CdP, il feudo del potere del senatore Azzollini: in 580 pagine il gip ricostruisce anni di sprechi e favori

Il Presidente della Commissione Bilancio, Antonio Azzollini, durante l'esame della Legge di Stabilita', Roma 11 dicembre 2012. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il Presidente della Commissione Bilancio, Antonio Azzollini, durante l’esame della Legge di Stabilita’

di Claudia Fusani, – www.huffingtonpost.it

“Un feudo oggetto di dominio incontrastato da parte del senatore Azzollini” dove dal 2009 si è assistito ad una sorta di “colpo di stato” che ha permesso a “un gruppo di potere” di gestire l’ex ospedale psichiatrico che è stato un gigante della sanità del Vaticano con sedi in Puglia e Basilicata. Un “feudo”, quello di cui Azzollini sarebbe “l’amministratore di fatto”, che ha accumulato 400 milioni di euro di buco e “tuttora grava sulle casse pubbliche”.

Il Nuovo centrodestra fa muro compatto con il suo presidente di commissione Antonio Azzollini per cui la procura di Trani ha chiesto la misura degli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta. “Leggeremo le carte” dicono in coro i colleghi di partito. “È uno estroso ma onesto” rassicura l’ex presidente del Senato Renato Schifani. Tocca sempre vedere dove finisce o da dove parte l’asticella dell’onestà.

Ecco cosa scrive il gip Rossella Volpe scrive nella corposa ma ben costruita ordinanza:

“La circostanza che Azzollini, a differenza degli amministratori ufficiali dell’Ente, non abbia agito per interessi di natura economica (non v’è infatti prova che il Senatore abbia conseguito o tentato di conseguire un lucro dalla gestione occulta della Casa della Divina Provvidenza), non impedisce di considerarlo componente dell’associazione a delinquere, per giunta con la posizione di capo, avendo comunque l’indagato agito per interessi di tipo personale, ancorché diversi da quelli di altri sodali”. Questa volta non ci sono di mezzo soldi e mazzette e tangenti. Il senatore avrebbe però, sostiene l’accusa, “scelto di occuparsi della gestione dell’Ente per interessi di natura personale e politica, costituendo la CdP (Casa della Divina Provvidenza, ndr) un bacino di consenso politico-personale di notevole portata, il cui mantenimento in vita assicura al politico molfettese un consenso politico-personale pressoché eterno da parte di tutti coloro che, proprio grazie al suo intervento, continuano a trarre guadagni (leciti o illeciti) dalla Congregazione”.

Le vie della bancarotta sono infinite. In 580 pagine il gip traccia il meccanismo di una mala gestione che nell’aprile 2012 ha portato a chiedere l’istanza di fallimento ma che, negli anni precedenti, dalla fine degli anni novanta, mentre produceva un buco di 400 milioni di euro distraeva fondi (molti sono stati trovati nelle casse dello Ior), assumeva e sprecava a mani basse.

“Nel corso degli ultimi decenni – scrive il gip – la congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, che gestivano l’ex Psichiatrico di Bisceglie e poi le sedi di Potenza e Foggia, è stata teatro di una vera e propria guerra di conquista politica che ha visto avvicendarsi ai vertici della struttura amministratori la cui investitura era di chiara matrice politica”.

LA PRESA DEL POTERE – Nell’indagine non sono presenti intercettazioni dirette né indirette sul senatore. Molto sono però le dichiarazioni a verbale rese da vari testimoni che approdano tutte ad un concetto: Azzollini era “l’amministratore di fatto della struttura a partire dal 2009”. Sono suoi uomini, ad esempio, Dario Rizzi (anche lui arrestato) ex direttore generale della CdP, Angelo Belsito e Di Terlizzi.

“Il senatore Azzollini, nell’estate successiva all’assunzione da parte di Dario Rizzi della carica di direttore generale della CdP (assunta di fatto nel maggio 2009 e formalizzata l’anno successivo) – spiega il giudice – organizzò una sorta di irruzione nella sede biscegliese della Casa Divina Provvidenza, imponendo da quel momento in poi alle suore la sua presenza quale capo dell’Ente, in cambio della sua attivazione, in qualità di presidente della Commissione Bilancio del Senato, per il riconoscimento in favore della CdP del provvedimento di proroga della sospensione degli oneri fiscali e previdenziali di cui aveva goduto a far tempo dalla legge finanziaria per il 2005”.

È in questo frangente che, come riferiscono due testimoni, il senatore Presidente della Commissione Bilancio, compie quel “gesto intimidatorio che inaugura la stagione del potere azzolliniano” e dice alle suore che gestiscono la struttura: “Da oggi in poi comando io altrimenti vi p…. .in bocca”. Frase smentita seccamente dal senatore.

Secondo le indagini della Guardia di Finanza, in realtà Azzollini nel novembre 2014 “pretende” l’ingresso nell’Ente di Di Terlizzi “quale condizione necessaria per garantire un suo intervento in favore della Congregazione al fine di far controllare, ad un consulente di sua fiducia, la gestione per suo conto”. Sono tre gli uomini con cui il senatore controlla il suo feudo politico: Belsito, Di Terlizzi, e successivamente De Bari, “deputati ad amministrare l’Ente secondo i dettami del politico, a controllarne quotidianamente gli affari, a pilotare assunzioni e rapporti negoziali, con tanto di trasmissione in anteprima al politico dei principali provvedimenti attinenti la gestione (bilancio, piano di concordato, progetti di esubero del personale, ecc.)”.

LO SPRECO – “Dissipazione delle ricchezze, occultamento di ingenti somme di denaro, assunzioni clientelari di personale inutile o incompetente, falsificazione delle scritture contabili, pagamenti preferenziali, erogazione di compensi esagerati a consulenti e fornitori, tutto ciò contribuiva al depauperamento delle risorse dell’Ente, sino alla inevitabile decozione” si legge nell’ordinanza.

Uno degli sprechi più evidenti riguarda le assunzioni di amici, amiche e figli. Un dato su tutti: “Dai prospetti esibiti si rileva che la Congregazione, nel periodo 2007 – 2011, ovvero in un periodo in cui la stessa era già in stato di decozione (insolvenza, ndr) – a causa del quale nell’anno 2003 aveva effettuato il licenziamento collettivo di n. 624 dipendenti – ha assunto complessivamente 298 persone di cui 106 presso la sede di Bisceglie; 67 presso la sede di Foggia e 125 a Potenza”.

Nell’ordinanza sono riportati per molti di questi nuovi assunti il grado di parentela con politici e amministratori locali. Persino sindacati. Gli stipendi viaggiano dai 30 ai 100 mila euro l’anno. Tra questi anche “l’amante di Rizzi” e la figlia dell’onorevole Raffaele Di Gioia. “Le assunzioni di personale operate durante il periodo di decozione, oltre che inutili ed esose – scrive il gip – erano poi caratterizzate dall’assenza di specifiche competenze ed erano operate all’esclusivo scopo di assicurare favori agli “sponsor” degli aspiranti dipendenti”. Dice Antonio Nicolino Lo Gatto: “Tutti quelli che affluivano dal dottor Rizzi, Angelo Belsito e dal senatore Azzollini venivano subito accettati, venivano assunti e ossequiati perché imposti dal senatore Azzollini”. Sempre Lo Gatto, in un altro verbale, consegna al pm una dozzina di pagine dove sono indicate quelle che, secondo lui, sono stati “i favori fatti dalla Congregazione a Belsito in rappresentanza del senatore Azzollini o ad Azzollini direttamente”. Forniture, lavori, piccoli e grandi appalti.

SORELLE IN AFFARI – Uno dei capitoli più interessanti dell’ordinanza riguarda il ruolo di suore, prelati e, si intuisce, anche qualche vescovo. Un ruolo molto poco spirituale ed assai terreno. Due sorelle sono agli arresti domiciliari, Suor Marcella, 74 anni, e suor Consolata, 72 anni, entrambe con ruolo di econome della congregazione. Il gip annota come in varie intercettazioni “desta scalpore l’atteggiamento assunto da Rita Cesa (suor Marcella) che, pur essendo una religiosa, si interessa fattivamente di questioni terrene e lo fa con la mentalità propria dei “laici” che governano l’Ente”. Ecco che, pur non capendo nulla dal punto di vista tecnico, dice a proposito della nomina dei commissari: “E’ lui che deve vedere i nomi”. Lui è il senatore Azzollini. Il timore è che la faccenda “possa finire nelle mani di soggetti avulsi dal grumo di potere che sullo stesso imperversa e che, come più volte ribadito, fa capo al senatore”.

ORO PRO NOBIS – Hanno avuto fantasia gli investigatori della Guardia di Finanza nel dare il nome all’inchiesta. Che finisce dritta nei forzieri dello Ior. La rogatoria che ha dato i risultati decisivi è stata richiesta dalla procura di Trani il 21 novembre 2013. Si chiedeva alle autorità vaticane di indicare i conti accesi presso lo Ior riferibili alla Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, alla Casa di Procura Istituto Suore Ancelle della Divina Provvidenza e a Lorenzo Leone (deceduto nel 1998), nonché di fornire la lista completa dei movimenti su tali conti. La risposta dal Vaticano è giunta per via diplomatica il 7 aprile 2014. A tempo di record. Lo Ior ha specificato il dettaglio di diversi conti intestati alla Congregazione (in franchi svizzeri, dollari canadesi, dollari Usa, marchi tedeschi e lire italiane, quindi in euro), compresi quelli vincolati e per deposito titoli. Intestataria del rapporto bancario è sempre suor Marcella con delega a suor Consolata.

I conti oggi sono tutti estinti e il primo luglio 2004 parte delle disponibilità sono state trasferite sul rapporto intestato alla “Casa di Procura” (un conto parallelo a quello della Casa della Divina provvidenza) aperto da suor Consolata. Suor Marcella ha preferito diversificare in dollari un altro conto. Tra il 1999 e il 2001, con quattro bonifici bancari, sono stati trasferiti 23.428.254,37 euro dai conti Ior della Congregazione a conti aperti in Italia intestati alla Casa Procura. Con altri otto bonifici nel periodo 2003-2004 sono stati invece trasferiti 12.095.523,11 euro dai conti Ior della Congregazione a quelli, sempre presso lo Ior, della Casa Procura. Tra il 2005 e il 2009, infine, questi ultimi fondi, incrementati dagli interessi a 12.260.000,00 euro, sono stati trasferiti con cinque bonifici bancari dai conti Ior della Casa Procura a quelli della stessa in territorio italiano. Movimenti che attestano come negli anni sia stato attuato “un progressivo occultamento” delle risorse della Congregazione trasferendole su rapporti bancari e conti correnti intestati solo formalmente alla Casa di Procura, ma in realtà riferibili alla stessa Congregazione. Dei 35 milioni e mezzo che tra il 1999 e il 2004 erano nei conti Ior della Congregazione, poi trasferiti sui conti della Casa Procura allo Ior e in Italia, si è arrivati al sequestro nel luglio 2013 di 28 milioni di euro.

Ora, siccome è difficile immaginare che questo complesso artificio di banche e conti correnti possa essere stato ordito dalle due sorelle, il gip scrive che questa è solo “la punta dell’iceberg” di un’inchiesta che può arrivare molto lontano. E più in alto anche nelle gerarchie ecclesiastiche. Ma qui Azzollini non c’entra.

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