I residuati bellici nelle acque di Molfetta: parla il Comandante Acquatico

di Lorenzo Pisani – Molfettalive

L’intervista al Capitano di Fregata della Marina Militare, coordinatore delle operazioni di sminamento del porto.

Una bomba d’aereo da 500 libre (circa 227 kg) di fabbricazione americana è stata fatta esplodere ieri nelle acque al largo di Molfetta.

A coordinare l’operazione, il Capitano di Fregata Giambattista Acquatico, Comandante del Nucleo S.D.A.I. (Sminamento e Difesa Antimezzi Insidiosi) alle dipendenze del Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dello Jonio e del canale d’Otranto (Maridipart Taranto).

Il brillamento di ieri fa parte dell’ampia operazione di sminamento del porto, la cui bonifica procede a ritmi serrati. Ogni giorno i palombari E.O.D. (Explosive Ordinance Disposal) del Nucleo S.D.A.I. s’immergono nelle acque del porto alla ricerca degli ordigni lasciati in dote dalla Seconda Guerra Mondiale. Il tutto attenendosi scrupolosamente al protocollo, un protocollo collaudato dall’esperienza decennale del Nucleo.
E’ un lavoro silenzioso quello degli uomini di Acquatico, ma costante: individuazione, messa in sicurezza, accantonamento nei fusti e brillamento.

Il tutto a stretto contatto con gli uomini della capitaneria al comando del Capitano di Fregata Antonio Cuocci. Un’operazione – come dirà lo stesso Comandante – che procede più veloce delle stime. Ma non è l’unico aspetto trattato nell’intervista. Residuati bellici, modalità di sminamento, Torre Gavetone e iprite: parla il Comandante Acquatico.

Siamo giunti al sesto brillamento, come procede lo sminamento del porto?
«Abbiamo avuto mandato di bonificare 54 posizioni geografiche; dopo 24 giorni ne abbiamo completato 19. Il numero di ordigni sino ad ora rimossi è compreso tra 200 e 300, mentre 850 è il numero totale, stimato in sede di prospezione iniziale affidata ad Impresa civile. Continuando con i numeri attuali, gli ordigni bonificati potrebbero essere anche più del doppio della stima (1700). Quello di oggi, una bomba d’aereo di fabbricazione americana denominata “Demo” non risultava fosse presente nel bacino».

Si ha una stima della durata dei lavori?
«La durata dell’operazione era stimata in 135 giorni, ma terminerà prima perché stiamo anticipando i tempi. La percentuale d’avanzamento dei lavori, infatti, è del 35% a fronte del 19% preventivato. L’anticipo sui lavori è dovuto sia allo stato del mare, che consente agli addetti ai lavori di esprimere tutte le potenzialità operative, sia ad una precisa strategia d’intervento, prescelta dal “Direttore delle Operazioni”, e che, al momento, sta privilegiando la bonifica delle aree in cui non è stata ipotizzata/rilevata la presenza di ordigni a caricamento speciale (aggressivo chimico e w.p.). Ci si augura di poter conservare parte dell’anticipo guadagnato ma è fortemente probabile che, con il progressivo inevitabile contatto con gli ordigni a presunto caricamento speciale, le operazioni abbiano un fisiologico rallentamento. L’obiettivo, pertanto, resta quello di rispettare i termini ipotizzati in sede di preventivo e cioè concludere questa prima fase della bonifica in 135 giornate di effettivo lavoro subacqueo».

I residuati bellici non sono solo presenti nel porto, ma su tutta la costa, compresa la spiaggia libera di località Torre Gavetone. Lo sminamento riguarderà anche questi siti?
«L’operazione di bonifica in corso, denominata “Bonifica del Basso Adriatico”, prevede lo sminamento del tratto di mare a sud del Gargano. Molfetta ha avuto la massima priorità perché era già nota la presenza di ordigni e per i lavori di costruzione del nuovo porto commerciale. Dopo le 54 zone di cui si compone l’operazione in corso, si procederà allo sminamento di un’altra zona posta all’imboccatura del porto, denominata “zona rossa” e dell’area di Torre Gavetone. Successivamente la bonifica riguarderà le zone di Otranto, Manfredonia e il porto vecchio di Bari».

Torre Gavetone è sinonimo di iprite, sostanza chimica contenuta negli ordigni presenti sui fondali. Finora ne sono state trovate tracce?
«La maggioranza degli ordigni rinvenuti dall’inizio delle operazioni è del tipo a “caricamento ordinario”, vale a dire con esplosivo convenzionale. Alcuni pezzi contengono fosforo e un’altra piccola parte è a caricamento chimico. Per il momento non sono state rilevate dispersioni in mare di componenti chimici. Non ho ancora constatato personalmente la situazione in località “Torre Gavetone”: da civile, e non da ufficiale, posso dire che in attesa di un responso ufficiale sarebbe meglio interdire quella zona. Per quello che mi è stato riferito, nella zona durante la guerra era operante una fabbrica di sconfezionamento di ordigni. Questi ordigni sono stati depositati a strati sul fondale e poi ricoperti da cemento. In passato si è provveduto ad una piccola operazione di bonifica per un tratto di costa 250 metri alla profondità di 50. Resta da vedere se attorno a quell’area ce ne siano altre interessate dalla presenza di ordigni».

Cosa è l’iprite?
«L’iprite, detto anche gas mostarda, è un aggressivo chimico vescicante, cioè penetra in profondità nella pelle e nei tessuti provocando vesciche e viene assorbito dal sistema linfatico. Provoca la morte per contatto, o inalazione, di un’elevata quantità. Finora in questa bonifica non sono state rilevate bombe caricate ad iprite».

Tornando al brillamento, a cosa si deve la scelta del mare a favore di un’esplosione in cava?
«In generale gli ordigni a caricamento ordinario trovati in acqua sono fatti brillare in acqua, mentre quelli a caricamento speciale sono accatastati in acqua e fatti brillare all’interno di una cava. Nel caso, invece, di bombe caricate con fosforo o altre sostanze chimiche si procede allo smaltimento e stoccaggio secondo il protocollo. Il brillamento in mare è molto più sicuro di quello in cava. Innanzitutto non viene attuata alcuna procedura d’evacuazione della popolazione entro il raggio di 1 km dall’ordigno con conseguente blocco del traffico e non vi è alcun pericoloso tragitto in strada di un eventuale convoglio; l’ordigno non viene mai fatto esplodere in loco, ma spostato nel punto più profondo di un’area sabbiosa e fangosa (per meglio assorbire eventuali danni) e mai fatto esplodere sul fondale, ma in posizione sospesa. L’acqua, inoltre, elimina il pericolo di proiezione delle schegge. Nell’esplosione di oggi sono rimasti uccisi solo sei sgombri e una trentina di sardine, una percentuale irrisoria. La Capitaneria di Porto si assicura che nei punti scelti per far brillare gli ordigni non vi siano condutture, né cavi elettrici sommersi. In sei anni ho distrutto milioni di ordigni, rare volte c’è stato un danno quantificabile».

Sono stati avanzati dubbi sul coinvolgimento nelle operazioni dell’Arpa e dell’Icram: cosa risponde?
  «L’operazione di sminamento in corso è scaturita da un protocollo d’intesa sottoscritto da Regione Puglia, Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) Puglia e Icram (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare). Ovviamente la conduzione e la direzione delle operazioni spetta al Nucleo SDAI della Marina Militare Italiana, compresa la messa in sicurezza del poligono. Stiamo lavorando in sinergia con l’Assessorato Regionale all’Ambiente e infatti le operazioni di prospezione subacquea (la ricognizione dei fondali marini per l’individuazione del residuati bellici) sono state affidate all’Arpa. La bonifica diverrà effettiva solo dopo l’autorizzazione dell’Icram
Infine, desidero precisare che i successivi lavori di prospezione a carico della così detta “zona rossa” sono stati affidati alla responsabilità dell’Icram (non dell’Arpa) che si farà, altresì, cura di validare i lavori di bonifica effettuati, attraverso un’ulteriore ricognizione magneto-acustica dei fondali. Solo la positiva conclusione di quest’ultima fase, consentirà l’avvio dei lavori di escavazione dei fondali destinati alla realizzazione del nuovo porto commerciale».

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