I favori dell’ex gip: “Ora sta in galera però tra dieci giorni lo faccio uscire”

Giuseppe De Benedictis si trovava in campagna con il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino e parlava di un altro militare arrestato. E così telefonò a una collega per chiedere notizie e sollecitare gli arresti domiciliari – fonte: Cenzio Di Zanni, Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
 
« Ora sta in galera, tra dieci giorni lo faccio uscire… Ringraziasse a me »: parlava così l’ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis il 23 gennaio 2021, mentre si trovava in campagna con il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino. Discutevano di un altro militare, che era stato arrestato e per il quale il magistrato effettuava una telefonata a una collega, per chiedere lumi sulla sua posizione e sollecitare l’applicazione degli arresti domiciliari al posto della custodia in carcere.
L’intercettazione – esplicativa di un metodo che sarebbe stato utilizzato a ripetizione da De Benedictis per avere notizie su indagini e processi degli amici – fa parte degli atti depositati dalla Procura di Lecce insieme all’avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico dell’ex giudice, di Serafino e dell’imprenditore andriese Antonio Tannoia. Sono accusati di detenzione abusiva di armi, nell’ambito di un’indagine condotta dalla Squadra mobile di Bari e coordinata dai pm Roberta Licci e Alessandro Prontera, che fa il paio con quella per corruzione, già diventata processo, in cui De Benedictis è imputato insieme ad altre otto persone, per le quali il 29 marzo sarà pronunciata la sentenza.
 
L’inchiesta sulle armi, invece, è appena conclusa e gli inquirenti si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio. In questa prima fase vengono contestati solo reati relativi alla detenzione delle armi e non alle forniture, che sarebbero avvenute attraverso diversi canali, alcuni dei quali riferibili anche a dei militari, come si evince da altre conversazioni intercettate. I riferimenti alle armi acquistate sono infatti molteplici, per esempio « una 81 senza numeri (con matricola abrasa ndr) » che De Benedictis avrebbe consegnato a Tannoia per custodirla nel « pozzo » ovvero in quella camera blindata ricavata in una depandance della masseria di Andria, nella quale la polizia, nell’aprile 2021, ha trovato e sequestrato oltre 200 pezzi illegalmente detenuti. Lì – con la staffetta di almeno cinque carabinieri (così sosteneva il giudice) – alcuni mesi prima erano stati portati « cinque cosi a nastro, tre mitragliatrici, tre fucili mitragliatori, cinquantatrè pistole mitragliatrici e ottantadue pistole».
Materiale che in parte il magistrato era riuscito a procurarsi grazie all’intermediazione di Serafino, il quale – secondo le indagini della polizia – aveva contatti con personaggi vicini ai clan di Bitonto. Per contraccambiare, De Benedictis avrebbe a sua volta aiutato Serafino in diverse circostanze. Tra i favori chiesti dal militare ci sarebbe stato anche quello di intercedere per un collega, un sergente dell’Esercito sorpreso a buttare rifiuti in maniera irregolare, che, per evitare una multa, aveva investito un vigile urbano. L’uomo era stato arrestato e subito dopo Serafino si era rivolto all’amico magistrato, che aveva telefonato in ufficio e poi rassicurato: « Tra dieci giorni lo faccio uscire».

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