Minervini: «La bomba a d’Ingeo ha colpito tutta la comunità»

Minervini: «La bomba a d’Ingeo ha colpito tutta la comunità»

fonte: https://www.molfettaviva.it – di Nicola Miccione

C’era Matteo d’Ingeo, il sindaco Tommaso Minervini («Quella bomba non era rivolta ad una sola persona, ma ad un’intera comunità»). E tanta gente, politici ma anche tanti ragazzi, ha invaso piazza Municipio per il primo appuntamento della neonata rete della legalità, a cui hanno aderito 34 sigle.

L’appuntamento, il primo proposto dall’appello alla città “È il tempo giusto”, diffuso all’indomani dell’ordigno esploso sulla porta di casa del coordinatore cittadino del Liberatorio Politico, è nato come un’iniziativa simbolica per manifestare il dissenso nei confronti della piccola e grande criminalità che affligge Molfetta (ma anche le altre località viciniore) con l’obiettivo di vedere, giorno dopo giorno, i propri obiettivi ampliarsi.

Sergio Amato, del presidio Libera Molfetta, ha detto: «La solidarietà non era sufficiente, abbiamo sentito la necessità di una risposta». Ed ancora: «Non vogliamo essere succubi e rassegnati, ma elementi attivi di una città come Molfetta, sotto lo scacco della criminalità». E questa prima iniziativa (un incontro spontaneo, senza colore e senza bandiere di partito) è ricchezza che cresce.

«Alla violenza degli ultimi giorni – ha proseguito Amato – noi opporremo la parola. Abbiamo costituito la rete della legalità, sotto il coordinamento di Libera, ma non possiamo andare avanti da soli. Vogliamo al nostro fianco, insieme alle 34 sigle che hanno sottoscritto l’appello, le istituzioni locali e le forze dell’ordine, ma anche i cittadini che possono fare la differenza. È il noi che vince, e noi insieme possiamo».

Poi, dopo l’intervento di Giordano Bufi, dell’associazione Tempi E Spazi Liberamente Attivi di Molfetta, che ha raccontato di «minacce e aggressioni fisiche subite da personaggi noti alle forze dell’ordine, all’interno della vecchia sede, nei loro confronti, colpevoli di “far troppa luce in quella strada”», e di don Nicolò Tempesta, parroco dell’Immacolata, ha preso la parola Matteo d’Ingeo.

«Abbiamo sottovalutato la prima bomba, quella del 1 marzo», ha detto l’ex consigliere comunale molfettese, già candidato sindaco, che ha raccontato fatti e prodotto documenti, delineando scenari a tratti inquietanti. E subendo intimidazioni. Una dietro l’altra: «Dal proiettile avvolto in un foglio di carta igienica con un messaggio di minacce recapitato il 23 luglio 2009 all’ultima bomba del 16 giugno scorso».

Alle botte e alle intimidazioni, il coordinatore del Liberatorio Politico è abituato, visto che metà della sua vita l’ha trascorsa cosi: tra denunce e minacce. «Ma adesso sono stufo di minimizzare», ha detto, prima di esprimere solidarietà «a chi abita accanto a me, ai miei vicini di casa, per due notti svegliati dal forte boato. E spero anche che la solidarietà dell’amministrazione comunale si traduca in fatti concreti».

«Faremo interventi di modificazione socio-urbana e sociale, ma a nessuno – ha chiarito Tommaso Minervini – è garantita la titolarità della legalità. Quella bomba non era rivolta ad una sola persona, ma ad un’intera comunità. Adesso vogliamo così predisporre una lettura dei fatti di un certo rilievo accaduti, intrecciandoli, al fine di rendere concreta la collaborazione con le forze dell’ordine e la magistratura».

Tra i tanti cittadini c’è chi pensa che ci vorrebbe una settimana di questi incontri per cambiare qualcosa, molti che ricordano come sia difficile per i cittadini denunciare l’illegalità. Ma ieri a Molfetta si respirava un’aria di risveglio, una pianta che va coltivata.

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Molfetta si stringe attorno a Matteo d’Ingeo. La legalità difesa in piazza Municipio

fonte: www.molfettalive.it – di Adriano Failli

Da una parte c’è la Molfetta che odia e attacca. Una città violenta che fa delle minacce il proprio linguaggio e degli attacchi alla persona fisica le proprie azioni quotidiane. Dall’altra parte c’è una Molfetta che risponde, si attiva, si organizza e difende semi valoriali che fanno fatica a germogliare. La Molfetta della legalità ha risposto presente e ieri si è radunata in Piazza Municipio, compatta, a sostegno di Matteo d’Ingeo.

Il fatto che ha riacceso la luce sull’argomento legalità è del 16 giugno, quando, in piena notte, un ordigno ha colpito l’abitazione di d’Ingeo, attivista molfettese e coordinatore del movimento “Liberatorio Politico”.

D’Ingeo, nella sua attività politica, che non svolge come professione, ha sempre provato a ricostruire vicende scomode che spesso mettono radici nel cuore del malaffare che risiede a Molfetta, accendendo talvolta la luce su fatti dimenticati da molti cittadini, o educando i più giovani. Alle sue battaglie, spesso le risposte sono arrivate con odio e atti intimidatori. Su tutti quello di poche settimane fa.

La controrisposta dei cittadini è stata immediata, costituendo in breve tempo una Rete per la legalità, sostenuta da trenta realtà del territorio che vanno da associazioni culturali, a movimenti e partiti politici, sindacati, scout, associazioni d’imprenditori. Infine, anche le istituzioni, nella persona del Sindaco Tommaso Minervini, non si sono tirate indietro dalla partecipazione. L’attività di questi giorni, che ha portato all’organizzazione della serata di ieri è stata riassunta da Sergio Amato, del presidio Libera.

Quattro interventi rappresentavano invece il cuore della discussione. Quattro storie. La prima è stata quella di Giordano Bufi e dei ragazzi di TESLA, più volte minacciati nella loro sede in via Ten. Ragno, perché promotori di un mondo nuovo in quel quartiere, fatto di musica e attivismo giovanile. “Accendevamo troppo la luce in un quartiere in cui ciò non era previsto” così Giordano, nel ricordare le parole di una signora, quando l’hanno interrogata tentando di comprendere come mai, dopo minacce e aggressioni fisiche, anche la proprietaria della loro seconda sede, che distava pochi metri dalla prima, aveva detto loro di andar via, che quello non era più il loro posto.

Seconda testimonianza è stata quella di don Nicolò Tempesta, parroco della parrocchia Immacolata, portatore del racconto della quotidianità, della difficoltà di poter realizzare le proprie attività, di far vivere il quartiere ai propri parrocchiani in maniera piena, senza difficoltà alcuna.

Poi è toccato a Matteo d’Ingeo, al suo racconto, alla paura di quelle ore e dei giorni successivi. “Abbiamo sottovalutato la bomba del primo marzo – così d’Ingeo, ricordando un primo episodio, con il portone della sua abitazione colpito da un primo ordigno – oggi però sono stufo di minimizzare. Adesso, la solidarietà, anche da parte dell’Amministrazione Comunale, si traduca in fatti concreti“.

Parola poi al sindaco, Tommaso Minervini, che riassume il senso dell’essere comunità in questa fase così delicata: “A nessuno è appaltabile la titolarità della legalità. La legalità o è corale o non è, deve essere una priorità per la cittadinanza. E questa si coniuga con la giustizia sociale. Quella bomba ha colpito l’intera comunità e ora vogliamo tradurre la drammaticità di questo fatto in una lettura di un certo livello, per una collaborazione concreta tra forza civili”. Tra le proposte, ha suscitato soddisfazione l’azione del presidente del Consiglio Comunale, Nicola Piergiovanni, di riattivare la Rete per i fenomeni delinquenziali. Un primo passo, come quello di ieri, per tornare a respirare aria buona a Molfetta.

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Presidio di Libera Molfetta

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