Tangenti per aggiustare indagini e sentenze, arrestati in Puglia due magistrati e un poliziotto

fonte: GIULIANO FOSCHINI e CHIARA SPAGNOLO – bari.repubblica.it

Aggiustavano processi e indagini in cambio di denaro. Tanto denaro. E tra le inchieste ‘sistemate’ c’era anche quella a carico di Luigi D’Agostino, imprenditore che per un periodo fu vicino a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo Renzi.

Sulla base di queste accuse sono finiti in carcere Antonio Savasta e Michele Nardi, magistrati che sono stati in sevizio alla Procura di Trani (rispettivamente come pm e gip) e attualmente lavorano a Roma, il primo come giudice e il secondo come sostituto procuratore, nonché Vincenzo Di Chiaro, un ispettore di polizia in servizio al commissariato di Corato.

Per gli avvocati Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola (dei Fori di Bari e Trani) è stata disposta l’interdizione dall’esercizio della professione per un anno mentre all’imprenditore barlettano D’Agostino è stato notificato un divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale e degli uffici direttivi delle imprese per un anno.

Le mazzette quantificate dalla Procura di Lecce ammontano a diversi milioni di euro, versate tramite consegne di denaro ma anche regali, orologi e pietre preziose, e svelano l’esistenza di un sistema in cui i magistrati piegavano l’uso della giustizia ai loro fini personali e in cambio chiedevano una corsia preferenziale per avvicinarsi a Palazzo Chigi e al Csm.

L’inchiesta è stata condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone de Castris e dalla collega Roberta Lucci. L’ordinanza è stata firmata dal gip Giovanni Gallo.

Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. L’avvocato Sfrecola e D’Agostino sono accusati di concorso in corruzione mentre altri indagati rispondono di millantato credito e calunnia.

L’ispettore di polizia arrestato, Di Chiaro, si sarebbe messo “al servizio dell’imprenditore coratino Flavio D’Introno (tra gli indagati) – a quanto viene riferito – quale momento indispensabile di collegamento con il magistrato Savasta per il complessivo inquinamento dell’attività investigativa e processuale da quest’ultimo posta in essere”.

La Procura di Lecce ha anche chiesto e ottenuto il sequestro di beni e conti corrente per un valore proporzionale a quello oggetto della corruzione. Nello specifico si tratta di 489mila euro per Savasta; 672mila per Nardi, al quale sono stati sequestrati anche diamanti e un Daytona d’oro; 436mila per Di Chiaro e la stessa cifra per Cuomo; 53mila per D’Agostino e Sfrecola.

“Il ricorso alla misura cautelare si è reso indispensabile tenuto conto del concreto pericolo di reiterazione di condotte criminose e del gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio”, ha scritto in una nota il procuratore di Lecce Leone de Castris. La Procura salentina ha indagato sulla vicenda in base all’articolo 11 del Codice di procedura penale poiché si tratta di reati commessi da magistrati in servizio nel distretto della Corte d’appello di Bari, su cui è competente la magistratura salentina.

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