Dopo la pubblicazione delle audizioni di Borsellino, l’Antimafia comincerà ad esaminare e pubblicare anche il resto di documenti fino ad oggi coperti da segreto. Un lavoro immesino che va dalla prima storica istituzione dell’organo parlamentare d’indagine sul fenomeno mafioso – ormai 47 anni fa – fino alla commissione del secondo governo di Silvio Berlusconi. È probabile dunque che la declassificazione vada avanti per macrotemi organizzati a livello cronologico. La delibera che ha dato il via a questa maxi operazione di disclosure è molto recente: risale al 10 luglio scorso, giorno in cui la commissione approva all’unanimità  la deliberazione sui criteri generali di declassificazione di atti e documenti della deputata del M5s, Angela Salafia.

Nel verbale della seduta vengono elencati i requisiti che dovranno seguire gli atti e documenti che si intende rendere “a regime libero di consultazione e  divulgazione”. Nel dettaglio, i principali sono: “Al ricorrere di audizione di soggetti terzi, diversi da parlamentari o rappresentanti del Governo, in carica all’epoca della formazione del documento o del compimento dell’atto, occorre che costoro abbiano accordato liberatoria o siano deceduti; nel caso però di audizione di personale dipendente dei servizi di informazione e sicurezza della Repubblica, anche in caso di decesso dell’audito, verrà richiesta la liberatoria all’amministrazione di appartenenza o a quella legalmente succedutale”. Via libera quindi alle audizioni dei soggetti deceduti: per tutti gli altri ci vorrà il consenso degli interessati. Nessun vincolo, invece, quando i personaggi auditi sono parlamentari o membri del governo. Un altro punto prevede “che non vi sia altra classifica di segretezza che quella originata dalla stessa Commissione cessata o dal suo ufficio stralcio, ovvero che si tratti di atto di segreteria e, come tale, di diritto sottoposto alla classifica di segreto funzionale”.