‘Ndrangheta al nord, 118 condanne nel maxi-processo Aemilia. Due anni anche a Vincenzo Iaquinta

fonte: bologna.repubblica.it

“Vergogna, ridicoli”. Si avvertono distintamente le urla di Vincenzo Iaquinta, ex volto della Nazionale di calcio e della Juventus, mentre il collegio dei giudici sta ancora procedendo con la lettura della sentenza Aemilia, che con le sue 118 condanne (su 148 imputati) ha conclamato l’esistenza di una ‘ndrina radicata al Nord. L’ex attaccante è stato condannato a due anni; per lui la Dda aveva chiesto sei anni, per reati di armi. Cade l’aggravante mafiosa.

L’ex calciatore avrebbe consapevolmente ceduto o comunque lasciato nella disponibilità del padre, Giuseppe Iaquinta (condannato oggi a 19 anni) armi legittimamente detenute e munizioni. Giuseppe Iaquinta, però, aveva ricevuto un provvedimento dal prefetto di Reggio Emilia, nel 2012, che gli vietava di detenere armi e munizioni, a causa delle segnalazioni relative alla frequentazione con alcuni degli indagati. Il padre quindi rispondeva, tra l’altro, di aver illegalmente detenuto le armi nella sua casa nel Reggiano, e il figlio di avergliele consapevolmente date o lasciate nella disponibilità.

Lo sfogo di padre e figlio, iniziato in aula, è continuato all’esterno:  “Il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese – ha insistito l’ex azzurro – Noi non abbiamo fatto niente perché con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente“. “Sto soffrendo come un cane, per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente“.

Per il legale di Vincenzo Iaquinta, Carlo Taormina, si tratta di “una condanna allucinante”. E “sconcertate” quella di 19 anni per associazione mafiosa al padre Giuseppe: “Non è comprensibile. Siamo indignati per questa decisione”. Per entrambe le posizioni, l’avvocato ha annunciato il ricorso in appello.

‘Ndrangheta in Emilia, 2 anni a Iaquinta. L’ex calciatore urla: ”Ridicoli, vergogna”

Al netto di alcune riduzioni di pena anche consistenti, (compensate peròda condanne più pesanti rispetto a quanto chiesto dall’accusa per altre posizioni) è quindi pienamente conclamata l’esistenza di una ‘ndrina attiva da anni in Emilia e nel mantovano con epicentro a Reggio Emilia, diretta emanazione della cosca Grande Aracri di Cutro, ma autonoma e indipendente da essa.

La Regione: “Realtà non più negabile”. “Adesso in Emilia-Romagna nessuno si volta più dall’altra parte”. E’ questo il commento dell’assessore regionale alla Legalità Massimo Mezzetti di fronte alla sentenza Aemilia. “Se in passato ci sono state sottovalutazioni o superficialità di analisi rispetto alla penetrazione delle mafie nel nostro territorio”, aggiunge Mezzetti, ora questo non può più accadere. “Chi lo dovesse fare si renderebbe complice di una realtà che non è più negabile. Questo lo si deve anche al grande impegno che la Regione ha profuso in questi anni fino al sostegno concreto allo svolgimento dei processi sul nostro territorio, alla nostra costituzione come parte civile e con la testimonianza, altrettanto importante, di una comunità regionale che si è schierata senza se e senza ma con gli inquirenti, la Magistratura e gli agenti delle forze dell’ordine impegnati nella battaglia per la legalità, a cui va il grazie di tutti noi. “Un plauso particolare- aggiunge Mezzetti- va al Presidente del Tribunale e ai Pm , per la mole di lavoro svolto e per i tempi relativamente rapidi con cui si è arrivati a questa sentenza di primo grado”.

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