Con l’arroganza consolidata, certi “imprenditori”, si comprano il silenzio stampa

N. 00928/2012 REG.PROV.CAU.

N. 01637/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1637 del 2012, proposto da:

Ingross Levante S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Fulvio Mastroviti e Silvio Giancaspro, con domicilio eletto presso Fulvio Mastroviti in Bari, Quintino Sella, n. 40;

contro

Comune di Molfetta, rappresentato e difeso dall’avv. Rossella Chieffi, con domicilio eletto presso Rossella Chieffi in Bari, c/o Avv.F.Lofoco via P.Fiore n. 14;

nei confronti di

Happy Casa Store Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Enrico Pellegrini, Alberto Maria Durante, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,

della ordinanza dirigenziale prot. n. 68775 del 23.11.2012 con cui è stata disposta la revoca immediata, in quanto mai attivate, delle due autorizzazioni n. 2951 e n.2950;

-degli atti presupposti, conseguenti e connessi, ivi comprese la nota del nucleo di polizia amministrativa e annonaria prot. n. 62060 del 29.10.2012, allo stato non conosciuta, nonchè la nota dirigenziale prot. n. 59468 del 17.10.2012,

-nonchè per la condanna del comune di Molfetta, in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento dei danni ingiusti derivanti dai provvedimenti impugnati;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Molfetta e di Happy Casa Store Srl;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv.ti Fulvio Mastroviti e Silvio Giancaspro, per la ricorrente, avv. Rossella Chieffi, per il Comune e gli avv.ti Enrico Pellegrini e Alberto Maria Durante, per la controinteressata;

Giova premettere in fatto che la ricorrente è titolare di due capannoni destinati al commercio, nei quali esercita anche attività di vendita.

In particolare per ciascuna struttura è stata richiesta e ottenuta, nel 2008, un’autorizzazione amministrativa per media struttura di vendita (per superficie inferiore a 2500 mq), sicchè degli oltre 5000 mq di ogni struttura destinati al commercio, 2497 mq sono destinati alla vendita per il settore non alimentare (la restante parte è destinata a deposito).

Proposta istanza di modifica delle autorizzazioni, l’amministrazione, a seguito di reiterati solleciti di un concorrente commerciale, ha dato inizio ad un procedimento di verifica delle autorizzazione già rilasciate, per le quali è stato verificato che, in violazione della normativa di settore (art. 27, co 4, L.R. 11/2003), non erano state mai attivate.

Giova chiarire che a norma dell’art. 27, co 4 l.r. 11-2003 l’attivazione delle autorizzazioni è rappresentata dall’inizio dell’attività di vendita.

Inoltre, all’esito di un sopralluogo, gli operanti di Polizia Amministrativa ed Annonaria hanno verificato che i due capannoni sono comunicanti, formando un’unica superficie, superiore a quella massima consentita per le medie strutture, così configurando in realtà una grande struttura (per la quale sarebbe necessaria anche l’autorizzazione regionale, mai richiesta da parte ricorrente).

L’amministrazione comunale ha, pertanto, adottato il decreto impugnato con cui si revocano le autorizzazioni de quibus, perché mai attivate, e si ordina la chiusura dell’esercizio commerciale, perché ritenuto abusivo.

Tanto premesso in fatto, rileva la Sezione che due circostanze dirimenti escludono, benché con la valutazione sommaria propria di questa fase cautelare, la possibilità che l’esercizio dell’attività commerciale espletata da parte ricorrente sia ritenuto conforme a canoni di legittimità:

1) in primo luogo, il Collegio ha espressamente chiesto alla difesa di parte ricorrente di chiarire quando l’attività di vendita sia stata iniziata dalla società ricorrente.

Il difensore ha, pertanto, precisato che, pur salvi gli ulteriori approfondimenti in fatto, gli risulta che l’esercizio abbia cominciato l’attività di vendita nel corso dell’anno 2012.

La circostanza risulta, peraltro, confermata dalla produzione della società concorrente, che ha depositato in udienza un volantino pubblicitario della Ingross spa (Emporio Amato) che annunciava l’inaugurazione del punto vendita nel Novembre 2012.

Sotto il profilo normativo deve aggiungersi che l’art. 27, co 4 l.r. 11/2003 dispone testualmente che:

“4. L’autorizzazione è revocata qualora il titolare:

a) non inizia l’attività di una media struttura di vendita entro un anno dalla data del rilascio o entro due anni se trattasi di una grande struttura di vendita, salvo proroga in caso di comprovata necessità;”

Pertanto, posto che le autorizzazioni in questione sono del 2008, la circostanza che l’inizio dell’attività di vendita sia avvenuta nel 2012, esclude che esse possano ritenersi legittimamente esenti da un provvedimento di revoca, quale quello adottato dal Comune.

Né può accogliersi la tesi sostenuta dalla difesa di parte ricorrente, in corso di discussione, secondo cui sarebbe rilevante, ai fini della valutazione dell’attivazione, non l’inizio dell’attività di vendita, bensì la realizzazione della struttura nella sua tipologia. Tale assunto difensivo contrasta con il tenore letterale della norma che fa chiaro riferimento all’inizio dell’attività (che è, evidentemente, quella di vendita).

In ogni caso, posto che dalla produzione documentale della stessa difesa, risulta che l’agibilità è stata ottenuta solo nel 2012, conseguentemente deve escludersi che le strutture de quibus potessero ritenersi compiutamente realizzate nella loro tipologia prima della loro agibilità

2) In secondo luogo, deve rilevarsi che le due strutture risultano, per come emerge dal sopralluogo in atti, unificate.

Esse sono, infatti, comunicanti.

Le casse, pur dislocate in due diversi punti (esistono, infatti, due gruppi di casse), rilasciano scontrini in progressione unica.

La partita IVA è, parimenti, unica.

Tutte tali circostanze – che depongono in modo univoco per l’unitarietà della struttura- non sono state contestate adeguatamente dalla difesa di parte ricorrente.

Pertanto, deve ritenersi – sia pure esclusivamente agli effetti cautelari e salvi gli approfondimenti propri della fase di merito – che si sia in presenza di un’unica struttura di grandi dimensioni (cioè con superficie di vendita superiore ai 2500 mq), priva, tuttavia, delle richieste autorizzazioni regionali.

Sulla scorta di tali emergenze processuali deve, pertanto, valutarsi l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, in ordine al quale il Collegio non può esimersi dall’evidenziare la circostanza che:

– nella parte motiva si fa riferimento, quanto alle irregolarità riscontrate, sia alla realizzazione di una grande struttura invece che di due strutture di media dimensione, sia alla mancata attivazione, entro un anno dal rilascio, delle autorizzazioni alla vendita per medie strutture;

– nella parte dispositiva la chiusura viene disposta solo in considerazione della (sola) revoca delle autorizzazioni ex art. 27 l.r. cit.

E’ bene evidente al Collegio che il provvedimento in questione non è esente da alcune criticità (in ordine alla coerenza tra parte dispositiva e parte motiva, nonché in ordine alla ricostruzione della situazione di fatto relativa alla tempistica dell’inizio dell’attività di vendita).

Tuttavia, alla luce dell’ illuminante principio di dequotazione dei vizi formali, di cui all’art. 21 octies l. 241/90, nonché in un’ottica sostanzialistica di sindacato sul rapporto e non solo sull’atto amministrativo, ritiene il Collegio che parte ricorrente svolga l’attività in assenza dei necessari titoli autorizzativi, sicchè non può accogliersi l’istanza di sospensione.

In tale ottica vengono, pertanto, valutate anche le censure partecipative. Se esse infatti, sono funzionali ad un apporto sostanziale al procedimento amministrativo, deve rilevarsi che neppure in fase di discussione la difesa ha espresso quali circostanze in fatto o in diritto avrebbe potuto sottoporre all’amministrazione tali da sovvertire l’esito del procedimento stesso.

In altri termini, al di là di censure formali, non risultano superate le circostanze che inducono a ritenere che la ricorrente non solo ha realizzato di fatto una grande struttura di vendita, aggirando in toto la relativa normativa, dall’altro, pur a volere ritenere che si sia in presenza di due strutture medie, ha tardivamente attivato le proprie autorizzazioni, sicchè anche sotto tale profilo non può ritenersi autorizzata alla vendita.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) respinge l’istanza cautelare.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese della presente fase cautelare, che liquida in Euro 800,00, omnicomprensive per diritti e onorari, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge, per ciascuna parte costituita.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Sabato Guadagno, Presidente

Antonio Pasca, Consigliere

Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Una risposta a “Con l’arroganza consolidata, certi “imprenditori”, si comprano il silenzio stampa”

  1. PERTANTO, CHI E’ IL GATTO ? E CHI LA VOLPE ?
    SONO, FORSE, IN SOCIETA’ ?
    DI LOR , TI PUOI FIDAR ?

I commenti sono chiusi.

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