Ancora un attentato incendiario, siamo a quota 32, ma quest’ultimo è diverso dagli altri

 

Ancora un attentato incendiario, siamo a quota 32 auto coinvolte in incendi dolosi solo in quest’anno. Non sempre, però, le auto sono distrutte dalle fiamme, ed è proprio il caso del tentativo d’incendio avvenuto ieri sera alle 19.45 circa nell’estrema periferia della città. Un’Alfa Romeo Giulietta, parcheggiata in via Molfettesi d’America, angolo via Salvo d’Acquisto, a pochi metri dall’entrata del nuovo stadio di atletica “M.S.Cozzoli”. Il tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco ha evitato che l’incendio si propagasse all’interno dell’abitacolo coinvolgendo come sempre l’intera autovettura e  distruggendola.

Questa volta l’incendio non è nato dagli pneumatici per poi propagarsi al vano motore o alla tappezzeria, ma è partito dal sedile del guidatore, lasciando un’ampia voragine nella parte retrostante. L’autovettura è rimasta praticamente integra all’esterno. Probabilmente il piromane seriale, o il balordo di turno, dopo aver aperto l’auto ha spruzzato qualche liquido infiammabile sulla tappezzeria del sedile e poi gli ha dato fuoco.

Alcune riflessioni sono d’obbligo. Intanto c’è da dire che dall’analisi dei vari incendi e dalle modalità in cui gli stessi avvengono, azzardiamo l’ipotesi che non tutti gli incendi hanno un preciso obiettivo. Tra i vari target obiettivo, che i piromani scelgono, ci sono probabilmente gli incendi che hanno solo l’obiettivo di depistare e distrarre gli inquirenti e l’opinione pubblica. Gli autori potrebbero essere uno o più persone pagate per compiere questi atti criminali perché ci riesce difficile immaginare un piromane seriale solitario, disturbato mentalmente, o che si eccita a guardare da lontano le fiamme o leggere sui giornali notizie dei suoi incendi.

Dietro il balordo assoldato potrebbe esserci una mente o un’organizzazione che pianifica i modi e i tempi degli attentati. Non sappiamo se i piromani sono molfettesi o vengono da fuori, perchè non dobbiamo dimenticare che in maniera alterna gli stessi incendi avvengono nelle città limitrofe e quindi è un fenomeno che va studiato ad ampio raggio.

Ogni proprietario delle auto incendiate ha una sua storia personale, famigliare e lavorativa, e quindi andrebbe considerato ogni minimo elemento che potrebbe essere, o diventare, una pista d’indagine. Quindi l’imprenditore, il panettiere, il pescivendolo o il giostraio, a cui hanno incendiato l’auto, che tipo di attenzioni hanno ricevuto, da chicchessia, nelle ultime settimane o mesi precedenti l’incendio, o anche dopo? E per seguire questo tipo di indagini ci vorrebbe un gruppo di lavoro interforze che le Prefetture dovrebbero promuovere nelle città, o province, dove il fenomeno è più grave, perché il personale militare presente nelle nostre caserme è oberato da mille incombenze quotidiane e non può dedicarsi a tempo pieno a questo tipo di indagine.

E poi anche la politica deve fare la propria parte. Intanto… domani a chi toccherà?

 

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