Bari, si pente Vincenzo Anemolo storico boss di Carrassi. Familiari già trasferiti in una località segreta

Tremano i clan, soprattutto quello degli Strisciuglio: il vecchio capo conosce molti segreti.Era in carcere perché ritenuto il killer di Fabiano Landolfi – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Dopo Domenico Milella, Vincenzo Anemolo: i clan baresi tremano perché, mentre l’ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti continua a svelare segreti, un altro capo storico ha deciso di pentirsi. Questa volta la collaborazione con la giustizia arriva dal gruppo Anemolo, dal quale si erano già allontanati nei mesi scorsi Filippo Cucumazzo (arrestato come esecutore materiale dell’omicidio di Fabiano Landolfi) e Donato Di Cosmo.

Adesso, però, è stato lo storico capo della mafia del quartiere Carrassi, Vincenzo Anemolo in persona, a manifestare la volontà di collaborare con la giustizia. Il 56enne è un pluripregiudicato, che da gennaio 2020 si trovava in carcere nell’ambito del procedimento sulla gestione mafiosa delle videolottery (e già condannato per questo a 6 anni di reclusione in primo grado). I familiari sono stati già trasferiti in una località protetta.

Nel marzo scorso era stato raggiunto da un’altra misura cautelare per l’omicidio dell’ex sodale Fabiano Andolfi, del quale è ritenuto il mandante. Nell’ambito di questo processo ha chiesto il rito abbreviato ed è in attesa che sia fissata l’udienza ma, nel frattempo, ha manifestato la volontà di collaborare. Le sue dichiarazioni potrebbero rivelare particolari sulle dinamiche criminali interne a diversi clan baresi, come i Parisi dei quali gli Anemolo sono storici alleati.

Nei più recenti atti giudiziari che lo riguardano si ricorda il passato criminale, con più di 20 anni passati in cella per omicidio, traffico di droga, sequestro di persona e armi fin dagli anni Novanta. I magistrati, nelle carte relative all’ultimo arresto, ne ricordano la “datata pericolosità” definendolo “il capo assoluto del quartiere Carrassi”.

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Il boss Anemolo si è pentito: era alleato storico di Savinuccio

 
Era il capo indiscusso della pericolosa cosca del rione Carrassi: 20 anni in cella – fonte: Isabella Maselli – quotidiano.repubblica.it
 
“Il capo assoluto del quartiere Carrassi” si è pentito. Vincenzo Anemolo, boss barese 56enne ai vertici dell’omonimo clan mafioso, storico alleato del clan Palermiti di Japigia, ha deciso di collaborare con la giustizia. Un terremoto negli ambienti della criminalità organizzata che presto, come è già successo un anno fa dopo il pentimento di Domenico Milella, braccio destro dei boss Savinuccio Parisi ed Eugenio Palermiti, rischia di far crollare altri pezzi della mafia barese. Potrebbe rivelare dettagli su delitti irrisolti, svelare particolari sulle dinamiche interne ai traffici illeciti, consentire alla Direzione distrettuale antimafia di ricostruire e azzerare intere epoche di affari criminali.
Il pluripregiudicato ha manifestato la volontà di diventare un collaboratore di giustizia a metà agosto. E’ stato poi trasferito dal carcere di Nuoro, dove era detenuto, affidando la difesa ad un nuovo avvocato. La sue famiglia è entrata nel programma di protezione e ha già lasciato Bari da alcune settimane. Dalla nuova cella dove si trova adesso, ha già cominciato a parlare con gli inquirenti e i primi verbali con le sue dichiarazioni potrebbe essere depositati nella prossima udienza di uno dei processi che lo vedono imputato: quello per l’omicidio dell’ex sodale Fabiano Andolfi, del quale Anemolo è ritenuto il mandante. Andolfi, ha ricostruito la Dda, sarebbe stato ucciso il 14 gennaio 2018 perché aveva deciso di affiliarsi ad un clan rivale, i Capriati della città vecchia, pretendendo però di continuare a spacciare nel quartiere Carrassi, feudo degli Anemolo. L’assassinio sarebbe stato ordinato dal boss, che nel quartiere secondo gli inquirenti controllava le estorsioni ai commercianti, e da Francesco Cascella del clan Palermiti, che aveva invece il controllo dello spaccio. Ma la morte di Andolfi sarebbe stata anche la punizione per un affronto al capo. Qualche giorno prima di essere ammazzato, infatti, il 33enne aveva offeso pubblicamente Anemolo, su ex padrino, all’interno di un locale del quartiere. Ad eseguire materialmente il delitto sarebbe stato Filippo Cucumazzo, il quale dopo l’omicidio avrebbe iniziato a pretendere un grado più alto e più soldi, minacciando di diventare un collaboratore di giustizia e rivelare i segreti del clan, cosa che poi in effetti è accaduta. Anemolo avrebbe quindi ordinato anche la sua morte, armando i suoi di bombe e armi da guerra. Per queste vicende il boss è stato raggiunto nel marzo scorso da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e a inizio agosto ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato, pochi giorni prima di manifestare l’intenzione di “pentirsi”. Quando gli è stata notificata la nuova misura, Anemolo era comunque già detenuto, dal gennaio 2020, nell’ambito di un altro procedimento, “game machine”, sulla gestione mafiosa delle videolottery in città, nell’ambito del quale è stato condannato a 6 anni di reclusione in primo grado alcuni mesi fa.
Nei più recenti atti giudiziari che lo riguardano, è riassunto il suo passato criminale, la sua “datata pericolosità” scrivono i magistrati, con più di 20 anni passati in cella per omicidio, traffico di droga, sequestro di persona e armi fino dagli anni Novanta. I giudici ne descrivono la “ spietatezza criminale”, definendolo “spregiudicato mandante” di delitti di sangue, con l’unico obiettivo di “poter continuare a gestire gli affari illeciti del clan in maniera silenziosa”, in un contesto “ dove la conquista del potere mafioso passava attraverso il fuoco delle armi”.

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