Caso De Benedictis, un pentito rivela: “Alcuni avvocati erano pagati anche con la cocaina”

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Michele Oreste sono spuntate dai verbali depositati dai pm di Lecce nell’ambito dell’inchiesta sull’ex gip barese Giuseppe De Benedictis, arrestato ad aprile – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Ci sono state parcelle di un avvocato pagate con la droga“: sono pesanti come macigni le dichiarazioni che il pentito barese Michele Oreste (ex affiliato al clan Capriati) ha fatto due anni fa alla Direzione distrettuale antimafia di Bari e che sono state depositate nel fascicolo dell’inchiesta leccese che il 24 aprile ha portato in carcere l’ex gip Giuseppe De Benedictis e l’avvocato Giancarlo Chiariello.

Il primo è ancora in carcere e il secondo ai domiciliari. E lì la Procura ha fatto notificare loro l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, nel quale vengono contestati quattro episodi di corruzione relativi alle scarcerazioni dei pregiudicati foggiani Danilo Pietro Della Malva e Antonio Ippedico, del barese Roberto Dello Russo e dell’avvocato foggiano Michele Pio Gianquitto.

Oltre al magistrato e al penalista sono indagati il figlio di quest’ultimo, Alberto Chiariello, e la collaboratrice avvocata Marianna Casadibari, Pietro Danilo Della Malva (oggi collaboratore di giustizia), la sua compagna Valeria Gala e lo zio Matteo Della Malva, Antonio Ippedico, Roberto Dello Russo e Michele Pio Gianquitto.

I difensori degli 11 indagati hanno chiesto alla Procura della Repubblica salentina le copie degli atti depositati e si apprestano a studiarli prima di decidere se presentare memorie o chiedere interrogatori. Del fascicolo fanno parte anche i verbali di quattro pentiti: Domenico Milella (ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti), Michele Oreste, Matteo Tulimiero e Vito De Felice.

Gli ultimi due avevano raccontato già una decina di anni fa che a Bari esisteva un sistema in base al quale alcuni avvocati riuscivano a ottenere provvedimenti favorevoli da giudici con cui erano in buoni rapporti e che in certi casi tali decisioni venivano pagate. Avevano fatto il nome di De Benedictis e di ulteriori magistrati in servizio in altri uffici, ma dalle loro dichiarazioni non era scaturita alcuna indagine. Diversamente sono andate le cose quando storie simili sono state raccontate da Milella e da Orefice, i cui verbali sono stati acquisiti dalla Procura di Lecce perché ritenuti attinenti agli atti di presunta corruzione avvenuti negli uffici giudiziari di Bari.

Entrambi i collaboratori hanno illustrato episodi sconcertanti quanto circostanziati, Oreste ancor più di Milella, sia nel memoriale depositato nell’ottobre 2019 sia nell’interrogatorio a dicembre dello stesso anno, davanti all’allora pm Renato Nitti (oggi procuratore di Trani). Il pentito 49enne ha spiegato di essere soprannominato ‘l’avvocato’, perché per anni aveva lavorato in uno studio legale.

Per un penalista — a suo dire — avrebbe lavorato anche Vito Martiradonna (detto ‘Vitino l’Enèl’, considerato prima il cassiere dei Capriati e poi il re delle sale slot), con il ruolo di autista. Dichiarazioni tutte da verificare, naturalmente, così come quelle, gravissime, sulla consegna di una partita di stupefacenti a un avvocato, che sarebbe avvenuta nel 2018 nei pressi di piazza Garibaldi.

Consegna effettuata “per conto di Tommy Parisi (figlio di Savinuccio, il boss del quartiere Japigia) come favore a Francesco e Vito Martiradonna, come una parte della parcella dello stesso avvocato“, ha spiegato. Una prassi non isolata, a detta di Oreste: “Pare che spesso i Martiradonna, con l’aiuto di Tommaso, pagassero le parcelle anche con quantitativi di cocaina“.

Su un pagamento specifico il collaboratore ha fatto un racconto molto preciso, affermando di averlo effettuato di persona: “La consegna è avvenuta a settembre 2018, su ordine di Tommaso Parisi. Lo stupefacente mi fu consegnato in via De Rossi in due borsoni, nel pomeriggio andai a piedi in via… dove c’è una banca ad angolo. Prima di consegnare sono andato in un bar e ho controllato il borsone: dentro c’erano 25 panetti di cocaina purissima. Poi l’ho consegnata all’avvocato, lui mi ha chiesto se doveva dare qualcosa e io ho detto: ‘Non devi dare niente, te la vedi direttamente con Vito Martiradonna‘”.

Poi mi ha chiesto: ‘Ma la prossima volta vieni anche tu a consegnare? — ha proseguito il pentito — ‘Perché l’altra volta c’è stata un’altra persona’. Io gli ho detto: ‘Guarda, non lo so. Dipende da quello che mi dicono’. Poi sono tornato alle spalle di via Andrea da Bari, dove c’era il punto di ritrovo di Martiradonna, e ho detto a quello che me l’aveva data che avevo fatto l’operazione“. Alle specifiche domande del pm sulla possibilità che tale cessione non fosse un caso isolato, Oreste aveva ribadito: “Loro molto spesso, non avendo i capitali che stanno fuori, oppure non avendoli pronti in cassa, avevano lo stupefacente e pagavano con lo stupefacente. Per loro era molto comodo fare così“.

Nel verbale di Oreste sono state affrontate anche altre questioni ma sono state coperte da omissis, a dimostrazione della delicatezza degli argomenti trattati. E a voler ulteriormente ribadire tale delicatezza, il pm barese Federico Perrone Capano, nell’inviare il verbale ai colleghi di Lecce nel febbraio scorso, ha rimarcato come l’atto fosse all’epoca coperto da segreto. A consentirne la discovery è stato il deposito degli atti del fascicolo De Benedictis, anche se a quanto pare l’ex giudice ne aveva avuto cognizione molto prima di essere arrestato.

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