Agnelli e benzina, i regali all’ex gip De Benedictis

Da un notissimo imprenditore del settore dei trasporti otteneva buoni benzina e la riparazione dell’auto incidentata. Ogni settimana andava ad Altamura per fare il pieno di carburante agricolo. Un ristoratore lo invitava a passare: «Così la lasagna te la sforno calda». E poi buste di formaggi, latticini, la richiesta di un agnello intero (che poi diventano quattro).

È la vita di regali e favori dell’ex giudice Giuseppe De Benedictis, in carcere a Lecce con l’accusa di corruzione in atti giudiziari insieme all’avvocato barese Giancarlo Chiariello. In un anno di indagini i Carabinieri di Bari hanno ascoltato, pedinato e fotografato De Benedictis, registrandone anche le affermazioni più pittoresche. Come quelle sulle armi: con i colleghi in Tribunale non faceva mistero della sua passione, la stessa che la scorsa settimana gli è costata il secondo arresto.

«MA QUALE ARSENALE…»
A gennaio 2021 sulla scrivania del gip De Benedictis arriva la richiesta di convalida di un sequestro di armi definito «arsenale» dalla Procura di Bari. Il giudice, parlando con un collega (del tutto estraneo all’inchiesta), ridicolizza la definizione. Lo scambio, registrato nel suo ufficio in Tribunale, è molto eloquente.

DE BENEDICTIS: «Ti faccio… guarda… (mostra delle foto sul cellulare). Questo è con quello che ho sparato io a Capodanno, figurati se mi sto a preoccupare dell’arsenale».
COLLEGA: «Ma dove hai sparato a Capodanno? Dal balcone?».
DB: «No in campagna, mica le tengo in casa queste cose… Che dobbiamo andare a fare un viaggetto».
C: «Un kalashnikov».
DB: «No, non è kalashnikov».
C: «Questi sono quelli da guerra».
DB: «Questa è solo una mitragliatrice con il nastro, quella che si mette sul treppiede. Mi sono fatto un nastro da 250. E quanto può durare? Due e cinquanta, venti secondi, un dieci colpi al secondo… E questo mi viene a rompere il c… con l’arsenale».

L’episodio degli spari alla vigilia di Capodanno 2020 è vero: i colpi dell’arma del giudice sono stati registrati dalla cimice nell’auto del sottufficiale dell’esercito Antonio Serafino, arrestato la scorsa settimana insieme al giudice. Ma non basta. Sempre a gennaio, e sempre nel suo ufficio, De Benedictis parla con un altro collega di cosa fare dopo la pensione. E torna sulle armi.

COLLEGA: «Ma perché non hai un hobby? Non ti piace viaggiare?».
DB: «Gli hobby che ho io sono quasi tutti illegali».
C: «Eh vabbè non te ne puoi trovare di legali?».
DB: «Che ti devo dire e sono immorali (ride)».
C: «La caccia non mi sembra che sia illegale se la fai nel periodo giusto».
DB: «No, la caccia non è illegale dipende che tipo di armi usi (…) Io di solito uso un kalashnikov».
C: «Madò (ride). I muri hanno orecchie!».
DB: «E venissero a prenderseli se sono capaci, e posso sempre dire che è una millanteria (…) Peraltro io ce li ho regolarmente denunziati, quindi…».

La Procura di Lecce ritiene che non sia proprio così. Nell’arsenale sequestrato a fine aprile nelle campagne di Andria ci sono anche armi da guerra (forse provenienti anche da depositi dell’Esercito) che nessun privato è autorizzato a detenere.

GLI AGNELLI PER PASQUA
Il 1° aprile 2021 De Benedictis contatta Francesco Acquaviva, un brigadiere dei Cc in pensione che ha un’azienda agricola ad Altamura e che, secondo i carabinieri, in occasione di Pasqua «ha elargito prodotti alimentari sia al giudice che ai suoi ex colleghi», cioè altri carabinieri in servizio negli uffici della Procura di Bari che «hanno svenduto la loro funzione giudiziaria in cambio di varie utilità». Ne è un esempio la consegna di prodotti da parte di Acquaviva a un altro sottufficiale in servizio in Procura a Bari, che avrebbe intercesso per una certa questione. «Devi venire a casa eh, subito, ha portato la ricotta… Questo ha portato la ricotta fatta da lui, il formaggio, c’è l’agnello che metti nel frigo non può stare, è già tagliato comunque, è messo nella faschetta attenzione già è tutto sistemato… E poi fammi capire il salame a te piace piccante o dolce?».

L’agnello, dunque, sembrerebbe il punto di forza di Franchino Acquaviva e il punto debole del giudice: «Antonio di Andria ne vuole uno – è la richiesta che gli fa De Benedictis -, eh Franchì me lo devi dare per forza perché a quello non gli posso dire di no». Antonio di Andria, annotano i carabinieri, è Antonio Tannoia, il proprietario della masseria in cui era custodito l’arsenale di De Benedictis: chiaro che non gli si potesse dire di no. Franchino però non la prende bene, e qualche giorno dopo si lamenta con un altro amico. «L’altro giorno mi ha fatto inc…, e che mi crea difficoltà sempre. “Franco serve serve”, e allora dico: sì, ho capito, me se io a te te ne ho dato uno, a quello uno, a quello uno e a quello uno, se tu vieni e te ne prendi quattro mi crei difficoltà… “Franco per piacere, per piacere”, e per piacere ieri sono andato a comprare altri tre e ho dovuto accontentare gli altri».

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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