Bari, il boss avvertì l’avvocato: “Sarai perquisito”. Così lui fece sparire tutto

Dalle carte dell’operazione Levante gli affari oscuri dell’avvocato Fabio Mesto: il pregiudicato Massimo Lafirenze nel settembre 2017 lo avvisò di un’indagine a suo carico e gli consigliò prudenza in vista di un sopralluogo degli investigatori – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

C’erano computer da pulire e fascicoli da fare sparire, nello studio legale dell’avvocato Fabio Mesto, dopo che – nel settembre 2017 – il pregiudicato Massimo Lafirenze del clan Parisi lo avrebbe avvisato di essere indagato, consigliandogli prudenza perché “a fine mese ci saranno perquisizioni “. 

Le frenetiche attività per liberarsi da documentazione ingombrante e far trovare lo studio ” pulito ” nel caso si fosse presentata la finanza, però, erano registrate dalle microspie che gli investigatori (all’epoca coordinati dalla pm Savina Toscani nell’ambito dell’inchiesta sull’Arca) avevano piazzato in tutte le camere.

Da quella indagine ne è poi scaturita una molto più ampia, diretta dai pm Fabio Buquicchio e Bruna Manganelli e denominata “Levante”, che il 15 febbraio ha portato 14 persone in carcere, 44 ai domiciliari, 14 con obbligo di firma e due avvocati interdetti. Mesto, che in molti affari illeciti avrebbe svolto ruolo da protagonista, è stato posto ai domiciliari. Negli atti depositati dalla Procura di Bari c’è una storia lunga e complicata, che lo vede protagonista ora come intermediario in un traffico di droga dall’Albania, ora come gestore dei movimenti degli inquilini delle case popolari, ora come suggeritore dei pregiudicati impegnati a scansare le misure di prevenzione patrimoniale. Proprio per questa sua versatilità, probabilmente nello studio erano custoditi molti segreti. ” Dobbiamo vedere i fascicoli uno per uno, a cominciare da quelli dell’Albania” diceva a un collaboratore nel frenetico pomeriggio del 18 settembre “bisogna stare in campana ” .

Per poi passare agli atti ” dei pregiudicati a cui abbiamo fatto favori, quelli che non erano fatturati, dammeli tutti non bisogna nasconderli ma buttarli proprio ” . La segretaria prendeva le cartelline una ad una e Mesto iniziava a sciorinare l’elenco degli uomini dei clan a cui avrebbe offerto consulenza legale gratuita: ” Nicola Lafirenze, prendi, glielo portiamo al fratello“; “Pesce, portalo via, oggi deve venire Tommaso Parisi… “. E poi faceva altri nomi: Anemolo, ancora Parisi, Romeo Risoli, Milloni, Nicola Sassanelli, Francesco Quarto, Sedicina.

Per coprire altri lavori non pagati, c’era poi l’alzata di ingegno: ” A questi fattura cento euro, una cosa simbolica, io posso fare quello che voglio, al minimo di tariffa... “. Alcuni fascicoli venivano buttati ” con il sacco nero ” , altri portati a casa di vari collaboratori, ad altri ancora bisognava dare una parvenza di legalità: “Questi devi fatturarli per forza”. A tale operazione contribuiva anche il padre del professionista, che si preoccupava anche del fatto che tutta quella carta avrebbe dovuto essere smaltita negli appositi bidoni della raccolta differenziata ma che la domenica era vietato farlo.

La stessa operazione di pulizia ha riguardato anche i computer: “Quello di Pierdo se ne deve andare ” diceva Mesto, riferito alla macchina del collega Bisceglie ( interdetto per un anno dalla professione). La strategia era “togliere tutti i file, così lavoriamo solo con le pennette Usb”, spostando tutto su memorie esterne ma avendo l’accortezza di non lasciare i computer completamente vuoti, per non insospettire gli investigatori se si fossero presentati per una perquisizione: “Noi lavoriamo solo con le penne, quando arrivano le stacchiamo, però sul pc qualcosa qualcosa devi lasciare“.
 

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