Crac Divina Provvidenza: annullato l’arresto del senatore Azzollini

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BARI – Il Tribunale del Riesame di Bari ha annullato l’ordinanza di arresto nei confronti del senatore Antonio Azzollini, indagato nel procedimento della Procura di Trani sul crac della Casa della Divina Provvidenza. Accogliendo il ricorso della difesa del senatore, i giudici del Tribunale della Libertà di Bari hanno ritenuto la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento alle ipotesi di reato di associazione per delinquere e bancarotta fraudolenta relativa a 194 assunzioni ritenute dall’accusa inutili e dannose che avrebbero contribuito al crac dell’ente. I giudici hanno inoltre annullato l’ordinanza anche sulle esigenze cautelari ritenendole inesistenti.

«Giustizia dopo un anno»
Dopo la notifica dell’ordinanza (nel giugno 2015) il difensore di Azzollini, l’avvocato Felice Petruzzella, fece un primo ricorso al Riesame che fu rigettato. Nel dicembre scorso, però, la Cassazione aveva annullato con rinvio quel provvedimento e oggi i giudici baresi sono tornati ad esprimersi sul merito della vicenda dando ragione al senatore. Azzollini per questa vicenda non è comunque mai stato arrestato perché nel luglio 2015 il Senato respinse la richiesta di autorizzazione avanzata dalla magistratura tranese. «Azzollini non avrebbe dovuto essere arrestato» commenta il legale, esprimendo «soddisfazione» e ricordando «le polemiche e il clamore che suscitò la decisione del Senato di respingere l’arresto. A distanza di un anno – continua l’avvocato Petruzzella – è arrivata anche la giustizia».

Restano altri «gravi indizi»
È parziale e riguarda solo due reati su cinque la revoca, per carenza delle esigenze cautelari, del provvedimento (mai eseguito) di arresti domiciliari a carico del senatore Antonio Azzollini. La vicenda riguarda l’inchiesta della Procura di Trani sul crac della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie. I giudici del Tribunale del Riesame di Bari hanno annullato la misura cautelare con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di associazione per delinquere e per un episodio bancarotta, ma hanno invece confermato i gravi indizi di colpevolezza in relazione ad altre tre contestazioni: un episodio di induzione indebita a dare o promettere utilità e per due accuse di bancarotta. Il primo capo d’imputazione confermato dai giudici riguarda il fatto che Azzollini – secondo l’accusa – ha imposto all’interno dell’ente due persone di sua fiducia «deputate ad agire in suo nome e per suo conto quali amministratori di fatto», assumendo tra l’altro nei confronti delle suore «un atteggiamento di prevaricazione» e apostrofandole con frasi come «da oggi in poi comando io, se no vi p… in bocca». I due episodi di bancarotta confermati dal Riesame riguardano la presunta dissipazione delle risorse dell’ente tramite l’assunzione di un proprio consulente, con danno di circa 400mila euro in tre anni, e della figlia del suo braccio destro. Dopo aver confermato i gravi indizi di colpevolezza in relazione a questi tre reati, i giudici hanno revocato la misura per carenza delle esigenze cautelari.

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