Gianni Carnicella, vittima di mafia?

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Sono trascorsi 15 anni da quel 7 luglio 1992, quando alle 14.30 circa, Gianni Carnicella, Sindaco della Città di Molfetta, veniva raggiunto da un colpo di fucile a canne mozze ad opera di Brattoli Cristoforo.

Purtroppo, di quel grave fatto di sangue e di tutto ciò che accadde dopo, è rimasto ben poco nella memoria dei cittadini molfettesi.
Alle nuove generazioni qualcuno racconta cosa è accaduto in quegli anni? Quanti di voi hanno letto gli atti processuali dell’omicidio? Quanti di voi conoscono i protagonisti del processo? Pochi, molto pochi. È triste accettare questo dato di fatto, ma l’omicidio Carnicella è stato dimenticato dalla città e soprattutto da quella parte politica direttamente coinvolta perché faceva comodo, e non solo allora, pensare all’azione del Brattoli come un gesto sconsiderato e isolato di chi doveva difendere il proprio prestigio ed onore personale.
Oggi l’assassino è un uomo libero; grazie alle alchimie del sistema giudiziario italiano è ritornato a passeggiare nei corridoi del palazzo di città, laddove lo avevamo lasciato quella mattina del 7 luglio 1992, a chiedere ciò che allora gli era concesso come “uomo di fiducia” del comune. Certo! È proprio così, lui è ancora lì mentre, il Sindaco Carnicella è stato dimenticato dal Palazzo.
I sindaci che gli sono succeduti si sono limitati a ricordarlo attraverso fredde e rituali cerimonie d’occasione senza riflettere abbastanza sul messaggio che non hanno saputo cogliere da quel 7 luglio.
L’omicidio Carnicella, per uno strano destino, fu consumato in quell’estate del ’92 tra la strage di Capaci e quella di via d’Amelio. Da allora il giudice Giancarlo Caselli, ci ricorda che: “Se essi sono morti è perché noi tutti non siamo stati vivi, non abbiamo vigilato, non ci siamo scandalizzati dell’ingiustizia; non lo abbiamo fatto, non lo abbiamo fatto abbastanza, nella professione, nella vita civile, in quella politica, religiosa…”.
Quelle parole valevano per Falcone e Borsellino, ma valgono e pesano come macigni anche per noi molfettesi.
Anche le parole del Pubblico Ministero durante il processo oggi dovrebbero farci riflettere: ”La celebrazione del dibattimento ha suffragato il convincimento che il Sindaco Carnicella fosse troppo solo in quel Palazzo e che la solitudine sia stata sua fedele ed unica compagna fino al momento estremo della morte”.
All’origine del grave fatto di sangue vi fu l’organizzazione di un concerto del cantante napoletano Nino D’Angelo e che tale ultima iniziativa, a sua volta, scaturì da una scommessa intervenuta tra lo stesso Brattoli ed alcuni esponenti di quel mondo variegato (e spesso ai margini della legalità) che in Molfetta andava comunemente sotto il nome di “Piazza Paradiso”.
L’imputato era titolare di un’avviata azienda denominata “Trasporti e Servizi Palcoscenici Centro Sud”, attrezzata per l’allestimento di palcoscenici per pubblici spettacoli.
L’idea del concerto nasce in una festa privata di tale Fiore Alfredo (esponente di spicco della criminalità locale COLPITO DA PROVVEDIMENTO ANTIMAFIA DI CUI ALLA COMUNICAZIONE DELLA PREFETTURA DI BARI N. 1100/12B1 DEL 14/6/95) ed altri convenuti che nell’occasione avevano posto in dubbio le capacità organizzative del Brattoli, sfidandolo a portare a Molfetta, il cantante Nino D’Angelo.
Per l’organizzazione di tale concerto era stata costituita una società di fatto tra dieci persone, ne facevano parte oltre che alcuni esponenti della “variegata realtà di Piazza Paradiso” anche un esponente politico della Democrazia Cristiana, tale Saverio Petruzzella (subentrato come consigliere comunale al defunto Sindaco Carnicella in quanto primo dei non eletti nella lista della D.C.)
Nel dibattimento l’imputato aveva confermato l’esistenza della società, di cui facevano parte due suoi fratelli e un tale Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio.
La macchina organizzativa parte con la stipula del contratto per la prestazione artistica il 15/6/92, tra il Brattoli e l’impresario del cantante. Il concerto doveva tenersi nel campo sportivo del locale Seminario Regionale in data 18/7/1992. I problemi cominciano quando la Curia Vescovile richiama il l’economo del Seminario affinchè fosse annullato il concerto. Il responsabile dell’economato del seminario, don Sergio Vitulano, è costretto dai propri superiori a far “saltare” il concerto e si rivolge al Sindaco Carnicella implorando il suo intervento affinchè lo aiutasse a tirarsi fuori dal ” brutto guaio ” in cui si era cacciato.
In particolare, don Sergio Vitulano voleva che il Sindaco non autorizzasse il concerto in modo da non essere lui ad opporre un rifiuto al Brattoli.
Nel contempo il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri, M.llo Vito Lovino, con nota del 23/6/92, indirizzata alla Questura e al Sindaco, esprimeva parere nettamente contrario al concerto per ragioni di inidoneità del luogo prescelto (situato in pieno centro cittadino) e per motivi di ordine pubblico (prevedendosi l’afflusso di malavitosi anche dai paesi limitrofi, potendo l’evento costituire occasione di pericolosi contatti tra le diverse organizzazioni criminali).
Il Brattoli cerca altre soluzioni per svolgere il concerto, e chiede informalmente al Sindaco, per il tramite di altre conoscenze, di utilizzare un altro campo sportivo cittadino o quello della vicina città di Giovinazzo. Tenta anche la strada della Prefettura; si reca personalmente con un impiegato del Comune di Molfetta e, con un biglietto di “presentazione” del Sen. De Cosmo, tenta di ottenere l’uso della struttura comunale “Campo Petrone” che non aveva ancora l’agibilità.
Nella mattinata del 7/7/92 di ritorno dalla Prefettura, con esito negativo, tenta ancora di coinvolgere don Vitulano per intercedere presso il Sindaco Carnicella ed ottenere il campo Paolo Poli di Molfetta. I tentativi si protraggono senza alcun esito per tutta la mattinata fino alle 14.30 quando il Brattoli attende il Sindaco fuori dal Palazzo di Città, preleva dalla sua autovettura un fucile a canne mozze, lo impugna con entrambe le mani, punta il fucile prima verso l’autista del Sindaco, invitandolo ad allontanarsi, poi verso il Sindaco esplodendo un solo colpo a due metri di distanza dalla zona inguinale destra del Dott. Carnicella, che muore qualche ora dopo.
Chi era ed è (dal momento che è già in libertà) Cristoforo Brattoli, assassino del Sindaco Carnicella?
Il Brattoli dopo un periodo giovanile decisamente turbolento e contrassegnato da numerosi precedenti penali (dalla notizia apparsa sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, pagina della cronaca locale, del 13/03/1987. Da questa apprendiamo che il Sig. Cristofaro Brattoli venne arrestato in quei giorni in quanto, nel corso delle indagini condotte dalla locale Compagnia CC sullo scoppio di una bomba carta nelle mani di un giovane, furono trovati e sequestrati nell’abitazione ed in un deposito del Brattoli una pistola “Bernardelli” con matricola abrasa, due caricatori, bombe carta con miccia ed una trentina di fiale di “Valium”), era riuscito a riscattarsi, creando dal nulla un’azienda ben avviata e potendo contare sulla conoscenza ed amicizia di vari esponenti politici locali.
Di tali amicizie il Brattoli ha fatto vanto anche in dibattimento, affermando di aver curato la campagna elettorale di noti esponenti della D.C. locale ed affermando orgogliosamente anche di “essere di casa” nel Comune di Molfetta.
Cristoforo Brattoli non aveva compreso che con il sindaco Carnicella era cambiata l’aria che si respirava in Comune; così il capo Gabinetto Dott. Mezzina avendo in sede processuale riferito di coraggiose iniziative assunte dal dott. Carnicella con riferimento a fenomeni che i precedenti amministratori avevano lasciato marcire.
Con l’avvento del Sindaco Carnicella, quindi, la correttezza dell’azione amministrativa, il rispetto della legalità e la trasparenza avevano soppiantato antiche pratiche di dubbia legittimità.
La nuova atmosfera non era evidentemente gradita al Brattoli (ed a quanti, al pari di questi, del collateralismo avevano fatto la loro fortuna) ed al riguardo non possono tacersi le lontane responsabilità di altri, essendo evidente che l’imputato giammai avrebbe avanzato così assurde pretese se chi ne aveva la possibilità gli avesse a tempo debito chiuso la porta in faccia, anziché piegarsi per meschini tornaconti elettorali.
Queste sono alcune note tratte dalla sentenza del processo del 3 novembre 1993.
Rileggendo oggi gli atti processuali, contestualizzando quello che è accaduto pochi mesi dopo la conclusione del processo (vedi le operazioni antidroga “Primavera” e “Reset” che hanno portato in carcere circa 130 persone legate anche a quel mondo variegato di Piazza Paradiso, le rivelazioni del pentito Salvatore Annacondia, le stesse amare considerazioni che oggi la vedova e i familiari del Sindaco Carnicella esprimono, devono portare alla lucida riconsiderazione dell’esito del processo.
Perché i giudici e gli inquirenti non hanno ritenuto di approfondire alcuni aspetti emersi nel dibattimento, l’interessamento di alcuni politici alla richiesta del Brattoli? Perché non sono stati approfonditi i rapporti tra tutti i protagonisti della “scommessa”, che poi costituiscono una società per organizzare il concerto?
Non è strano che un gruppo di persone lanci la sfida-scommessa al Brattoli per avere la presenza di Nino D’Angelo a Molfetta, mettendo sul tavolo il pagamento di una cena per quaranta persone, in caso di perdita del Brattoli, e poi s’impegna direttamente nell’organizzazione del concerto?
Potrebbe essere più verosimile che quel concerto rappresentava il salto di qualità della criminalità locale che doveva investire e riciclare il danaro proveniente dalle attività illecite di alcuni personaggi coinvolti nell’organizzazione? (Alcuni esponenti della società costituita per l’organizzazione del concerto sono stati condannati sia per associazione a delinquere di stampo mafioso che per spaccio di droga).
Il Brattoli e i politici che lo aiutavano erano forse le carte credenziali per far passare l’operazione come un normale evento artistico, che ha trovato alcuni impedimenti contingenti non previsti? Il concerto doveva farsi ad ogni costo e chi l’avesse impedito doveva pagare ad ogni costo?
Questi interrogativi ed altri, hanno spinto alcuni cittadini e i familiari del Sindaco Carnicella a chiedere all’associazione nazionale LIBERA presieduta da Don Luigi Ciotti, il riconoscimento di Gianni Carnicella come “vittima di mafia”.
Se questo accadesse, il prossimo 21 marzo 2008 a Bari, sede in cui si celebrerà la prossima “Giornata in memoria delle vittime di mafia”, anche il nome di Carnicella sarà inserito nel lungo elenco di cittadini uccisi direttamente o indirettamente dalle mafie, e per noi cittadini non sarà solo una giornate della memoria, ma l’inizio di un nuovo impegno civile.

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