Le minacce al giudice Aielli e le “agromafie”

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 di M.L. Scala

Chi è il giudice Lucia Aielli, e perché sono stati affissi inquietanti manifesti a Latina, nei pressi del liceo frequentato dalle figlie, con la falsa notizia della “prematura scomparsa” del magistrato?

Il giudice è titolare del processo sulle infiltrazioni delle famiglie di ‘ndrangheta a Fondi, terminato con la condanna di 23 persone a 110 anni di carcere. Fondi è un paese del basso Lazio dove clan composti da casalesi, camorristi, ‘ndranghetisti e mafiosi catanesi controllano il trasporto e la commercializzazione della frutta.

E’ proprio dall’interno del MOF (Mercato Ortofrutticolo di Fondi), uno dei più importanti d’Italia, che le famiglie mafiose hanno creato una sorta di monopolio del trasporto su gomma e commercializzazione della frutta in Italia e verso i mercati europei.

La DIA, la magistratura e la squadra mobile con un paziente lavoro d’indagine, attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche e grazie ad alcune rivelazioni di collaboratori di giustizia, hanno scoperto che chiunque non si serviva degli automezzi dei clan per trasportare frutta e ortaggi veniva intimidito con la minaccia di attentati o con la paura di non potere più operare nel mercato di Fondi.

Molte agenzie di trasporto hanno persino rinunciato a effettuare trasporti in alcune parti d’Italia. Nel corso delle indagini è emerso che le mafie utilizzano proprie ditte come copertura per il trasporto di droga, armi, per il riciclaggio di denaro sporco e lo stoccaggio della cocaina.

In Campania il fenomeno s’intreccia con altre tipologie di reato quali lo smaltimento illegale dei rifiuti e il conseguente inquinamento dei terreni e delle falde acquifere. La camorra infatti investe i capitali illeciti acquistando aziende agrarie, vasti appezzamenti di terreno e diversi caseifici. I clan mafiosi avrebbero monopolizzato anche l’attività di vari servizi del mercato quali il facchinaggio per il carico e lo scarico di frutta ed ortaggi, il parcheggio, il trasporto e persino la vendita di cassette di legno e materiale da imballaggio. Partendo dal Lazio, le mafie hanno quindi messo in campo strategie di controllo criminale dell’economia e del territorio, ostacolando le imprese sane che vivono nella legalità.

I clan eserciterebbero, secondo i magistrati, pressioni per l’imposizione dei prezzi e delle forniture: decidendo i prezzi di vendita all’ingrosso a cui i commercianti e gli ambulanti devono attenersi, eliminano di fatto ogni forma di concorrenza.

Basti pensare che la mafia è proprietaria di tantissimi pozzi d’acqua abusivi in Sicilia e se gli agricoltori vogliono innaffiare i propri campi, o pagano o restano a secco. La mafia indica agli agricoltori persino le falegnamerie nelle quali acquistare le cassette per gli ortaggi e le officine nelle quali comprare e riparare i mezzi agricoli.

Cosa nostra gestisce l’agricoltura, la camorra gestisce i trasporti su camion, la ‘ndrangheta i mercati di Milano e Fondi e la sacra corona unita gestisce il lavoro nero degli extracomunitari in Puglia.

E a perderci, a causa delle infiltrazioni malavitose sono gli anelli deboli della catena: braccianti, produttori e consumatori.

Una situazione insostenibile che chiede un’immediata presa di coscienza da parte delle istituzioni. Anche perché i danni al sistema sociale ed economico sono molteplici, dal pericolo per la salute dei consumatori all’alterazione del regolare andamento del mercato.

 

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