Per Domenico D’Arcangelo, capo della polizia locale di Sammichele, comportamenti poco trasparenti negli anni in cui era in servizio a Bari fra verbali spariti, multe mancate, occupazioni abusive tollerate – fonte: chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
L’occupazione abusiva di un alloggio popolare a Japigia da parte di un nipote di Savino Parisi, la multa mancata a un bar che aveva posizionato piante sul suolo pubblico senza pagare l’autorizzazione, i verbali spariti, gli interventi di colleghi per ottenere atteggiamenti concilianti verso esponenti della criminalità organizzata: ci sarebbero comportamenti poco trasparenti nel passato di Domenico D’Arcangelo (comandante dei vigili urbani a Sammichele di Bari, arrestato per corruzione e falso per aver fornito un alibi al killer Giovanni Palermiti e sospeso dall’incarico. Comportamenti tenuti già all’epoca in cui era in servizio nella polizia municipale di Bari, più di dieci anni fa, ma per i quali non è stato mai indagato.
L’inchiesta della polizia di Stato che ha portato in carcere gli assassini di Walter Rafaschieri (ucciso a Carbonara nel settembre 2018) e i loro fiancheggiatori, svela che l’area grigia contro cui ha puntato il dito il procuratore Roberto Rossi non esiste da oggi. Che nel 2012 ne avevano parlato almeno due pentiti e che su quegli episodi, probabilmente, non si è indagato abbastanza.
Il primo a soffermarsi su D’Arcangelo fu il collaboratore di giustizia Matteo Tulimiero, che raccontò anche delle mazzette versate da alcuni potenti avvocati baresi all’ex gip Giuseppe De Benedictis. L’anno successivo, dichiarazioni quasi identiche sul giudice furono firmate anche da Vito De Felice. All’epoca le loro parole rimasero lettera morta, così come i racconti sui rapporti che alcuni esponenti della polizia locale di Bari avrebbero avuto con affiliati al can Parisi-Palermiti. E forse non è un caso che oggi il gip Francesco Mattiace abbia scritto a chiare lettere che su quelle dichiarazioni scottanti avrebbero dovuto essere svolti accertamenti più approfonditi. Così come sui rapporti che un rivenditore di telefoni aveva da un lato con esponenti dei clan e dall’altro con le forze dell’ordine.
Di quest’uomo hanno parlato sia Tulimiero sia Domenico Milella (ex braccio destro di Eugenio Palermiti, oggi pentito) spiegando che era stato lui a presentare a un altro affiliato storico, Mino Fortunato, un carabiniere di nome Mimmo, che passava loro informazioni sulle indagini. E sempre Fortunato, secondo Tulimiero, un decennio fa teneva i rapporti con D’Arcangelo. All’epoca era un capitano della polizia locale di Bari, spesso presente durante controlli a Japigia.
“Da Fortunato ha avuto in regalo una moto e un cellulare da 540 euro per la storia di una casa popolare occupata dal nipote di Parisi con la moglie. Durante il controllo dei vigili, Mames Parisi chiese a Fortunato se conosceva qualcuno per aiutarli e arrivò D’Arcangelo“.
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Un’altra volta il capitano fu sollecitato a intervenire per evitare una sazione a un bar a Japigia, ha raccontato Tulimiero, ma i riscontri alle sue dichiarazioni sono stati resi difficili dal tempo trascorso. Gli ex colleghi di D’Arcangelo si sono trincerati dietro ai “non ricordo”, così come inizialmente ha fatto la vigilessa di Sammichele a cui il comandante ha chiesto di fare un falso verbale a Palermiti, per fingere che all’ora dell’omicidio Rafaschieri non fosse a Bari.
Dopo l’arresto – per accuse rese ancor più gravi dall’aggravante mafiosa – il sindaco di Sammichele Lorenzo Netti ha sospeso D’Arcangelo e chiesto al prefetto di istituire una commissione di verifica sugli atti della polizia municipale. Alla luce di quanto accaduto, si vuole chiarire se siano stati commessi favoritismi (con contestuali atti illeciti) nei confronti di altre persone.