Bari, clan Strisciuglio ancora in vita: affiliati “battezzati” in casa

Ci si affilia in carcere, ci si affilia a casa. Il fascino perverso del battesimo di camorra è tutt’altro che estinto. La liturgia dei clan sopravvive e con essa il decalogo imposto dall’appartenenza. Sembra folklore ma è la vita reale della gente di mafia.
La lite da inscenare in mezzo alla strada – All’interno del clan Strisciuglio, l’organizzazione più articolata (e sanguinaria) tra quelle baresi, i gradi di camorra vengono riconosciuti nell’ambito del cosiddetto movimento al quale partecipano il padrino (quello con grado più alto), altri sodali e i nuovi «ragazzi» da affiliare. Quando il battesimo si consuma in un’abitazione, di norma il clan sistema delle «vedette» sulla strada. Il rischio è che le forze dell’ordine possano intercettare un viavai sospetto di persone e decidere di fare un controllo. Le vedette hanno a quel punto il compito di inscenare una lite per strada, in modo da occupare gli agenti il tempo necessario a far uscire, da un altro varco, le persone in quel momento riunite per il rituale. 

Le sigarette – Il rito, o movimento, o capriata hanno dentro una simbologia in parte nota. L’impiego delle sigarette è fondamentale: vengono distribuite fra tutti i presenti in segno di fratellanza e spartenza. I pacchetti vengono aperti e viene estratta una sola sigaretta, in modo che rimangano in numero dispari, poi (per dirla in gergo) vengono «battezzati», come d’altronde il locale dove si tiene la cerimonia. Poi le sigarette vengono distribuite così viene fumata la prima sigaretta, qualche boccata, poi la si appoggia in un posacenere perché la sigaretta non si può spegnere, sarebbe un’offesa. La si lascia consumare e infine la cenere viene dispersa al vento (dalla finestra, se in un’abitazione, in maniera simbolica se ci si trova in una cella). Infine si stappa una bottiglia e si beve. Di tagli con lamette e sangue da mescolare (altro rituale particolarmente in voga a Bari negli anni Novanta) negli ultimi tempi, non si hanno notizie. Cerimonie del genere, tra gli uomini di Strisciuglio, si tendono al San Paolo, al Libertà e a Carbonara.

La cassa comune – Una volta battezzati, si entra a pieno diritto nei gangli del clan. Il che significa che bisognerà accettare gli ordini. E che si potrà usufruire del mutuo aiuto: i soldi guadagnati con gli affari illeciti saranno distribuiti in maniera gerarchica.
Numerosi collaboratori di giustizia hanno riferito che tutti i proventi illeciti degli Strisciuglio finiscono in una sorta di cassa comune. Da qui vengono presi i contanti per pagare le forniture di sostanze stupefacenti ma anche i soldi destinati agli affiliati reclusi. I pentiti la spiegano così: «…metti tutto al centro e poi giustamente dai le spartenze, se sta qualche detenuto in carcere gli mandi la settimana, gli dai qualche cosa alla moglie… ». Dalla cassa comune vengono date anche «le settimane ai ragazzi», la paga per gli spacciatori.

Nella casa comune degli Strisciuglio sono confluiti, ad esempio, i soldi fatti con le estorsioni agli operatori commerciali in occasione del concerto di Vasco Rossi al «San Nicola», vicenda pure conclusasi con l’arresto degli estorsori. Emerge, in fase di indagini, anche l’episodio di uno degli affiliati che, temendo di essere finito in disgrazia, terrorizzato dalla eventualità che uno dei suoi stessi sodali avrebbe potuto ucciderlo, preleva 500 euro dalla cassa comune per fuggire.

Il pentitismo figlio della crisi economica – I giudici la chiamano «affectio societatis», il senso dell’appartenenza, il sentirsi parte di un gruppo, il familismo tipico delle organizzazioni di stampo mafioso. Nel bene, i sodali usufruiscono a spese del clan anche dell’accompagnamento dei familiari ai colloqui in carcere con il sodalizio che mette a disposizione l’automobile (solitamente una monovolume), l’autista, la benzina e le spese del bar e dell’autostrada, perché spesso gli appartenenti al clan Strisciuglio si trovano reclusi in carcere nelle più disparate città d’Italia.

Eppure la crisi economica a un certo punto colpisce anche gli uomini di Mimmo e Sigismondo «la luna». Si guadagna un po’ di meno, ci sono molte più spese. Di fatto la «spartenza» comincia ad essere equiparata al peso criminale interno al sodalizio. I «pesci piccoli» iniziano a mettersi in tasca pochi euro. Il malcontento nella base degli affiliati lo spiega, ovviamente, uno dei collaboratori, Sebastiano Armenise, il primo a mal digerire la sperequazione degli introiti tra vertici e manovalanza: «Alla fine la maggior parte si stanno togliendo perché i soldi che stanno, che girano sono pochi, quelli che mangiano sono i più grossi alla fine non conviene a nessuno stare».

fonte: CARMELA FORMICOLA – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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