Bari, l’uomo del clan intercettato mentre comprava voti per il centrodestra: “Decaro non dà niente”

La conversazione negli atti dell’inchiesta che potrebbe portare al commissariamento per mafia, spiega come andavano le cose durante la campagna elettorale incriminata. E quella foto inequivacabile alle primarie degli sfidanti del sindaco – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Decaro non dà niente…Sono quelli che stanno dando un sacco di soldi… Stanno andando tutti quelli di Bari Vecchia, perché stanno dando i soldi, hai capito?”: c’è una frase, nelle migliaia di atti dell’inchiesta ‘Codice interno’, che spiega come andavano le cose a Bari durante la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale nel 2019.

La pronuncia Michele De Tullio, esponente del potente clan Parisi, conversando con Tommaso Lovreglio, nipote del boss Savino Parisi, ritenuto dalla Dda uomo chiave per l’ascesa politica della consigliera Maria Carmen Lorusso, eletta cinque anni fa in Comune con il centrodestra (e poi passata nella maggioranza di centrosinistra, con la contrarietà del sindaco Antonio Decaro) anche grazie ai voti della mafia.

Due giorni fa il ministero dell’Interno ha disposto l’invio di una Commissione d’accesso antimafia al Comune di Bari, per valutare eventuali condizionamenti di atti amministrativi da parte di persone ritenute vicine alla criminalità organizzata. L’accesso è arrivato a meno di un mese da 130 arresti, che hanno coinvolto anche l’ex consigliera Lorusso, e dal decreto che ha disposto l’amministrazione giudiziaria per l’Amtab, società municipalizzata di trasporto pubblico.

Nella conversazione intercettata il 19 febbraio 2019 dalla polizia, Lovreglio sollecitava De Tullio: “Daglielo qualche voto a Di Rella” riferendosi a Pasquale Di Rella all’epoca concorrente (poi vittorioso) alle Primarie del centrodestra per la scelta del candidato sindaco, che avrebbe sfidato l’uscente Antonio Decaro. Di quest’ultimo De Tullio diceva chiaramente “Decaro non dà niente”. E, per spiegare ancora meglio aggiungeva: “A me non me ne frega… Decaro, Di Rella, sono tutti una chiavica…. Ma a quello i soldi non gli mancano”.

Ovvero chiariva che i voti che avrebbe potuto muovere – tra parenti, amici ad affiliati al clan –sarebbero stati indirizzati non in base a una scelta ideologica ma verso il candidato che offriva di più. E, in quella prospettiva, Decaro era fuori dai giochi, perché era risaputo che non pagava, per cui sarebbe stato necessario compulsare Olivieri, che stava già promettendo denaro agli elettori di altri quartieri. L’inchiesta “Codice interno” – che il 26 febbraio ha portato in carcere un centinaio di affiliati ai clan Parisi e Palermiti nonché l’avvocato Giacomo Olivieri, che con quelli ed altri clan ha stretto patti per far eleggere la moglie Maria Carmen Lorusso (ai domiciliari) – ha documentato che nel 2019 ci fu un intenso lavoro, da parte di esponenti della criminalità organizzata, per sostenere candidati del centrodestra.

La Dda ha contestato, tra l’altro, il reato di voto di scambio politico-mafioso e ricostruito la rete che l’avvocato Olivieri aveva messo in piedi grazie a esponenti di diversi clan. La conferma che Lovreglio si fosse mosso molti mesi prima delle elezioni, per vendere il suo pacchetto di voti al migliore offerente, e che le interlocuzioni con il centrodestra fossero avviate da tempo, si ha anche da un’intercettazione del dicembre 2018 in cui dice a Benito Visciglia (uomo di fiducia, ritenuto anche prestanome di Olivieri) “poi me lo devi presentare a Pasquale…” riferendosi proprio a Di Rella ed ottenendo l’invito a partecipare a una riunione politica che si sarebbe svolta il 15 dello stesso mese.

Ma sul punto Lovreglio, da vecchia volpe qual era, andava cauto: “Non è il caso di parlare al congresso…”. Nei mesi successivi sono stati documentati i suoi incontri con Giacomo Olivieri, promesse di denaro da parte di quest’ultimo sia in relazione alle Primarie che alle elezioni dei consiglieri comunali. E a sostegno dell’appoggio del clan Parisi a Di Rella, nel primo confronto con gli altri aspiranti candidati sindaci della sua stessa coalizione, un’altra frase di Lovreglio intercettata a febbraio di cinque anni fa: “A quello un cinque-seimila euro gli ho levato”.

E poi la foto, inequivocabile, del nipote del boss che la notte del 24 febbraio 2019 si reca all’hotel Sheraton di Bari, dove si erano svolte le Primarie, probabilmente – ipotizzano gli investigatori – per riscuotere la contropartita dei voti che aveva messo a disposizione. La stessa cosa avrebbe fatto cinque anni prima, quando Giacomo Olivieri aveva sfidato Antonio Decaro alle Primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco. Anche in quel caso l’attuale primo cittadino non aveva messo in campo nulla di illecito mentre il suo sfidante aveva presumibilmente chiesto e ottenuto già all’epoca l‘aiuto dei clan.

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