Sistema Trani, l’ex giudice Nardi torna in libertà dopo due anni e mezzo

Revocati gli arresti domiciliari. Alla base della decisione c’è la cessazione delle esigenze cautelari, considerato che Nardi è sospeso dalla magistratura e che il processo di primo grado a suo carico si è concluso – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Ha ritrovato la libertà due anni e mezzo dopo l’arresto l’ex giudice tranese Michele Nardi, condannato a 16 anni e nove mesi per corruzione in atti giudiziari dal tribunale di Lecce e di recente coinvolto in una seconda inchiesta, questa volta della Procura di Potenza, per altri fatti simili commessi a Trani.

Il Riesame salentino ha disposto la revoca degli arresti domiciliari (imposti nel giugno dell’anno scorso, dopo un anno e mezzo di carcere), dopo che per due volte la Corte di cassazione aveva annullato il provvedimento del tribunale della libertà. Alla base della nuova decisione c’è la cessazione delle esigenze cautelari, considerato che Nardi è sospeso dalla magistratura e che il processo di primo grado a suo carico si è concluso: dunque non c’è alcun rischio di possibili contatti con i testimoni.

La questione disciplinare che lo riguarda, in realtà, è lontana dalla conclusione, visto che il procedimento incardinato a suo carico dal Consiglio superiore è sospeso fino a che c’è in corso quello penale e che attualmente Nardi risulta sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. Se dovesse ottenere l’assoluzione penale, il magistrato potrebbe chiedere gli stipendi arretrati e sarebbe immediatamente reintegrato.

All’epoca in cui fu arrestato (gennaio 2019) prestava servizio come sostituto procuratore a Roma, mentre al tribunale della stessa città lavorava il suo presunto complice Antonio Savasta, anch’egli condannato a Lecce (dieci anni in abbreviato). Savasta è tuttora ai domiciliari né ha presentato richiesta di revoca della misura, mirando probabilmente a scontare una parte consistente della pena e preparandosi al processo d’appello che inizierà il 12 luglio.

Non ancora fissato, invece, l’inizio del secondo grado per Nardi e gli altri imputati che avevano scelto il rito ordinario: l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, l’avvocatessa Simona Cuomo, Gianluigi Patruno e Ruggiero Sfrecola.

A Lecce l’ex giudice è stato condannato per aver preso denaro dagli imprenditori Flavio D’Introno e Paolo Tarantini, per aggiustare processi e indagini con la complicità di Savasta. Nel processo Nardi ha ribattuto punto per punto alla Procura di Lecce e cercato di minare la credibilità di D’Introno, che invece è stato ritenuto attendibile dal tribunale e, a seguire, anche dalla Procura di Potenza. Da lì stavano per arrivare altri guai, considerato che il procuratore Francesco Curcio e la pm Valeria Farina Valaori avevano chiesto per Nardi la custodia in carcere nell’ambito dell’inchiesta Amara.

Il gip Antonello Amodeo ha ritenuto che i fatti contestati siano troppo vecchi, però, e non sussistano più le esigenze cautelari. Nardi a Potenza è stato interrogato perché ritenuto molto vicino all’ex procuratore tranese Carlo Maria Capristo e legato a lui relativamente alla gestione di alcune questioni giudiziarie.

Rispetto alla sua posizione, i pm lucani hanno fatto un passo avanti rispetto ai colleghi di Lecce, ritenendo che sia stato proprio lui a chiedere favori a Capristo per conto di D’Introno ricambiandoli con il sostegno al procuratore nella corsa verso Taranto. Tutte le ipotesi dei pm sono state fermamente contestate da Nardi durante l’interrogatorio, nel quale ha parlato di “visite di cortesia fatte a Capristo” e ha escluso di essersi recato insieme a lui da Savasta per perorare la causa dei fratelli D’Introno.

Ha quindi confermato di avere scritto una lettera dal carcere a Capristo, “ma soltanto per chiedere il suo aiuto per farmi spostare dal carcere di Taranto”. Per la Procura di Potenza, invece, quelle parole (“Eccellenza si ricordi di me, non mi volti le spalle”) sono la richiesta fatte a chi, a suo tempo, avrebbe ricevuto il suo aiuto e dal quale Nardi si aspettava di essere ricambiato.

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