articolo recita: “Entro il 30 Giugno 2016”, la Regione Sardegna avrà la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica da 50 MWe “dotata di apposita sezione per la cattura e lo stoccaggio nel sottosuolo dell’anidride carbonica prodotta”. Ma se l’innovativo sistema non dovesse funzionare, il medesimo testo di legge, stabilisce che le emissioni di gas serra attribuite all’impianto siano incrementate del 30%. Singolare è, poi, la modalità di finanziamento dell’impianto in un articolo teso alla riduzione delle tariffe elettriche: l’energia prodotta avrà una tariffa incentivante dell’ammontare di 30 euro a MWh, periodicamente rivalutati, per almeno vent’anni e per un massimo di 2.100 GWh/anno. Questo significa che un altro 20% della produzione energetica isolana godrà di benefici i cui costi saranno caricati sulle tasche degli utenti del servizio elettrico. Questa quota della produzione energetica andrebbe a sommarsi agli altri 4.000 GWh/anno (un terzo della produzione isolana) che godono dell’incentivo CIP6 perché prodotti dalla combustione dei residui della raffinazione del petrolio (TAR) e assimilati alle rinnovabili. La bolletta sarda costa circa il 30% in più rispetto alla Penisola, pur con un’ esportazione di circa 43% dell’energia elettrica, secondo gli ultimi dati TERNA del 2013.

L’Articolo 4, al comma 1, prevede la stipula, da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministro dello Sviluppo Economico, d’intesa con la Regione interessata e, per le materie competenti, con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di accordi di programma con i soggetti interessati all’attuazione di progetti di recupero ambientale e di riconversione industriale nei Siti di Interesse Nazionale (SIN) individuati entro la data del 30 Aprile 2007 ai sensi della Legge n. 426 del 1998. Tenuto conto che finora nessuno di tali interventi di bonifica ha avuto avvio, né tantomeno attuazione, con ogni evidenza si punta al “superamento” di tali interventi con progetti di riconversione industriale.

La data di individuazione di “risalenza” dei SIN testimonia non soltanto che finora nessun intervento di bonifica ha avuto avvio né tantomeno attuazione, ma anche che si vuol individuare un limite temporale, prima del quale le azioni di aggressione ambientale non abbiano responsabili. Si introduce comunque il “ravvedimento operoso” mediante il riutilizzo produttivo dei siti inquinati. Nonostante il richiamo al Decreto-Legge 4 Giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 Agosto 2013, le bonifiche dei siti si sovrappongono alle nuove opere di industrializzazione e con i loro eventuali ulteriori impatti ambientali, con il rischio di evitare le prime e di aggravare, con le seconde, le condizioni ambientali e sanitarie dei siti interessati.

Nel comma 2 addirittura si aggira con eleganza il principio comunitario del “chi inquina paga”, per cui si riconosce un credito d’imposta in favore delle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma per l’acquisizione di nuovi beni strumentali nell’ambito di unità produttive ubicate nei Siti di Interesse Nazionale (SIN) acquisiti o già in possesso. Quindi è la comunità ad essere chiamata a pagare con un mancato recupero fiscale le ulteriori intraprese e le bonifiche mancate…

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