«Gli appetiti dei clan sui ristori Covid»

Il procuratore Nitti: gli imprenditori deboli rischiano di diventare ostaggio della criminalità di Giovanni Longo – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Potere finalmente contare su una polizia giudiziaria strutturata sul territorio per fronteggiare al meglio una criminalità organizzata che non è affatto di serie B; le mire dei clan della Bat sulla pioggia di fondi pubblici legati all’emergenza sanitaria; gli strascichi lasciati dalle inchieste su ex magistrati tranesi e i relativi riflessi sulla stessa credibilità delle toghe viste dai cittadini. Qui, nella provincia di Barletta-Andria-Trani si registra anche un’esplosione dei reati predatori che incidono così tanto sulla percezione di sicurezza: la Bat è la prima tra 107 province italiane per furti di auto, terza per gli omicidi volontari, quarta per i tentati omicidi, tra le prime dieci per rapine in abitazione ed estorsioni e tra le prime dieci anche per indice di infiltrazione criminale. Insomma, «Una provincia depredata e fortemente esposta alla infiltrazione criminale, eppure, questo territorio nell’agenda nazionale delle emergenze criminali semplicemente non esiste» ha detto il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti.

Procuratore, con la sua nota qualche giorno fa ha gettato un bel sasso nello stagno.
«È da ottobre che scrivo a tutte le Istituzioni nazionali e locali dopo avere verificato, da una parte, la gravità della situazione criminale e, dall’altra, l’obiettiva condizione della rete dei servizi di polizia giudiziaria sul territorio stremata e insufficiente al pari degli organici degli uffici giudiziari. Il personale amministrativo in servizio nella Procura di Trani è costituito da meno della metà delle unità di personale amministrativo previste in pianta organica. Nessun ufficio giudiziario in Puglia ha una situazione così grave».

Alcuni investigatori vengono presi «in prestito». Quante energie si disperdono così?
«A Bari già lavorano tantissimo anche per noi e sono molto grato per il grande impegno e la professionalità dell’azione investigativa. Ma questo territorio merita, quanto prima, strutture proprie autonome e distinte di livello provinciale. Ho segnalato il tema alla Commissione parlamentare antimafia, che sta dedicando attenzione alla Bat».

A che punto siamo?
«In teoria il mese prossimo dovrebbe partire la Questura ad Andria, e poi a seguire il comando provinciale Carabinieri a Trani, il comando provinciale della Guardia di finanza su Barletta. L’importate è che questi uffici vengano dotati di risorse nuove parametrate a una realtà criminale che non può essere quantificata e valutata nella sua qualità tenendo conto solo della statistica giudiziaria».

Quali sono le conseguenze sul piano investigativo di questi ritardi?
«Non si tratta di istituire uffici purché siano, ma di adeguare polizia giudiziaria e uffici giudiziari all’emergenza criminalità organizzata esistente. Occorre una Questura con una squadra mobile dimensionata rispetto alle esigenze, per esempio. Non possiamo chiedere più di quanto facciamo ai pur validi gruppi della Guardia di Finanza a Barletta e Carabinieri Barletta, per dirne un’altra. Ci vogliono comandi provinciali e specifiche squadre investigative di livello provinciale. Di positivo c’è la grande collaborazione con la DDA della Procura di Bari. Credo che il sistema della rete tra le due istituzioni, con la supervisione della Procura generale sia vincente. L’antimafia del Noi, fare squadra tutti insieme porta risultati».

E la Bat già vanta il triste primato delle aggressioni a istituzioni e investigatori.
«Il fenomeno nella Bat ha dimensioni straordinarie. Non è possibile al momento dare una lettura unitaria. In alcuni casi, risalenti nel tempo, si trattava anche di malavitosi che reagivano alle iniziative di singoli appartenenti alla polizia giudiziaria. In questo territorio magari anche soltanto per una questione personale si mette in conto di piazzare una bomba al Commissariato o incendiare l’autovettura di un maresciallo. Ma il fenomeno degli incendi delle auto è piuttosto esteso».

In che senso?
«Soprattutto a Molfetta, Bisceglie, Terlizzi, incendiare un’automobile come risposta a una lite, come reazione a un “torto” è molto spesso uno strumento per comporre controversie individuali: della serie “se ho un problema gliela faccio pagare incendiando la macchina”. Tutto questo allarma molto il cittadino».

Che caratteristiche presenta la criminalità della sesta provincia pugliese?
«Ho rianalizzato l’attività dei gruppi criminali attivi nella Bat con il supporto dei migliori investigatori della Bat: frequentemente ho trovato episodi in cui non operavano soltanto autoctoni. C’era spesso il concorso con calabresi, campani, foggiani, cerignolani, baresi».

Il minimo comune denominatore dei clan della BAT?
«Vocazione al profitto, capacità di fare collegamenti anche con altre criminalità, di fare rete con soggetti interni alle istituzioni, e quando questi non si piegano a certe logiche anche capacità di attaccarli in modo diverso. Ce lo dice, tra gli altri, una delle figure storicamente più importanti della criminalità di questo territorio, Salvatore Annacondia che dinanzi alla commissione antimafia disse sostanzialmente che la malavita pugliese è assolutamente all’avanguardia rispetto a tutte le altre mafie nazionali perché ha avuto la duttilità di “rubare” dalle altre mafie gli strumenti, il know how che serviva per conseguire i profitti».

Più volte ha utilizzato l’espressione «Provincia depredata». Cosa intende?
«C’è chi letteralmente non soltanto spoglia questo territorio, ma lo apre alle incursioni predatorie di altre criminalità: chiediamo di essere messi nelle condizioni di potere contrastare questo fenomeno».

Quanto incidono ancora sulla credibilità della magistratura gli scandali che hanno travolto suoi colleghi?
«Il primo dato che vorrei evidenziare è che quegli scandali sono emersi grazie all’attività di altri magistrati, alle segnalazioni di magistrati tranesi ed all’impegno dei colleghi leccesi. Un dato fondamentale. Al momento del mio insediamento ho avvertito il peso incredibile sopportato da tanti magistrati che lavorano duramente e in silenzio. Comprensibilmente tutto questo ha indebolito la difficilissima azione della prevalente restante parte della magistratura, il cui impegno risulta così ancora più difficile, scomodo, in perenne debito di ossigeno, dell’ossigeno della credibilità».

Covid ed emergenza sanitaria. Dal suo osservatorio c’è già chi sta cercando di insinuarsi tra le maglie degli aiuti pubblici?
«Ci sono due piani. Uno è quello delle risorse che si stanno distribuendo e dunque il tema è la possibilità che la criminalità organizzata possa accaparrarsi di queste risorse. L’altro fronte è quello della rete delle imprese del territorio, una rete molto vivace e quindi molto appetibile e vulnerabile. Per questo la preoccupazione e l’attenzione maggiore vanno rivolte proprio a tutti gli indicatori che consentono di concludere che in questo momento gli imprenditori deboli possano essere ostaggio della criminalità organizzata».

C’è il rischio che su questa emergenza le Procure agiscano con metodi investigativi diversi pregiudicando il risultato delle indagini?
«Ho la fortuna ed anche il privilegio di poter contare sul confronto con gli altri Procuratori della Repubblica di questa Regione oltre che sul coordinamento delle due Procure Generali, una rete che può dare i suoi frutti proprio nel contrasto dei reati per accaparramento delle risorse stanziate per l’emergenza epidemiologica».

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