Come hanno fatto i detenuti di tutta italia a scatenare una rivolta sincronizzata?

COME HANNO FATTO I DETENUTI DI TUTTA ITALIA A SCATENARE UNA RIVOLTA SINCRONIZZATA? – IL SOSPETTO È CHE NON SIA UN ATTO ESTEMPORANEO, MA UNA SOLLEVAZIONE VIOLENTA DIRETTA DAI CLAN, CHE POTREBBERO AVER DECISO DI ALZARE IL TIRO APPROFITTANDO DELL’EMERGENZA CORONAVIRUS.

fonte: https://m.dagospia.com

1 – I PENITENZIARI POLVERIERA

Michela Allegri per “il Messaggero”

Un’insurrezione praticamente sincronizzata, da Milano a Roma, da Modena a Palermo, fino a Parma, Foggia e a Matera. Sono state 22 le carceri in rivolta, 7 i morti per overdose di psicofarmaci o soffocamento. I danni sono ingentissimi, tra istituti penitenziari distrutti e decine di detenuti evasi. «Amnistia e indulto» per il coronavirus sono le richieste dei reclusi, che hanno protestato, almeno in apparenza, contro le restrizioni imposte dal governo per combattere l’emergenza, in particolare quelle sui permessi premio e nei colloqui con i parenti.

Ma il sospetto è che si tratti di una sommossa studiata nei dettagli e non di un atto estemporaneo. Una sollevazione violenta diretta dalla criminalità organizzata e dai clan, che potrebbero avere approfittato dell’emergenza in cui è sprofondato il Paese per creare disordini per alzare il tiro. Gli investigatori considerano anomala la tempistica: prigioni in rivolta in tutta l’Italia nelle stesse ore. Con una precisione quasi chirurgica e una diffusione a macchia d’olio delle violenze.

Le rivolte sono iniziate domenica e ieri sono diventate ancora più intense. Hanno travolto alcune delle prigioni più grandi d’Italia, come San Vittore a Milano, Rebibbia a Roma, Ucciardone a Palermo. A Foggia molti reclusi sono riusciti ad evadere: in 34 mancano all’appello. Mercoledì il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, riferirà in Parlamento.

GLI SCONTRI

A Foggia gli evasi hanno rapinato un meccanico nella zona del Villaggio Artigiani. Il panico si è sparso nelle strade: molti negozi sono rimasti chiusi. Intanto il carcere è finito in mano ai rivoltosi: finestre distrutte, un cancello divelto, un incendio all’ingresso. «Vogliamo l’indulto e l’amnistia. Viviamo nell’inferno», le richieste dei detenuti. Nel penitenziario foggiano i reclusi sono 608, a fronte di una capienza ottimale di 365. Un agente ha raccontato di «scene apocalittiche». L’ondata di rivolta ha travolto pure San Vittore, a Milano. La protesta è esplosa in mattina, con i detenuti hanno preso il III e il V raggio dopo essersi impossessati di chiavi di servizio.

Hanno distrutto ambulatori, dato fuoco a carta e stracci. In 15 sono saliti sul tetto urlando: «Vogliamo la libertà». Nel pomeriggio, mentre la tensione era altissima, Alfonso Greco, segretario regionale del Sappe Lombardia, ha dichiarato: «La situazione è grave. Ho 27 anni di servizio ed è la prima volta che assisto ad una cosa del genere». Sul posto i pm, il questore di Milano e il direttore del carcere hanno intavolato una trattativa usando anche una gru con cestello dei vigili del fuoco.

LE VIOLENZE

All’Ucciardone di Palermo i tentativi di evasione sono stati contenuti, mentre il carcere è stato circondato da agenti tenuta antisommossa. Tutte le vie di accesso sono state chiuse al traffico per ore. Scontri e violenze pure a Roma: i Vigili del fuoco e Carabinieri sono intervenuti a Rebibbia. I reclusi hanno iniziato a battere i ferri sulle sbarre del reparto G11, mentre i parenti – soprattutto donne con bambini – hanno bloccato via Tiburtina in segno di protesta. Nel pomeriggio, poi, si sono registrati incendi e agitazioni a Regina Coeli.

Ma in contemporanea il caos è dilagato anche a Torino, Alessandria, Rieti, Santa Maria Capua Vetere, Trani, Piacenza e Bologna. Al Villa Andreino, a La Spezia, alcuni sono saliti sul cornicione. Domenica la protesta più violenta si era registrata a Modena, dove 7 detenuti sono morti per overdose da psicofarmaci: durante la rivolta c’è stato infatti l’assalto all’infermeria. Altri 18 sono stati portati in ospedale, mentre 3 guardie e 7 medici sono rimasti feriti in modo lieve.

Il caos e le violenze hanno suscitato diverse reazioni allarmate nel mondo della politica. Il primo a intervenire è Bonafede: «Alcune norme previste nel decreto legge, come il limite ai colloqui fisici e la possibilità di sospendere i permessi premio e la semilibertà per i prossimi 15 giorni hanno la funzione di garantire la tutela della salute di detenuti e lavoratori». Il ministro ha sottolineato che verrà mantenuto «un dialogo costante nei dipartimenti di competenza, sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture. Ogni gesto di violenza viene condannato».

Dal vicesegretario Pd ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, arriva la stoccata al Guardasigilli: «Questa emergenza è stata affrontata senza alcuna preparazione da parte del dipartimento competente. La catena di comando è fortemente indebolita». La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sottolinea invece la necessità di «un tavolo di emergenza nazionale e interventi immediati, se è il caso anche con l’Esercito». E chiedono la presenza dell’esercito anche i sindacati di polizia.

2 – CACCIA AL METADONE A MODENA “SEI MORTI PER OVERDOSE”

Franco Giubilei per “la Stampa”

Non si è ancora del tutto normalizzata la situazione nel carcere modenese di Sant’ Anna, teatro domenica di una rivolta dal bilancio drammatico: sette detenuti sono morti, altri sei sono in gravi condizioni in terapia intensiva e l’ intero primo piano dell’ istituto – sede di uffici, infermeria, mensa e archivi con i documenti dei reclusi – è stato devastato.

Tre delle vittime sono decedute all’ interno del carcere di Modena, le altre quattro durante o subito dopo i trasferimenti in altri penitenziari, attuati man mano che la ribellione veniva repressa dai reparti speciali: un detenuto è morto a Parma, uno ad Alessandria, uno a Verona durante il trasporto in pullman e il quarto ad Ascoli.

detenuti evadono dal carcere di foggia

Un quinto è in condizioni gravissime, sempre ad Ascoli, per le stesse cause che avrebbero provocato la morte di sei su sette reclusi (uno pare sia soffocato per il fumo sprigionato dagli incendi appiccati domenica pomeriggio, ndr): i carcerati hanno saccheggiato l’ infermeria mettendo le mani sui farmaci, per poi assumere oppiacei e benzodiazepine. Sarebbero morti per overdose, ma bisognerà aspettare autopsie ed esami tossicologici per avere un quadro più chiaro. Pare che le vittime siano di origine straniera. La procura di Modena ha aperto due fascicoli, il primo per omicidio colposo sui tre decessi avvenuti a Sant’ Anna, il secondo relativo all’ assalto dei carcerati: i reati ipotizzati sono resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, violenza privata e tentata evasione. Davanti ai cancelli del carcere, che fino all’ altro giorno ospitava quasi 550 persone su una capienza di 370, gli agenti ieri spiegavano ai familiari che qui a Sant’ Anna non resterà nessuno, perché la struttura «non è più agibile».

detenuti evadono dal carcere di foggia 

Una quarantina sono stati portati ad Ascoli, altri venti a Campobasso. Un poliziotto, reduce da 24 ore di fuoco, racconta che «al primo piano è andato tutto distrutto, dalla mensa all’ infermeria. Hanno anche bruciato tutte le matricole, per fortuna si sono salvati i Dna conservati all’ interno». La rivolta si è scatenata quando si è sparsa la voce di un caso di coronavirus: il detenuto era in isolamento e poi è stato portato in ospedale, episodio che ha fatto salire alle stelle la tensione già alta per il divieto dei colloqui coi familiari.

Nella sezione nuova dell’ istituto ci sarebbero tuttora almeno 150 detenuti, ma non è chiaro se la situazione sia completamente risolta: «Non si sa che cosa hanno preso durante la rivolta, se si sono impossessati di coltelli o altro, dobbiamoverificare», aggiunge l’ agente. La direttrice della casa circondariale, Maria Martone, spiega che «l’ allarme è ridimensionato, la situazione di emergenza estrema di domenica è rientrata, ma lo stato di allerta c’ è ancora. Ci sono settori danneggiati, stiamo accertando l’ entità dei danni e l’ agibilità della struttura».

il carcere di san vittore in fiamme 1 La conferma che il carcere potrebbe non essere del tutto sotto controllo viene dal presidente dell’ Unione camera penale di Modena, ieri in visita nell’ istituto: «Ci è stato detto che è stato recuperato il controllo sul 90% dei nodi strategici della struttura – riferisce Guido Sola -. L’ istituto, a causa della distruzione dei servizi comuni, è indisponibile e tutti i detenuti dovranno essere trasferiti in blocco». L’ incendio dell’ ufficio matricole, coi dati dei reclusi in cenere, pone anche altri problemi: «Non è possibile avvertire direttamente i familiari, i contatti possono avvenire solo tramite i difensori».

L’ avvocato Sola aggiunge che Sant’ Anna soffre di sovraffollamento alla stregua delle altre carceri italiane: «Sono tutte potenziali polveriere che col coronavirus e le limitazioni ai colloqui possono esplodere».

3 – SOVRAFFOLLAMENTO IN CELLA E DETENUTI IN ASTINENZA COSÌ ESPLODE LO STRESS

Francesco Grignetti per “la Stampa”

Dice chi se intende, che il carcere vive «di un sottile equilibrio». Un bell’ eufemismo per dire che in cella si regge allo stress della detenzione, alla mancanza di droghe (un terzo dei detenuti è tossicodipendente), alle malattie che dilagano, alla depressione, il tutto aggravato dal sovraffollamento, solo perché il detenuto in generale si arrangia. Ma quando nella vita quotidiana del carcere irrompe il coronavirus, e vengono ridotti al minimo i contatti con l’ esterno, ecco che questo equilibrio va in frantumi. E subentra la rabbia se non il lucido tentativo di far saltare tutto.

Può sembrare una reazione eccessiva, questa moltiplicazione di rivolte alla notizia che i contatti con i familiari saranno ridotti al minimo e sostituiti nel limite del possibile da contatti telefonici. «Premesso che non giustifico assolutamente le proteste violente – dice Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione che cura i diritti dei detenuti – questa restrizione ha fatto da miccia per le tensioni crescenti nelle carceri italiane».

Il problema è che il detenuto vive in una bolla. L’ attesa per incontrare i parenti scandisce il suo tempo. Secondo regolamento, sono 8 colloqui al mese più quelli premio che il magistrato di sorveglianza elargisce quando c’ è la buona condotta, più una telefonata di 10 minuti al mese. «Il detenuto incontra anche i volontari, va alla scuola interna, riceve assistenza legale. Se di colpo non vede più niente e magari non è stato informato a dovere, può subentrare la rabbia. Mettiamoci poi che c’ è sicuramente chi soffia sul fuoco, quelli che non beneficiano più dei permessi e pensano di non avere nulla da perdere».

detenuti evadono dal carcere di foggia 2

C’ è anche un non detto, in questa rivolta. E cioè che il blocco verso l’ esterno di fatto trasforma la detenzione normale. Se si interrompe il flusso dall’ esterno, ne va per quel che è autorizzato, ma soprattutto per quello che non lo è.

Un conto infatti è impedire l’ arrivo della pasta al forno o della bistecca aggiuntiva (di cui è minuziosamente autorizzato il numero e il peso d’ entrata ogni mese, per non permettere al detenuto ricco di disporre di merce di scambio nei confronti dei detenuti poveri), altro è bloccare l’ ingresso delle droghe sintetiche o dei cellulari che entrano di straforo.

milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 11

I rappresentanti della polizia penitenziaria negano che ciò possa accadere.

«Noi – dice Donato Capece, segretario del sindacato autonomo Sappe – facciamo i controlli e dentro i penitenziari non entra nulla di illegale». Ma sono i fatti a dire che più di qualcosa sfugge.

Qualche tempo fa, nel carcere di Foggia arrivarono in massa a fare una perquisizione e sequestrarono telefonini e dosi di sostanza stupefacente. A Rebibbia, un agente di custodia si accorse che un detenuto stava bellamente telefonando dalla sua cella. A Napoli, in un reparto di Secondigliano dove c’ erano 200 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, quando videro arrivare unità cinofile della polizia penitenziaria, dalle finestre volarono via tre telefonini più diverse dosi di hashish. E si potrebbe continuare a lungo.

La vita quotidiana del carcere, insomma, scorre tranquilla anche perché non esiste affatto la decantata impermeabilità con l’ esterno. Non per nulla le carceri sono differenziate tra circuito ad alta sicurezza per mafiosi e terroristi, e regime ordinario per tutti gli altri.

milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 10

milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 6

Ma quando l’ emergenza del contagio costringe l’ amministrazione ad alzare un muro verso l’ esterno, il contraccolpo è forte.

«Una stretta era necessaria – sostiene Capece – perché bisogna prevenire l’ ingresso del virus nelle carceri. Immaginate che può succedere se i detenuti si ammalano in massa». Già che cosa può succedere? Che i detenuti saranno gli ultimi ad andare in ospedale, anche perché il personale di polizia penitenziaria è allo stremo, e le infermerie non sono in grado di assicurare cure sofisticate.

«Non si può giustificare il ricorso alla violenza, ma la paura dei detenuti va compresa – dice a sua volta Patrizio Gonnella – e poi, capite, se ha perso la testa chi è fuori, figuriamoci chi è dentro».

milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 5

 

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