Butta la pasta: 7 marchi su 20 hanno glifosato.

Butta la pasta: 7 marchi su 20 hanno glifosato. Il nostro test

Torna il grano canadese e anche il glifosato nella pasta italiana. Nel numero di settembre abbiamo testimoniato con i dati Istat, come l’import del duro dal Canada, a fine 2020 tornerà ai livelli massimi del 2016, raggiungendo la cifra record di 1,1 miliardi di chili, su 2,5 miliardi importati quest’anno dall’estero.

Nel nuovo numero in edicola  pubblichiamo le analisi di laboratorio su 20 marche di spaghetti, e in base ai risultati ottenuti siamo in grado di ipotizzare che quel carico d’Oltreoceano finisca nei nostri piatti con il suo bagaglio ingombrante di erbicida probabile cancerogeno per la Iarc: in 7 prodott iabbiamo trovato tracce di glifosato e in 6 (Divella, Esselunga, Eurospin, Garofalo, Lidl e Rummo) il grano veniva anche da paesi extraeuropei.

Dal Canada? Per alcuni campioni di pasta il sospetto è forte ma non abbiamo la certezza perché la normativa sull’etichettatura consente alle aziende di poter genericamente indicare la provenienza “Ue” e/o “non Ue”.

Di certo il glifosato non viene solo dall’estero, come testimonia la concentrazione – seppur contenuta e al di sotto dei limiti di legge come per gli altri campioni – riscontrata negli spaghetti Agnesi con grano 100% italiano.

I sette spaghetti con glifosato

Il famoso erbicida non è però l’unico pesticida che abbiamo cercato nella pasta ma è quello che maggiormente abbiamo trovato nei campioni analizzati e anche in maniera maggiore rispetto al precedente test (novembre 2018): in quell’occasione solo in due paste (Eurospin e Lidl) riscontrammo glifosato. Il periodo però era diverso: dal 2016 al 2018 si era cominciato a parlare dei pericoli che il glifosato rappresenta per la salute e i consumatori avevano cominciato a orientare i propri acquisti. Le aziende, sotto pressione, cambiarono rotta alle navi per l’approvvigionamento: nel 2018 dal Canada arrivarono appena 100 milioni di chili. Oggi la stima è quella di superare ampiamente il miliardo di chili. E non senza effetti.

I pericoli sottovalutati del glifosato

Oltre alla probabile cancerogenicità ipotizzata dall’Agenzia internazione sul cancro, l’erbicida ha accumulato su se molti sospetti. Anche quando presente in dosi molto basse.

Una delle ultime ricerche è quella pubblicata sulla rivista ScienceDaily dai ricercatori dell’Università di Turku in Finlandia che ha trovato come il 54% delle specie batteriche intestinali del nucleo umano sono potenzialmente sensibili a presenze anche ridotte di questo erbicida. E gli effetti sul microbiota umano, la popolazione di 500 specie diverse di batteri che vivono nel nostro intestino, potrebbero essere ovviamente molto seri. E avere pesanti riflessi sulla nostra salute, soprattuto per chi, come noi, mangia molta pasta.

Preoccupano, poi, le continue evidenze che il glifosato influenzi il nostro sistema endocrino. In un articolo pubblicato sulla rivista Chemosphere intitolato “Glyphosate and the key features of an endocrine disruptor: A review“, un trio di scienziati ha concluso che il glifosato sembra avere otto caratteristiche chiave su dieci associate a sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino. Non solo, sempre la stessa ricerca ha concluso che l’esposizione cronica a basse dosi dell’erbicida può avere un impatto sulla funzione ovarica. Ancora prima era stato l’istituto Ramazzini ad arrivare alle stesse conclusioni.

Non sono spaghetti per bambini

Oltre ai pesticidi abbiamo cercato la micotossina Deossinivalenolo, nota come Don, la “vomitossina” particolarmente pericolosa per i bambini: tutti i campioni sono al di sotto del limite di legge previsto per gli adulti (750 mcg/kg) anche se in tre casi – Garofalo, Agnesi e Lidl – le concentrazioni sono superiorial limite previsto per i bambini sotto i tre anni (200 mcg/kg): pur non essendo espressamente paste pediatriche, e quindi non costrette a rispettare quel limite più severo, a nostro giudizio sarebbe meglio non condividerle con i più piccoli.

La prova in cottura: i minuti mentono sulla pasta

Il nostro test si è concluso con le prove di cottura e con quelle organolettiche: abbiamo verificato innanzitutto se i tempi indicati sui pacchi erano sufficienti per cuocere in modo ottimale gli spaghetti. Il risultato è deludente: solo in 3 casi su 20 abbiamo avuto conferma dei minuti indicati. Negli altri campioni il tempo suggerito dai produttori è risultato scarso, di uno o due minuti. Il consiglio? Al di là delle indicazioni, prima di scolare la pasta assaggiatela.

fonte: Enrico Cinotti – ilsalvagente.it

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