Truffe alla Regione: dopo gli avvocati, nel mirino della Procura i giudici di pace

Dopo gli avvocati del libero foro accusati di aver truffato la Regione per 23 milioni di euro, adesso potrebbe toccare ai giudici di pace. E a chiunque altro abbia agevolato il gruppo che, per dieci anni, avrebbe drenato denaro dalle casse pubbliche attraverso migliaia di procedimenti-fotocopia passati sempre indisturbati.

L’inchiesta della Procura di Bari che mercoledì ha portato ai domiciliari sei persone (tra cui gli avvocati Michele Primavera, Oronzo Panebianco e Assunta Iorio, la cancelliera Giuliana Tarantini ed Enrico Primavera, figlio di Michele) sta infatti andando avanti: la Regione, che ha fatto aprire l’inchiesta a maggio 2018, ha presentato numerose altre denunce.

La Finanza, su ordine del pm Francesco Bretone e del procuratore facente funzioni Roberto Rossi, sta infatti esaminando un’altra serie di «coincidenze». Tra cui ci sarebbero i provvedimenti emessi da alcuni giudici di pace di circoscrizioni giudiziarie diverse da quella di Bari: decreti ingiuntivi concessi senza indicazione del titolo cui si riferiscono, oppure senza i dati anagrafici del debitore. Ingiunzioni che, in alcuni casi, gli stessi giudici di pace hanno revocato a molti mesi di distanza senza che nessuno lo chiedesse.

Dei sospetti della Procura di Bari si trova traccia nell’ordinanza firmata mercoledì dal gip Giovanni Abbattista, che ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo – definito «impeditivo» – «di tutti i fascicoli relativi alle cause pendenti, presso tutti i Tribunali d’Italia, tra gli indagati e la Regione Puglia». È una mossa che la Procura ha fatto per provare a bloccare il «giochino» (definito così dal gip Abbattista) con cui gli avvocati, partendo dalle indennità agricole mai corrisposte negli anni ’90, riuscivano a ottenere piccole somme (2-300 euro alla volta, migliaia di volte) a titolo di mora e spese legali. Un «giochino» andato avanti anche dopo le perquisizioni ordinate nel 2018. Il gip ha detto no al sequestro dei fascicoli perché «avallerebbe una sorta di delega in bianco al sequestro di qualunque fascicolo esistente sul territorio nazionale», ma ha dato atto che la Procura può, in ogni momento, eseguire un sequestro probatorio.

Per i 23 milioni ottenuti nel corso degli anni dalla Regione, a carico di Primavera, Panebianco, Iorio, dell’avvocato Francesca Fiore (interdetta per sei mesi), di Renzo Pedico (pure lui ai domiciliari), della Tarantini, di altre due cancelliere del Tribunale di Bari e altre nove persone il gip ha riconosciuto l’esistenza dei gravi indizi del reato di truffa aggravata

Ieri intanto Michele e Enrico Primavera e Oronzo Panebianco (i primi due difesi dagli avvocati Nicola Quaranta e Francesco Ruggero, il terzo dal solo Quaranta) sono comparsi davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia: hanno tutti scelto di non rispondere in considerazione del poco tempo a disposizione per esaminare le accuse. Oggi saranno sentiti gli altri tre arrestati.

Puglia, avvocati arrestati, le intercettazioni dopo gli articoli della «Gazzetta»: «Forse ora è meglio fermarci»

Da dove arrivano le notizie dei giornalisti? «Può darsi che qualcuno abbia lasciato la copia della denuncia sulla scrivania». Il 14 settembre 2018 la «Gazzetta» ha pubblicato un articolo  sulla truffa da 23 milioni alla Regione Puglia per le indennità agricole che ha messo in grande allarme gli avvocati finiti Michele Primavera e Oronzo Panebianco finiti ai domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere. La storia è raccontata nell’ordinanza con cui il gip del Tribunale di Bari, Giovanni Abbattista, ha riconosciuto l’esistenza di una frode.

E così alle 20,45 di quel giorno i due avvocati discutono al telefono dell’eventualità di mandare una rettifica alla «Gazzetta», il cui articolo descriveva il meccanismo ma non faceva nomi. Panebianco parla con Primavera: «Io i nomi non li metterei Michele, perché sennò veramente arrivano alle mani di qualcuno, cioè, almeno uno capisce chi sono… chi cazzo sono questi, è in Puglia, cioè, che ne so, è in Provincia di Bari, è Lecce, Foggia, che cazzo ne sai di dov’è? Quindi che io capissero pure, chi se ne frega, ma io i nomi non li metterei. Questo è, poi non lo so come la vedi tu. Io devo smentire al Pm non alla Gazzetta, che cazzo me ne frega a me della Gazzetta, che lo scrivessero… Facciamo come ha detto il presidente: “Avete fatto la lettera, quello spara, lascialo perdere, qua esposti non ce ne stanno, poi quando arriva l’esposto ragioniamo, ma mo è meglio star fermi”. Io ascolterei più il consiglio che ha fatto il presidente stamattina». La preoccupazione vera dei due è che il giudice davanti a cui dovevano comparire tre giorni dopo per una delle tante ingiunzioni mangi la foglia e blocchi tutto. Ma dopo l’udienza un collaboratore tranquillizza Panebianco: «Ciao. Senti, tutto a posto, lui non sa niente». L’avvocato chiede: «E vabbè e che fa, firma, non firma?”. E la risposta è tranquillizzante: «Sì, si, sì, ha già detto dì sì».

Ma l’attività di intelligence per capire da dove arrivino le informazioni della «Gazzetta» non si ferma. E così il figlio dell’avvocato Primavera, Enrico (anche lui finito ai domiciliari) racconta – annota il gip Abbattista – « di essere stato a pranzo con il “nemico” – da individuarsi ragionevolmente nell’avvocato che difendeva la Regione Puglia nei contenziosi in esame – subito dopo la conclusione di alcune udienze tenute nel nord Italia e di avere appreso dal medesimo qualche informazione». Anche il dominus dello studio, Michele Primavera, il 17 settembre appare molto preoccupato e discute con la collaboratrice Vanna Senese (anche lei indagata) di quello che stava accadendo. Tirando fuori una tesi abbastanza bizzarra: «Un reato addirittura o truffarti, come ha detto il giornalista. Dice: “Ma quello il giornalista come l’abbia saputa la notizia” – secondo lui – siccome è stata presentata la denuncia, capita – vedi poi che cazzo di interpretazione ha dato – capita che uno la copia della denuncia magari l’ha lasciata sulla scrivania, qualcuno se n‘è impossessato e ha voluto…».

La «Gazzetta» ha dedicato alla vicenda un secondo articolo, il 6 novembre 2018, in cui era raccontato che la Guardia di Finanza aveva acquisito gli atti nella sede della Regione. «Anche in questa circostanza – scrive il gip -, appresa la notizia, i prevenuti, nel corso delle conversazioni immediatamente intercorse, manifestavano la propria preoccupazione per l’operazione della Polizia Giudiziaria e ipotizzavano coralmente le contromisure da adottare»: «Abbassiamo un attimino i toni – dice Michele Primavera a Panebianco – fino che ci organizziamo, capito, andiamo con le spese legali per il momento, magari a gennaio aumentiamo».

Ma invece il meccanismo non si è mai inceppato, come scrive il gip motivando la necessità delle misure cautelari: «La Tesoreria regionale continua ad eseguire pagamenti per cifre importanti, in favore degli avvocati attenzionati nel presente procedimento». Almeno due milioni di euro solo negli ultimi 12 mesi.

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