«Clan, 1.500 affiliati e 4.500 in prova». Ecco il bilancio del dossier choc di Bari

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di Bepi Castellaneta – corrieredelmezzogiorno.corriere.it

Un clan per ogni quartiere. E poi un esercito di 1500 affiliati, ai quali vanno aggiunti circa 4.500 “favoreggiatori in prova” e una fitta rete di ramificazioni, complicità e connivenze che gravitano attorno a piccoli e soprattutto grandi affari. Il risultato è uno scenario allarmante, in cui accanto alle logiche militari delle cosche figura una capacità di infiltrazione in settori economici strategici come l’edilizia e un’offensiva in quartieri che fino a poco tempo fa sfuggivano all’ombra della criminalità organizzata come Poggiofranco. E’ quanto emerge da uno studio riservato che è stato elaborato dalla polizia. Gli investigatori hanno esaminato i dati dei processi penali e delle indagini che hanno portato a rilevanti operazioni antimafia. E il dossier rivela il peso criminale della città, preceduta in questa macabra classifica solo da determinate realtà siciliane, calabresi, campane e da aree metropolitane come Roma e Milano.
I numeri sono allarmanti, e spiegano come le situazioni di conflitto tra clan possano rapidamente trasformarsi in autentiche guerre. I soldati delle cosche reclutati con il “movimento” – e quindi una cerimonia di affiliazione condotta secondo antiche regole mutuate dai gruppi storici della criminalità organizzata italiana (mafia, camorra, ‘ndrangheta) – sono 1500; ma oltre a loro ci sono i cosiddetti “favoreggiatori in prova”, quelli che non sono stati arruolati con le regole e la simbologia classica dei clan. L’ipotesi è che ciascun affiliato disponga di tre, forse quattro “favoreggiatori”: e così il risultato sarebbe di altri 4.500 fiancheggiatori pronti a subentrare come affiliati. Alla fine in questo scenario a tinte fosche figurerebbero 6.000 persone, un esercito malavitoso in grado di gestire e spartirsi il territorio. Comprese zone che fino a qualche tempo fa non comparivano nella geografia criminale della città. E’ il caso di Poggiofranco, quartiere residenziale della Bari bene dove, secondo gli investigatori, sarebbe ormai in atto una campagna di espansione da parte del clan Anemolo, già presente nel rione Carrassi. L’offensiva della criminalità organizzata su Poggiofranco è stata accertata attraverso indagini mirate sul riciclaggio, grande affare sporco dalla faccia pulita, molto diffuso soprattutto in determinate zone. Boss e luogotenenti si celano dietro prestanomi, ma gli investigatori seguono la strada dei soldi. Che porta alle cosche.

Dalle indagini viene fuori che la carta decisiva giocata dai clan è quella dell’infiltrazione nelle attività economiche. Una strategia ben precisa, un copione criminale studiato nei dettagli e messo in atto con tecniche sofisticate. Nel mirino ci sono le imprese edilizie. Secondo quanto emerso dalle indagini le cosche puntano sul mattone attraverso una massiccia attività di usura ma anche con le estorsioni. Nel corso degli accertamenti è venuta fuori l’esistenza di un nuovo sistema di pizzo che sta annientando l’edilizia: il racket utilizza una facciata di legalità obbligando le aziende ad acquistare materia prima da determinati fornitori o imponendo servizi come ad esempio la guardiania. Il tutto avviene con gli obblighi formali previsti dalla legge, insomma un pizzo con la partita Iva. Anche i grandi incassi di attività illecite come il traffico e lo spaccio di droga, oltre al denaro rastrellato con furti e rapine, vengono reinvestiti: direttamente nel riciclaggio o con il finanziamento dell’ usura alimentata comunque per rilevare le aziende in stato di grave crisi. E così, passo dopo passo, è lievitata l’infiltrazione della criminalità organizzata nel tes suto economico e sociale della città, dove la ragnatela delle cosche diventa sempre più fitta ed estesa, fino a diversi centri della provincia: non solo Bitonto, da tempo un’area a rischio, ma anche Noicattaro e Palo del Colle. Dalle indagini risulta inoltre come i clan abbiano ormai stretto un patto criminale con la mafia georgiana, specializzata nei furti in appartamento: la ricettazione del bottino è affidata a organizzazioni baresi, che a loro volta immettono la refurtiva nel sottobosco del mercato clandestino o in quello garantito da un’apparente legalità. Un nuovo affare, questa volta gestito dietro le quinte. Lo scenario è molto frastagliato, anche se dalla mappa tratteggiata dagli investigatori emerge il ruolo egemone dei clan Parisi e Strisciuglio. Ma la situazione è in continua evoluzione: per la presenza anche di cosche di minor rilievo, ma comunque strategiche per il controllo del terrtorio, e per la massiccia campagna di reclutamento che ha pericolosamente infoltito i ranghi dei clan.

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