“Effetti devastanti sull’ecosistema”, anche gli scienziati in campo contro le trivelle

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di CHIARA SPAGNOLO – bari.repubblica.it

Il Salento dice no alle prospezioni in mare alla ricerca di petrolio. Per farlo chiama a raccolta gli scienziati dell’Università di Lecce – che parlano di “effetti devastanti per l’ecosistema” – e anche un pool di legali, al fine di intervenire al meglio nella procedura di Via con osservazioni ad hoc. E con un documento politico a firma di sindaci, consiglieri regionali e parlamentari chiama direttamente in causa il governo Renzi per fermare le trivelle.
Il tempo è poco in realtà, perché entro il 21 dicembre bisognerà opporsi alla richiesta della Global Med e entro il 5 gennaio a quella della Schlumberger italiana, ma i sindaci dei paesi coinvolti nel rischio trivelle, una trentina in totale, vogliono tentare il tutto per tutto. Per questo leccesi, brindisini e tarantini hanno fatto fronte comune, come dimostra la presenza dei vicepresidenti delle Province di Brindisi e Taranto (Francesco Locorotondo e Gianni Azzaro) al vertice convocato dal collega leccese Antonio Gabellone. Perché le richieste inoltrate al ministero dell’Ambiente riguardano anche i vicini di provincia, 24 comuni pugliesi nel caso della Schlumberger Italiana e 19 in quello della Global Med.

La prima ha chiesto di investigare sulla possibile presenza di idrocarburi in un’area che si estende su 4.030 km quadrati ed è ubicata nella Zona Marina “F” ovvero nel Golfo di Taranto, la seconda invece in due zone a largo di Leuca, estese rispettivamente 749 e 744 km quadrati. In entrambi i casi – come si evince dai progetti presentati a Roma – si prevede di “acquisire linee sismiche 2D mediante tecnologia air-gun ed un eventuale rilievo geofisico 3D”. Ma proprio questa eventualità – ritenuta dannosa dagli esperti dell’Università –  non piace agli amministratori locali. “Per scongiurarla dobbiamo attivare sinergie indipendentemente dai colori politici delle amministrazioni – ha detto Gabellone – per fare arrivare una voce unitaria nelle sedi che contano“. Ovvero al Governo, che con il decreto Sblocca Italia ha impresso una notevole accelerata alla ricerca degli idrocarburi, evidenziandone la strategicità nella politica di diversificazione delle fonti energetiche.  Per dialogare con Roma, però, è necessario un sostegno forte da Bari, da quella Regione Puglia che non ha esitato a capeggiare le truppe dei dissidenti quando il rischio trivelle incombeva sull’alto Adriatico.

Adesso invece tocca al Salento, alla “macroregione marina che l’Europa considera il motore del Mediterraneo e su cui ha investito milioni di euro per progetti di ricerca“, ha spiegato Simonetta Fraschetti, professore presso il dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche dell’UniSalento. “Qui esiste un sistema ecologico unico, Sic, coralligeni tra i più importanti d’Italia, è una zona importantissima per le tartarughe – ha chiarito la studiosa – si tratta di una serie di habitat vulnerabili che verrebbero inevitabilmente danneggiati dal tipo di ricerche che si vogliono fare“.

Per sostenere la sua tesi, la Fraschetti ha citato l’esempio delle indagini tramite air gun effettuate nell’Oceano Atlantico, “dove è stata riscontrata una morìa del pescato, a partire dalle forme giovanili, pari al 50%”. E se quelli sono stati i risultati in un mare aperto, gli amministratori salentini temono quello che potrebbe accadere nel tratto di Ionio chiuso tra Calabria, Basilicata e Puglia, considerato che l’ampiezza delle aree interessate dalle prospezioni renderebbe necessario “sparare” onde sonore per un periodo prolungato – che potrebbe raggiungere anche i due mesi – con una potenza di 250 decibel, ad una frequenza di 10 secondi e per 24 ore al giorno. “Questo tipo di indagine preliminare ha effetti devastanti – ha concluso la Fraschetti – c’è da essere seriamente preoccupati”.

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