di MARA CHIARELLI – bari.repubblica.it
A meno di due mesi dal suo ritorno in libertà si sono riaperte le porte del carcere per Savino Parisi, il boss del quartiere Japigia di Bari: era stato scarcerato a metà gennaio. L’arresto è avvenuto nella tarda serata di martedì da parte dei carabinieri con questa motivazione: se lasciato libero, può reiterare il reato di estorsione. Per questo motivo i giudici della Corte d’appello, su richiesta della Procura generale, hanno emesso un’ordinanza di custodia cautelare con la quale hanno ordinato l’arresto.
Gli stessi giudici, il 4 marzo scorso, hanno condannato Parisi a quattro anni e quattro mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso commessa ai danni di due imprenditori edili. La sentenza è stata emessa nel processo di appello bis celebrato nel confronti del boss, dopo che nei mesi scorsi la Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna a due anni e due mesi di reclusione perché i giudici avevano ritenuto che non fosse una estorsione ma violenza privata.
I fatti contestati si riferiscono al marzo 2009. Savinuccio sarebbe intervenuto per mettere fine alle richieste di danaro nei confronti di due imprenditori baresi da parte di pregiudicati, affiliati al suo clan, fatte quando lui era detenuto. In particolare, ai due imprenditori uomini del clan Parisi prestarono 400mila euro a tassi usurari del 500 per cento. La mediazione di Parisi – secondo l’accusa – consisteva nel far cessare le continue richieste di danaro in cambio di gioielli di famiglia degli imprenditori. Fu Savinuccio in persona a stimare il valore dei preziosi in 100mila euro, anche se un solo bracciale, in oro e diamanti, ne valeva almeno 70-80mila.
Savinuccio si mostrò “sconvolto” dalla storia di usura raccontata dalle vittime e disse a uno di loro: “Guarda, non ti preoccupare che adesso ci metto io una buona parola e li fermiamo“. E aggiunse: “Perlomeno, io non posso dirgli che muoiono là i soldi… Sono le più brutte persone che stanno sulla zona di Bari. Sono parenti, ma sono le più brutte che esistono“. Aggiungendo, però, che “l’avevano fatta grossa” e che queste persone sarebbero state fermate.
Questa vicenda costò a Parisi l’arresto nel dicembre 2012 a soli due giorni dalla scarcerazione per decorrenza dei termini nel processo Domino, in cui è tuttora imputato a piede per associazione mafiosa e traffico di droga. È stato quindi detenuto poco più di tre anni ed è poi tornato libero nel gennaio scorso dopo un’assoluzione decisa dalla Corte d’appello per un’altra presunta estorsione ai danni di un imprenditore.
“Questo arresto è la dimostrazione – commenta il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Vincenzo Molinese – di un impianto accusatorio della Dda che sfocia in una condanna, non ancora definitiva, perché non sono decorsi i termini d’impugnazione, che conferma la pericolosità di Parisi e delle accuse a suo tempo mosse nel corso delle indagini preliminari“.