«L’antimafia sociale è al capolinea». Onofrio Romano: la penetrazione del crimine si insinua nel ventre delle città

«La grande stagione dell’antimafia sociale che abbiamo vissuto negli anni Novanta è ormai al capolinea. Il popolo lasciato solo viene preso dai poteri cattivi che ne carpiscono la benevolenza». È questo, in sintesi, il pensiero di Onofrio Romano, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bari, sull’episodio della intitolazione ad una famiglia ritenuta vicina ad ambienti malavitosi di una mongolfiera lanciata durante la festa patronale di San Rocco a Valenzano.

«Questa vicenda mi ha colpito come cittadino prima ancora che come studioso. – ha detto Romano – Vivendo ad Adelfia, una cittadina a pochi chilometri da Valenzano, sono rimasto impressionato pensando che nel luogo dove risiedo accadono ancora queste cose. La penetrazione della criminalità organizzata è ancora capillare e infesta il popolo, si insinua nel ventre delle città e delle popolazioni. Sembra un chiaro segno che la grande stagione dell’antimafia sociale che abbiamo vissuto negli anni Novanta è ormai al capolinea». Secondo il sociologo barese «quella stagione dal punto di vista politico e sociale non ha dato grossi frutti. La stagione dei sindaci nuovi e della Puglia migliore ha lasciato pochi segni sul terreno. C’è oggi un forte disincanto e una forte disillusione e non si vede più una reazione da parte del tessuto civile di fronte a certi fenomeni. Quel tentativo che ha coinvolto tutto il sud e in particolare la Puglia di avviare una stagione nuova di attivismo politico, di protagionismo dal basso da parte dei cittadini, sembra oggi compromesso».

Per Romano «la presenza criminale e, soprattutto, il fatto che una famiglia di quel genere si senta autorizzata a compiere un simile atto, significa che sono caduti gli anticorpi, che non ci sono più forze sociali che siano capaci di contrastare quel fenomeno. In questi anni ho cercato in molti modi di mettere in risalto le ragioni di questo fallimento – continua, spiegando, il sociologo barese -. Quella energia politica che si è sviluppata a partire dagi anni Novanta soprattutto nel Mezzogiorno si è incanalata in percorsi politico-istituzionali di tipo giacobino. Questo significa che i governi hanno interpretato la loro azione come una riforma dall’alto, di conseguenza le forze dal basso si sono ritirate come garantite da governi illuminati. Poi però questi governi sono risultati decollati, non hanno pensato ad una azione che potesse coinvolgere quelle energie sociali. In molti comuni pugliesi la dinamica è stata sempre la stessa: una forte energia popolare scatenata all’origine, poi – dal momento che questa stagione è stata caratterizzata da una retorica della disintermediazione – questi governi non hanno avuto più nessun collegamento con la base».

Dal punto di vista di Romano, quindi, venuti meno i partiti e i corpi intermedi della società, «i vertici istituzionali non hanno avuto nessuna occasione per essere rinnovati come espressione di una base sociale». Abbiamo avuto governi illuminati – insiste Romano – ma questo non basta. Occorre che dentro la società si insinuino corpi intermedi sani per contrastare i corpi intermedi cattivi che hanno resistito alla stagione dei nuovi sindaci e della Puglia migliore. Ora, mancata l’attivazione dal basso di quell’energia che non è stata strutturata, hanno avuto la meglio».

Una stagione che pur tuttavia ha dato vita a numerose associazioni antimafia le quali, però, «si sono professionalizzate e non sono più calate in realtà sociali, – secondo Romano – coinvolgendo una serie di attivisti virtuosi che si dedicano ad attività specializzate mentre il popolo è lasciato solo. Le politiche virtuose non possono essere lasciate sole ma devono coinvolgere altrimenti vengono rigettate. È ciò che accade quando la virtù si insedia puramente al vertice e le classi popolari vengono prese invece dai poteri peggiori che riescono a carpirne la benevolenza».

Nel caso di Valenzano, inoltre, la vicenda ha avuto risalto per caso: ad assistere ai festeggiamenti del santo patrono c’era un parlamentare. «Questi episodi avvengono nell’ombra – dice Romano – e non sappiamo più dove sta l’anima del popolo. Il cittadino può denunciare e diventare coraggioso, opporsi a fenomeni deleteri come questi, solo se si sente parte di una massa di persone che va nella stessa direzione. Se non c’è questo tipo di organizzazione, la paura diventa endemica perché il cittadino è solo e non può fare altro che tacere o essere connivente».

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