Bari, le rivelazioni di un nuovo pentito fanno tremare la città: “I favori ai politici e le mani dei clan sulle discoteche”

Una veduta del quartiere Libertà a Bari sotto il controllo di De Bernardis 

Il nome di Alessandro De Bernardis, ex elemento di spicco dei Mercante al rione Libertà, era già comparso nell’inchiesta sull’ex giudice De Benedictisfonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

“Aveva conoscenze politiche” il boss Giuseppe Mercante, grazie alle quali imprenditori a lui vicini avevano acquisito “importanti contratti di lavoro molto remunerativi dal punto di vista economico”: nel primo verbale del nuovo pentito barese ci sono già pagine bianche in cui l’unica parola scritta è ‘omissis’. Significa che devono restare segrete alcune delle cose che Alessandro De Bernardis, 52enne detto “Brodino”, già elemento di spicco del clan del quartiere Libertà, ha iniziato a raccontare ai magistrati della Dda, la Direzione distrettuale antimafia. La volontà di collaborare è stata manifestata il 15 novembre nel carcere di Lecce e il verbale del primo interrogatorio – tenuto il 26 novembre dal pubblico ministero Domenico Minardi – è stato depositato ieri nel processo Pandora.

Il sistema De Benedictis

De Bernardis è uno che sa molte cose, perché ha vissuto per tanti anni a stretto contatto con Mercante e ha fatto da tramite con imprenditori che si occupavano di sicurezza nei locali notturni. Il neocollaboratore di giustizia, però, è anche uno che pare conoscere bene il sistema delle scarcerazioni facili che negli anni scorsi sarebbe stato messo in piedi nel tribunale di Bari dall’ex gip Giuseppe De Benedictis, grazie ai suoi atteggiamenti compiacenti nei confronti di alcuni avvocati.

“Quello è corrotto da sempre”, avrebbe detto De Bernardis a Domenico Milella (ex braccio destra del boss di Japigia Eugenio Palermiti, anche lui pentito) durante un incontro nel carcere romano di Rebibbia. Anche sul punto Mimmo “U gnur” è stato interrogato a maggio dalla Procura di Lecce: “A Rebibbia camminavamo sempre insieme, anche lui sapeva che De Benedictis mangia soldi. Mi disse che a lui gli fece togliere il 74 (l’articolo 74 del Codice penale ) e lo fece scarcerare per 8mila euro o 8 milioni di lire, ora non ricordo”. Non è un caso che la pratica De Bernardis sia fra quelle che i magistrati salentini hanno acquisito dai colleghi baresi, per verificare se effettivamente possa essere stato favorito dal giudice finito a sua volta in carcere ad aprile e di recente mandato agli arresti domiciliari.

Gli uomini del clan

“Ho paura di essere ucciso”: così ‘Brodino’ – che già nel 2014 fu vittima di un agguato fallito – ha spiegato la volontà di collaborare con la giustizia. Una scelta di cui si parlava da tempo fra i detenuti baresi in varie carceri italiane e la cui notizia, di recente, si era diffusa sia nel quartiere Libertà sia al San Paolo. De Bernardis conosce gli uomini di tutti i clan e parla di molti, a partire da Mercante.

“Pinuccio e gli esponenti più importanti del suo gruppo – dice nel verbale – non erano inclini al ricorso alla violenza, ma pensavano a guadagnare tramite attività legali e non”. Addirittura il boss dopo l’omicidio del fratello Amleto (“il gestore economico del clan: si occupava della suddivisione dei beni, che invece il fratello non sapeva gestire) “vietò di vendicarne la morte nonostante fossero tutti pronti a farlo”. De Bernardis ha anche raccontato che i rituali di affiliazione mafiosa al quartiere Libertà sono tuttora vigenti e che avvengono in garage, fabbricati disabitati e abitazioni.

Sale slot e discoteche

Due settori che il collaboratore indica essere stati nelle mani di Pinuccio ‘il drogato’ e dei suoi uomini, che avrebbero ricavato moltissimo denaro da aggiungere a quello che arrivava dalla tradizionale vendita di stupefacenti. Le sale scommesse “erano gestite da Alessandro Snidar per conto di Mercante e portavano entrate economiche cospicue”. Ai locali notturni, invece, il boss era arrivato tramite un imprenditore molto amico del pentito, il quale “aveva acquisito contratti importanti grazie a Mercante e alle sue conoscenze politiche”.

“Insieme con lui e con Ignazio Larizzi ci presentavamo dai proprietari delle discoteche e assumevamo l’incarico di vigilare sull’andamento tranquillo delle serate, riuscendo a gestire eventuali tensioni in qualità di membri del clan”. Tali dichiarazioni rivestono oggi notevole importanza, alla luce di una serie di episodi accaduti fra ottobre e novembre nelle province di Bari e della Bat, che hanno riportato in primo piano il problema della sicurezza nei locali della movida.

Da ultimo il ferimento di un buttafuori davanti a una discoteca di Modugno da parte di Giovanni Gualberti, ritenuto affiliato al clan Strisciuglio, che ha sparato dopo aver preteso di entrare senza biglietto e senza Green Pass gridando: “Voi non sapete chi sono io”. Proprio per arginare le intemperanze di persone vicine alla criminalità – ha spiegato De Bernardis – molti locali preferirebbero impiegare per la sicurezza persone che, a loro volta, fanno parte di gruppi mafiosi: “L’attività di buttafuori può essere esercitata senza incidenti solo da chi è membro effettivo di un clan, poiché la forza fisica non conta ma è essenziale la militanza in ambiente criminale”.

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