Giudici di Trani, battaglia tra Procura di Lecce e il pm Seccia

L’accusa: Il pm fu corrotto, ma i fatti sono prescritti. La difesa si oppone: mai preso soldi – fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Le accuse di violenza privata e millantato credito sono cadute per mancanza assoluta di indizi. Ma c’è un’altra ipotesi, più grave: una corruzione in atti giudiziari che la Procura di Lecce ha ritenuto «certamente consumata» ma troppo risalente per essere mandata a processo. È quella che riguarda l’ex pm antimafia Domenico Seccia (ora sostituto pg in Cassazione), in concorso con il commercialista barese Massimiliano Soave e l’imprenditore Flavio D’Introno. L’accusa ne ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per prescrizione da parte del gip Cinzia Vergine, ma il magistrato barlettano ha presentato reclamo: punta infatti a ottenere una assoluzione piena.

La vicenda è approdata lunedì scorso davanti alla Seconda sezione del Tribunale di Lecce. Il giudice Bianca Maria Todaro, registrato il parere contrario della Procura di Lecce (che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del reclamo), si è riservata di decidere: Seccia (difeso dall’avvocato Raul Pellegrini di Foggia) ha presentato una lunga memoria e ha dichiarato di voler rinunciare alla prescrizione.

La vicenda nasce, come tutto il filone di indagine sui magistrati di Trani (l’ex gip Michele Nardi, gli ex pm Antonio Savasta e Luigi Scimè), dalle «confessioni» di D’Introno. L’imprenditore (che alla vigilia di Pasqua è tornato in carcere) ha raccontato che il commercialista Soave fu il «trait d’union» con Seccia, agganciato nella sua veste di giudice tributario della commissione provinciale di Bari, «per risolvere in termini favorevoli al D’Introno e ai suoi familiari le controversie con l’Agenzia delle Entrate del valore di circa 30 milioni di euro complessivi». Tutto questo – sempre secondo l’accusa – a fronte di «rilevanti somme di denaro, somme versate dal D’Introno e “spartite” tra Soave e Seccia». Secondo la Procura di Lecce, «la ricostruzione offerta dal D’Introno risulta sul punto suffragata da molteplici elementi di riscontro documentali», a partire dalle sentenze tributarie di primo grado (Seccia risulta «relatore della quasi totalità delle sentenze») che sono state «tutte poi ribaltate in secondo grado». Gli asseriti pagamenti (dei quali, questo va detto, non è stata trovata traccia diretta: ci sono solo gli «ingenti prelevamenti» di contanti dai conti di D’Introno) risalirebbero agli anni 2010-2011. Da qui la prescrizione della presunta corruzione in atti giudiziari, «dovendosi escludere invece – ha scritto la Procura – la possibilità di giungere ad una archiviazione con una formula diversa che attinga il merito della vicenda».

L’inchiesta a carico di Seccia e Soave ipotizzava anche altri episodi sui quali però, come detto, la Procura ha chiesto l’archiviazione piena perché non sono emersi riscontri alle dichiarazioni di D’Introno.

La difesa del magistrato (che già si era opposta anche alla proroga delle indagini) ha però presentato reclamo, anche perché la prescrizione potrebbe avere conseguenze a livello disciplinare. Seccia ritiene in buona sostanza insussistenti i riscontri a suo carico sulla corruzione, in quanto sia D’Introno che Savasta sarebbero inattendibili: il magistrato barlettano ha presentato denuncia per calunnia nei confronti dei due e dei giornalisti che hanno raccontato la vicenda, ma anche in questo caso la Procura di Lecce ha chiesto l’archiviazione (l’udienza di opposizione è prevista a luglio). C’è poi una questione più squisitamente giuridica: «Seccia – dice l’avvocato Pellegrini – ha presentato reclamo perché non ha avuto la possibilità di rinunciare alla prescrizione. Nell’avviso di proroga notificato nel 2020 c’erano fatti contestati fino al 2018, quindi lui non poteva ipotizzare che si prescrivessero. Poi la Procura ha retrodatato gli episodi contestati: una scelta mai resa nota al dottor Seccia, che si è poi trovato di fronte a una prescrizione già maturata. Sul punto c’è giurisprudenza: esiste una violazione dei diritti dell’accusato, quando non è messo in condizione di dire la sua sulla prescrizione. Siamo pronti a portare questa questione davanti a ogni Tribunale». C’è poi una questione di merito: «L’unica sentenza tributaria scritta da Seccia ha rigettato il ricorso riconducibile al D’Introno. Se il D’Introno è stato considerato attendibile nei confronti di Nardi e Savasta, questo non comporta automaticamente che lo sia nei confronti di altri».

La richiesta della Procura ha invece chiuso del tutto la questione per Soave. «Siamo solo parzialmente soddisfatti – dice il suo difensore, Antonio La Scala – perché la prescrizione è frutto di indagini basate esclusivamente sulle affermazioni del D’Introno, senza che vi sia stato alcun riscontro da parte dell’accusa. Nella richiesta di archiviazione si richiama l’incidente probatorio in cui si fa riferimento più volte al dottor Soave, senza che lui sia mai stato convocato. Ritengo che la delicatezza della vicenda avrebbe richiesto, se non un confronto tra Soave e D’Introno, quantomeno un interrogatorio del Soave che in questi mesi è stato infangato da accuse ingiuste».

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