Ragazzini a spasso con la pistola

È uscito dall’auto con il suo bel taglio di capelli alla Genny Savastano prima maniera e rivolgendosi ai «Falchi» della Squadra Mobile che lo avevano inseguito per tutta strada San Girolamo e costretto a fermarsi alla guida della Fiat Panda della sorella, ha cominciato a parlare in perfetto slang gomorrese, «Uè o’frat tutt’appost’», imitando nella sua postura glamour il più classico camorrista style. Luigi Frappampina, ha solo 18 anni, non è un camorrista, non è un criminale, il suo nome non compare in nessuna delle inchieste sulla malavita organizzata. A suo carico, nella banca dati delle forze dell’ordine, esiste solo un piccolo precedente, una denuncia per furto. Nulla di grave, in fondo. Nulla che sia arrivato a giudizio.

Il giovane Luigi è figlio di Nicola Frappampina, 43 anni, coinvolto in una inchiesta sui presunti rapporti tra la famiglia malavitosa dei Campanale di San Girolamo con un gruppo criminale legato alla figura del conversanese Rocco Masotti, 42 anni, gruppo che avrebbero operato dal 2010 in poi tra Rutigliano e Conversano. Il nome di Frappampina padre compare anche nella maxi inchiesta della Dda denominata «Pandora», condotta da Ros dei Carabinieri che nel giugno scorso ha portato in carcere 104 persone legate ai clan Capriati e Mercante-Diomede. Giovedì sera, poco prima delle 18, all’incrocio tra via don Cesare Franco e via San Girolamo, Luigi è stato intercettato da una pattuglia delle Squadra Mobile mentre a tutta velocità, sul fondo stradale bagnato, si immetteva su via San Girolamo. A bordo della Panda c’erano altri due ragazzi, suoi amici, entrambi minorenni. Il più piccolo ha 14 anni, il più grande 16, entrambi incensurati. Quando l’auto è stata raggiunta dai «Falchi», al termine di un inseguimento durato alcuni minuti, i due minorenni, spaventati, sono rimasti seduti in auto. Secondo la ricostruzione degli investigatori, guidati dal commissario capo Costantino Scudieri, Luigi Frappampina invece è sceso dalla vettura e con confidenza e decisione ha affrontato la situazione. Guidati da fiuto ed esperienza, i «falchi» si sono convinti che il ragazzo stesse cercando di evitare che il controllo si prolungasse oltre il dovuto. Hanno così deciso di perquisire l’automobile e sotto il sedile anteriore, lato passeggero, nascosta da una piccola latta di olio, hanno scovato una pistola Beretta calibro 6.35, perfettamente funzionante e con il colpo in canna. Gli accertamenti balistici, eseguiti dagli specialisti della Polizia scientifica, hanno consentito di accertare che l’arma era stata rubata nel 2014 in un appartamento di Casamassima.

Per tutti e tre i ragazzi è scattata la denuncia. Frappampina, l’unico maggiorenne e l’unico gravato da un precedente di polizia (per quanto di gravità contenuta) è stato rinchiuso in carcere. I due minorenni invece sono stati affidati alle famiglie. Nella Panda non vi erano guanti, cappellini o passamontagna, «arnesi del mestiere» per tutti i rapinatori. Questo induce gli investigatori ad escludere che il terzetto si stesse preparando a fare una rapina. Le caratteristiche dell’arma (di piccolo calibro, con canna basculante, ossia che deve essere sollevata per il caricamento) e il suo perfetto stato di manutenzione inducono i detective della Mobile (guidati dal primo dirigente Giacinto Profazio) ad ipotizzare che la pistola possa aver fatto parte dell’arsenale della mala che l’ha ben conservata prima di cederla a qualcuno che l’ha portata all’interno della Panda. Lo spessore criminale del giovane finito in carcere è quasi del tutto inesistente. Di lui si conoscono le frequentazioni poco raccomandabili con gente di San Girolamo ma nulla di più. Non si tratta di un «giovane d’onore», di un rampollo della criminalità cresciuto con la legge della strada. Lui e i suoi amici hanno dato la disarmante impressione di essersi ficcati in un guaio senza sapere come. Cominciano così a volte le storie dei ragazzi della «paranza» barese, adolescenti con una forte inclinazione a delinquere svezzati per strada e mandati allo sbaraglio. A riguardo della capacità di rinascere e rigenerarsi delle famiglie di camorra baresi «anche all’indomani della loro decimazione a seguito dell’incisivo intervento repressivo delle forze di polizia e della magistratura» le ultime relazioni della Direzione investigativa antimafia così recitano riguardo al ruolo fondamentale, svolto in questo processo dai minorenni. «Attualmente – spiegano i detective – in città sono operanti nove clan con una grande capacità di rigenerarsi anche grazie all’intervento delle seconde linee, all’impiego di soggetti spesso incensurati, all’utilizzo di persone minorenni a cui vengono affidati i ruoli di detentori della sostanza stupefacente, di pusher, di ragazzi fondina, detentori, per conto terzi, delle armi e di esecutori di reati predatori».

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