“Una tempesta di sabbia” di Andrea Gadaleta Caldarola

La locandina Protagonista è il giovane rumeno Alex Nistor

“Entri, e non sai come ne esci, sicuramente cambiato», dice Andrea Gadaleta Caldarola. Parla del carcere, visto da dentro. Ma anche della vita. Forse sono un po’ la stessa cosa. Uno lo specchio dell’altra. Assomigliano al vento che ci insegue. E quel vento turbolento siamo noi, per dirla col Murakami di Kafka sulla spiaggia, dal quale Gadaleta prende spunto per affermare che il destino è “una tempesta di sabbia”, titolo del documentario di quarantacinque minuti girato nell’Istituto penale per minori Fornelli di Bari, dove da anni il recupero passa anche per lo spazio teatrale «Sala prove» affidato a Lello Tedeschi del Kismet e Piera Del Giudice della Compagnia Casa Teatro.
Chissà se l’intuizione dello scrittore giapponese varrà anche per Alex Nistor, il giovane rumeno protagonista del corto, «un ragazzo con una vita difficile, sveglio, brillante e capace», lo descrive Gadaleta. Ora che ha scontato la pena, in che modo la detenzione lo avrà cambiato? Il regista barese, che vive tra Roma e Molfetta, ha scelto di portare la sua storia sul grande schermo. «Sono entrato al Fornelli per cercarne una e l’ho trovata nel laboratorio teatrale al quale Alex si era iscritto», spiega il quarantunenne cineasta pugliese, già autore da indipendente di Mare Nostro (2016) sulla storia del porto di Molfetta, Destination de Dieu (2014) sulla baraccopoli di Rignano Garganico e Nomos (2012), girato in Kenya, nel campo profughi di Kakuma. Gadaleta è passato dall’inferno degli slum al purgatorio di un istituto di detenzione per minori. «La storia di Alex è quella di chi ha vissuto un anno sospeso tra adolescenza e vita adulta, alla ricerca di sé tra fantasmi del passato e il sogno di recitare»spiega il regista, che con “Una tempesta di sabbia“, le cui riprese sono durate circa dodici mesi, in questi giorni concorre all’edizione virtuale del MedFilm Festival di Roma, dove il suo lavoro è in gara nella sezione «Corti dalle carceri» (lo streaming è possibile ancora oggi sino alle ore 13). Frequentandolo, all’interno del Fornelli, Gadaleta scopre che Alex, diciannovenne figlio di rumeni emigrati in Italia dieci anni fa, e con un passato segnato da altre detenzioni, ha una passione per il cinema. Gli piacerebbe fare l’attore. «Vedendolo sperimentarsi sul palco, ho iniziato a costruire la sua storia sul doppio binario della finzione teatrale e della realtà cinematografica», racconta il regista, che ha rinunciato alle interviste tipiche del documentario. «Ho sposato una sorta di “cinema del reale” in cui il protagonista scrive la realtà in presa diretta: una scelta stilistica – spiega Gadaleta – che, naturalmente, ha comportato l’annullamento di qualsiasi giudizio, perché la storia viene raccontata attraverso lo sguardo di Alex, pronto a rimettersi in discussione e a riscattarsi».

Gadaleta è entrato in carcere senza alcun preconcetto, disposto a capirne dall’interno i meccanismi. «Ho sentito sulla mia pelle la sensazione della privazione, dell’isolamento che questi ragazzi sono costretti a vivere per la maggior parte della giornata», racconta il regista, che ha cercato di cogliere con la cinepresa «la battaglia con se stesso» di Alex, un «giovane adulto», come vengono chiamati in questi luoghi i detenuti maggiorenni che hanno commesso reati quand’erano minorenni. Alex è entrato presto nella tempesta. E quando ne uscirà, parola di Murakami, non saprà neanche lui come avrà fatto ad attraversarla.

fonte: Francesco Mazzotta – Corriere del Mezzogiorno – Domenica 15 Novembre 2020

Trailer “Una tempesta di sabbia” QUI

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