Strage di Modugno, muore anche il titolare. I pm: “In quattro senza contratto nella fabbrica”

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bari.repubblica.it

Si aggrava il bilancio della strage di Modugno. E’ morto nel reparto di Rianimazione del Perrino, a Brindisi, Michele Bruscella, 43 anni, uno dei titolari della ditta di fuochi pirotecnici in cui venerdì scorso si è verificata un’esplosione. Sale così a nove il numero delle vittime. Due i feriti: restano gravi le condizioni di Vincenzo Bruscella, socio e zio di Michele, ricoverato nel reparto grandi ustionati dell’ospedale di Napoli. Altre due persone sono ferite, ma non in maniera grave. La famiglia Bruscella nella deflagrazione aveva già perso un altro componente, Vincenzo Armenise, cognato di Michele, che avrebbe compiuto quarant’anni il mese prossimo.

Intanto si muove anche il fronte delle indagini: potrebbe essere che a far finire tutto sia stata la musica. Perché stanno venendo fuori alcuni particolari che, trattandosi di prime ipotesi, sono ancora tutti da verificare. Ma che agli investigatori sembrano già abbastanza importanti per ricostruire quanto venerdì è accaduto nella fabbrica di fuochi pirotecnici. Nelle prime ore, immediatamente dopo le esplosioni, alcuni testimoni avevano parlato di un camion che stava caricando casse di fuochi da portare nel Lazio, vicino a Roma, per una festa patronale. Uno sfregamento, un attimo, e poi via. Nelle ultime ore sta però venendo fuori un’altra ipotesi. In attesa dell’esito ufficiale degli accertamenti da parte dei vigili del fuoco, in molti si stanno convincendo che la prima esplosione possa essere avvenuta in una casa matta dove si stavano provando alcuni fuochi e da lì sia partita questa catena di esplosioni, come fosse un enorme trick track, che ha travolto la fabbrica, fatto tremare Modugno e le città attorno e che ha scosso tutta l’Italia.

Nei verbali di sommarie informazioni raccolte dai carabinieri nelle prime ore dopo l’incidente (e ancora ieri gli uomini del comando provinciale hanno continuato per tutta la giornata ad ascoltare persone) non ce n’è ancora traccia, ma sembrerebbe che immediatamente dopo l’incidente alcuni hanno raccontato che in quel momento nella ditta Bruscella si stava provando una delle specialità della casa: i fuochi sincronizzati con la musica. Hanno poi aggiunto che fra la polvere pirica ci fosse un’attrezzatura di amplificazione. E che, dunque, potrebbe essere bastato inserire un jack audio per fare scattare la prima scintilla. E da lì scatenare l’inferno.

Saranno queste le risposte che nelle prossime ore i periti dovranno dare al sostituto procuratore Domenico Minardi, che ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Al momento l’inchiesta è ancora senza indagati, ma dovrebbe essere questione di ore: le forza di polizia hanno già identificato i soci della ditta, tra cui ci sono due delle persone ferite gravemente , che come atto dovuto dovrebbero essere avvisate di qualsiasi atto irripetibile. Il professor Francesco Vinci la prossima settimana effettuerà le autopsie: all’esame hanno diritto di assistere anche consulenti i delle parti.

Ma la causa dell’incidente è soltanto uno dei quesiti a cui devono rispondere gli investigatori che stanno lavorando al caso. Un altro punto è capire se l’azienda avesse tutte le autorizzazioni per effettuare quel tipo di lavoro. La prima risposta è: sicuramente sì. Bruscella è azienda storica e solida, venivano controllati con frequenza e a parte qualche problema non c’erano state negli anni grosse anomalie autorizzative.
In ogni caso i vigili del fuoco hanno sequestrato tutta la documentazione per le verifiche del caso. Il problema però è un altro. L’azienda aveva autorizzazioni e permessi per un determinata quantità di polvere pirica da poter gestire in sicurezza. Ma, come è evidente, non è stato possibile gestire nulla. Era un evento incontrollabile? Questa è la risposta che devono dare i tecnici. Che dovranno appurare anche se all’interno dell’azienda ci fosse più esplosivo di quello consentito. Non è escluso che con il surplus di lavoro di questi giorni, dovuto appunto al concentrarsi di feste patronali in tutta Italia, si sia accumulato troppo materiale.

E proprio questo sovraccarico di lavoro riguarda un altro punto centrale dell’inchiesta. I primi accertamenti dei carabinieri hanno riguardato la posizione lavorativa delle vittime e dei feriti. Erano regolarmente assunti i due indiani (Banga Harbaajan e Nigah Kumar) e il ragazzo albanese, Marja Samir. Tre delle vittime e uno dei feriti, gravissimo in ospedale, dai primi accertamenti non avevano però alcun rapporto di lavoro con la ditta. Per lo meno non stabile.

Ora, per scrupolo, i carabinieri stanno controllando se ci fosse qualche tipo di regolarizzazione a giornata, ma al momento non è ancora emerso nulla. Questo significa che lavoravano a nero? Salvo che non spuntino nelle prossime ore altri documenti, sì. Anche se, interrogate, hanno raccontato durante gli interrogatori che alcune di queste persone non lavoravano per l’azienda ma erano lì per caso: chi per salutare il cognato, chi per andare a trovare un amico. Una versione che dovrà però essere riscontrata perchè non convince in pieno gli investigatori: «È difficile che un venerdì mattina di luglio qualcuno vada a salutare un amico che lavora alla realizzazione di fuochi d’artificio», ragiona un alto inquirente. «È possibile che, visto il carico di lavoro, siano stati chiamati a dare una mano. Ma tutto è ancora da accertare».

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