Caso De Benedictis, i rapporti dell’ex giudice con il clan di Bari: “Volevo una rendita per mio figlio ma fu il peggior affare della mia vita”

Tra i racconti fatti dall’ex gip ai magistrati di Lecce, ce n’è uno che suscita molta attenzione anche a Bari, perché riguarda i rapporti che il magistrato ha avuto con il genero di Francesco Vavalle, pregiudicato vicino al clan Mercante – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

“Volevo creare una rendita a mio figlio, per questo accettai il peggiore affare della mia vita e mi misi in società con Gino Amoruso, dal quale mi ha portato il socio di mio suocero, uno di cui mi fidavo”: tra i racconti fatti dall’ex giudice Giuseppe De Benedictis ai magistrati di Lecce, ce n’è uno che suscita molta attenzione anche a Bari, perché riguarda i rapporti che il magistrato ha avuto con il genero di Francesco Vavalle, pregiudicato vicino al clan Mercante che per molti anni è stato considerato il re delle slot machine.

Il racconto è agli atti dell’inchiesta che ad aprile aveva portato De Benedictis in carcere per corruzione in atti giudiziari e che il 14 dicembre lo vedrà tornare davanti al giudice per l’udienza preliminare insieme ad altre otto persone, tra cui l’avvocato Giancarlo Chiariello.

Tra i documenti depositati dai pm salentini ci sono anche i verbali degli interrogatori in cui De Benedictis spiega la presenza di 14 cambiali (una da 135mila euro e 13 da 5mila euro ciascuna, per un totale di 200mila euro) in casa sua, trovate dai carabinieri nella perquisizione del 9 aprile. L’ipotesi era che tali cambiali fossero un credito vantato dal giudice nei confronti di una società di noleggio attrezzature ubicata nello stesso stabile della sala slot di Amoruso a Palese. Cosa parzialmente confermata da De Benedictis: “Quando morì mia moglie un amico mi disse: “Dobbiamo ingrandire la vigilanza di tuo suocero, dobbiamo andare nella zona industriale di Molfetta, vieni là, metti una parte e diventi proprietario dell’immobile e della società che deve nascere”.

Io misi 150mila euro, che era tutta la liquidazione… Volevo creare una rendita a mio figlio. Purtroppo, come al solito, sono rimasto truffato: la società si è sciolta e io, visto che le persone che partecipavano, anche se apparentemente incensurate non erano proprio il fior fiore… Quello si è irritato perché ho deciso di andarmene e ha pagato tutti tranne me, per rientrare mi rimanevano ancora tredici cambiali”.

Davanti a tale spiegazione, i dubbi dei pm di Lecce si sono concentrati sul fatto che un magistrato fosse entrato in società con il genero di un pregiudicato: “Gino Amoruso ufficialmente è perbene, perché non ha nessun precedente – ha chiarito De Benedictis – diciamo che il suocero è quello che….”. E, di fronte alle perplessità degli inquirenti sull’opportunità di portare a termine quell’operazione, ha aggiunto: “Purtroppo non sono andato io a trovare Gino Amoruso, mi ha portato il suo amico che è socio di mio suocero, di cui mi fidavo”.

Eppure, all’epoca, l’ex gip conosceva bene chi erano Amoruso e Vavalle, perché proprio lui li aveva fatti arrestare nel 2006 nell’ambito di un’operazione antimafia su un gruppo che gestiva videopoker modificati tra Puglia, Calabria e Basilicata. E, anche successivamente, aveva continuato a interessarsi di loro, al punto che il 25 gennaio scorso aveva chiesto all’appuntato dei carabinieri (richiesta di diritto all’olio), co-imputato per rivelazione di segreti d’ufficio, di verificare segretamente se non avessero problemi giudiziari: “Se mi puoi fare una altro aggiornamento, sopra a quelli, Amoruso Luigi, per vedere se ci sta qualche cosa…. Non credo ma non si sa mai…”.

 

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