Taranto, arrestato il Procuratore capo Capristo: induzione indebita e truffa «Tentò di pilotare una inchiesta»

Il procuratore di Taranto, il barese Carlo Maria Capristo è stato arrestato questa mattina nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Potenza, insieme ad altre quattro persone, tutte accusate per induzione indebita (art. 319 quarter) per aver tentato interferire con una inchiesta della Procura di Trani dove Capristo non operava più da qualche anno. Oltre all’alto magistrato sono finiti ai domiciliari un ispettore di Polizia, Michele Scivittaro, e tre imprenditori operanti nella provincia di Bari, i fratelli Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo. Indagato a piede libero anche il successore Di Maio, ex Procuratore di Trani, per abuso d’ufficio e favoreggiamento.

Secondo l’accusa, gli imprenditori avrebbero approfittato del loro legame con il capo della Procura di Taranto «per indurre un giovane sostituto della Repubblica in servizio nel tribunale di Trani – si legge in un comunicato del Procuratore di Potenza, Francesco Curcio – a perseguire in sede penale, senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e di diritto, la persona che loro stessi avevano infondatamente denunciato per usura in loro danno, in modo da ottenere indebitamente i vantaggi economici ed i benefici conseguenti allo status di soggetti usurati».

Un disegno sfumato a seguito dell’opposizione del giovane pm ad «aggiustare» il processo, da qui la denuncia dello stesso sostituto che ha collaborato all’indagine consentendo all’inchiesta di culminare con le misure cautelari di oggi.

Capristo e Scivittaro sono stati ritenuti responsabili di truffa aggravata per aver “falsificato” la documentazione attestante la presenza lavorativa dell’ispettore di Polizia presso la Procura di Taranto. Il procuratore, da quanto emerso, controfirmava le presenza del poliziotto e i suoi straordinario “mai prestati”: anziché lavorare a Taranto era a casa.

Capristo, un anno fa, era stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Messina nell’ambito di una inchiesta legata al (presunto) falso complotto ai danni dell’Eni: una vicenda complessa – per la quale un ex pm dei Siracusa ha patteggiato 5 anni di reclusione – che incrocia anche la Procura di Trani, sempre nel periodo in cui Capristo era capo dell’ufficio inquirente del tribunale del nord barese.

Le accuse a carico di Di Maio si riferiscono agli atti da lui eseguiti dopo aver avuto una relazione di servizio dal sostituto Silvia Curione «in ordine alle pressioni ricevute da un ispettore di Polizia (Michele Scivittaro) a nome di Capristo».
L’accusa di favoreggiamento – secondo la Procura della Repubblica di Potenza – si sostanziò nelle scelte di Di Maio di “procurare l’impunità di Carlo Maria Capristo», tenendo alcuni “comportamenti omissivi», cioè non verificando se il Procuratore di Taranto fosse coinvolto nella vicenda del processo a carico di una persona estranea all’accusa di usura. Di Maio è stato recentemente trasferito dopo una sentenza del Consiglio di Stato su ricorso dell’attuale procuratore Renato Nitti.

«La bambina mia“: così il Procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo – da stamani agli arresti domiciliari – si riferiva alla pm di Trani, Silvia Curione (ora in servizio a Bari) parlando con gli imprenditori che volevano un processo per usura a carico di una persona. Capristo – secondo l’accusa della Procura della Repubblica di Potenza – utilizzava l’immagine «bambina mia» per dimostrare a Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo «di avere autorità sulla Curione», che, invece, manifestò una «ferma opposizione» al tentativo di «aggiustare» il processo. La stessa Curione inviò una relazione all’allora Procuratore di Trani, Antonino Di Maio, raccontando che l’ispettore di Polizia, Michele Scivittaro, collaboratore di Capristo, era andato da lei per indurla a portare avanti l’accusa. Di Maio – secondo la ricostruzione degli investigatori – agì per «procurare l’impunità» di Capristo. Successivamente però la Procura generale di Bari avocò a sé l’inchiesta e la trasmise per competenza a Capristo alla Procura di Potenza.

«Respingo ogni accusa“: così, attraverso il suo legale, Angela Pignatari, il Procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, ha commentato l’ordinanza agli arresti domiciliari a suo carico. Capristo «nega decisamente – ha aggiunto Pignatari  – ogni addebito e rivendica la legalità, la dignità e il rispetto della funzione da sempre esercitati nel suo ruolo professionale e nella sua vita privata».

«Dalla lettura delle imputazioni riportate sul decreto di perquisizione notificato, si evince che trattatasi di contestazioni per fatti che non riguardano l’attività del nostro ufficio, che continua il suo operato con il massimo impegno e con la serenità di sempre». Lo sottolinea in una nota il procuratore aggiunto di Taranto, Maurizio Carbone, in merito all’inchiesta della procura di Potenza che ha portato agli arresti domiciliari l’attuale procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo, già procuratore a Trani. «Questa mattina – precisa Carbone – ho doverosamente comunicato a tutti i sostituti della Procura che è stata eseguita presso gli uffici del Procuratore Capristo una perquisizione su disposizione della Procura di Potenza che, a quanto appreso da notizie giornalistiche, ha anche dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari nei suoi confronti». Carbone spiega di «aver sentito la necessità» di riferire l’accaduto ai sostituti della procura ionica «nell’attesa di conoscere maggiori notizie sulla vicenda giudiziaria» e «nel doveroso rispetto delle attività di indagine in corso».

«A TRANI I SUOI FEDELISSIMI» –   Nella Procura della Repubblica di Trani c’erano «i fedelissimi» dell’allora Procuratore Carlo Maria Capristo.
La definizione è di un funzionario della cancelleria in una conversazione con uno degli imprenditori finiti oggi agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza. Il funzionario, rievocando il suo lavoro nell’ufficio di Capristo, dice: «Abbiamo fatto grandi cose».

In un altro passaggio l’ex funzionario (ora in pensione) spiega al suo interlocutore che «comandiamo noi ancora là» e parla di un «club» di persone legate a Capristo. Secondo il gip di Potenza, tale legame sarebbe anche «di natura “affaristica”, ossia orientato a privilegiare gli interessi personali dei suoi componenti». 

fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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