Bari, traffico di droga e armi, 12 arresti. Il «racconto» di una telecamera

Blitz all’alba dei Carabinieri a Bari contro capi e gregari del clan Parisi – Palermiti – Milella, ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi comuni e da guerra. Quindici ordinanze cautelari (Dodici arresti, 3 presentazioni quotidiane alle polizia giudiziaria) sono state emesse dal gip del tribunale di Bari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

Ai destinatari del provvedimento custodiale sono contestati, a vario titolo, i reati di: promozione, organizzazione e partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo “cocaina”, “hashish” e “ marijuana”; spaccio di sostanze stupefacenti delle suddette tipologie.

Nello specifico sono stati contestati, ai singoli indagati, numerosi episodi relativi a cessioni al dettaglio di droga; detenzione in concorso di un arsenale, costituito da numerose armi da fuoco, da guerra e comuni, talune anche clandestine, nonché migliaia di munizioni per le stesse.

Le indagini sono iniziate 5 anni fa, precisamente il 16 ottobre 2014 quando in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina della periferica via Di Vagno, del quartiere Japigia di Bari, fu trovato un vero e proprio arsenale: in quella circostanza vennero sequestrate più di 40 armi da fuoco, comuni e da guerra, tra cui fucili d’assalto AK 47 kalashnikov, pistole mitragliatrici, fucili calibro 12 e numerose pistole, nonché migliaia di munizioni. Nella stessa abitazione furono sequestrati 10 chili di cocaina, parte della quale già suddivisa in dosi, pronte per la commercializzazione al dettaglio. In quell’occasione fu arrestato un 66enne affittuario dell’appartamento.

Le indagini, grazie a una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali con tanto di riprese video, hanno consentito di ricondurre la proprietà delle armi al gruppo criminale Parisi-Palermiti-Milella, egemone nel quartiere Japigia di Bari ed in particolare alla frangia diretta da Domenico Milella, 39enne (all’epoca dei fatti detenuto per altra causa).

Tuttavia, grazie alle riprese di una telecamera sul pianerottolo dell’abitazione di via Di Vagno, è stato possibile accertato che in quei locali c’erano alcuni affiliati al clan Milella: tra questi, Giuseppe Gelao, successivamente ucciso il 6 marzo 2017, in un agguato in cui rimase ferito anche un altro degli indagati.

Ancora, impronte dattiloscopiche dei visitatori dell’arsenale/rifugio, sono state trovate su alcune delle armi. E’ stato poi Domenico Milella, attraverso il proprio genitore (destinatario a sua volta della misura cautelare dell’obbligo di firma e contestuale presentazione quotidiana alla P.G.) a farsi carico delle spese legali e di sostentamento della famiglia del custode delle armi e della droga sequestrate.

La prosecuzione delle indagini, quindi, alla fine dell’anno 2014, ha permesso di ricostruire la vita e l’operatività dell’organizzazione criminale, successivamente alla scarcerazione da Taranto di Domenico Milella ed al suo trasferimento a Pescara, per proseguire la detenzione in regime degli arresti domiciliari. Pertanto, tra il 2015 ed il 2016, è stata accertata l’operatività del clan nel traffico, produzione e spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere Japigia di Bari.

In tal senso, l’abitazione di Pescara dove il Milella era “detenuto”, costituiva continua meta di visite da parte degli afifliati che aggiornavano il capo del gruppo dell’andamento degli affari illeciti concordando le strategie, tra cui anche spedizioni punitive e agguati.

Le indagini hanno accertato anche il ricorso a conversazioni criptiche per il traffico di droga e il frequente scambio di numeri telefonici per sfuggire alle attività di intercettazione. Il corposo materiale raccolto, nonchè le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di accertare la piena operatività dell’organizzazioni criminale anche negli ultimi due anni.

Quindici ordinanze di custodia cautelare in carcere, decine di perquisizioni  dei militari del Comando Provinciale, supportati dai  “Cacciatori di Puglia”, dal Nucleo Cinofili e dal 6° Elinucleo CC di Bari.

I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale di Bari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il clan, oltre alla droga, sarebbe accusato anche di disporre di un arsenale di armi comuni e da guerra. I dettagli saranno resi noti nel corso di una stampa che terrà il Procuratore di Bari, Giuseppe Volpe.

Il blitz segue quello messo a segno il 25 ottobre scorso dalla Polizia che portò a 25 arresti, ricostruendo anche una serie di fatti di sangue nell’ambito di una faida tra clan per il controllo del quartiere Japigia.

 

 

PROCURATORE: GRUPPO MILELLA PERICOLOSO – Domenico Milella, attraverso il padre Beniamino, per gli inquirenti ha provveduto alle spese legali e al sostentamento di Patruno, affittuario dell’appartamento usato come arsenale. Anche se Patruno non ha mai detto chi gli aveva affidato il compito di custodire la ‘santabarbarà del clan, gli investigatori hanno scoperto con alcune intercettazioni che Patruno e famiglia venivano pagati da Milella circa 500 euro al mese. E il cassiere del gruppo per gli inquirente era il padre di Domenico: gli sono stati trovati e sequestrati 8.600 euro in contanti nascosti all’interno di cornici di quadri e del marmo del tavolo. Durante la perquisizione dell’abitazione sono anche stati rinvenuti due post-it con nomi e somme di dare/avere per negoziazioni ora al centro di indagini.

Altri 500 euro circa andavano poi a Giovanni Diomede, arrestato pure nel 2017, residente nello stesso palazzo di Milella e ‘custode’ di altre armi del clan, nonché del cane di Domenico Milella per il quale prendeva un altro cachet.
Quando poi Milella venne trasferito dal carcere di Taranto agli arresti domiciliari a Pescara, i Carabinieri assistettero al via vai dei sodali pugliesi nella città abruzzese, per la gestione degli affari illeciti a Bari assicurano gli inquirenti, tanto che durante lo stesso trasferimento trovò il modo di fare un summit a Casamassima (Bari) con i suoi fedelissimi. A Milella si attribuisce anche la sparatoria, a scopo intimidatorio, al circolo U.C. di Japigia, in seguito a contrasti interni al clan: convocato in udienza in Procura, anche qui trovò il sistema di allontanarsi dall’aula, per raggiungere in scooter il circolo di proprietà del padre di Christian Lovreglio, dove sparò in risposta al tentato omicidio di Nicola Cisternino per mano di Lovreglio figlio.

Al gruppo di Domenico Milella, definito ‘pericolosò dal procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, i Carabinieri del Nucleo investigativo di Bari, coordinati dalla Dda, sono giunti anche grazie a una telecamera sul pianerottolo dell’appartamento-arsenale di via Di Vagno e alle impronte digitali lasciate sulle armi che le indagini hanno appurato non sono mai state usate. Tra i frequentatori dell’arsenale, anche Giuseppe Gelao, ucciso il 6 marzo 2016 mentre era in compagnia di Palermiti. Da altre indagini della Polizia è stato poi possibile ricostruire altre attività criminali imputate al gruppo, compresi omicidi e tentati omicidi.
Per gli inquirenti, l’operazione di oggi conferma che dai quartieri Japigia e Madonnella viene rifornita la piazza di spaccio a Bari e hinterland. Sequestrati anche un giubbino anti proiettili in un androne, altra cocaina e hashish.

fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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