Avvocato arrestato a Bari, la gip: “Chiariello era un abile corruttore”. Al setaccio i legami con altri giudici

L’inchiesta sulla presunta corruzione in atti giudiziari che ha coinvolto il giudice De Benedictis è destinata ad allargarsi. Ecco perché  di Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

«Aveva diversi rapporti privilegiati in contesti istituzionali e per questo molti indagati lo sceglievano come difensore» l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, arrestato il 24 aprile per corruzione in atti giudiziari in concorso con il giudice molfettese Giuseppe De Benedictis e il pregiudicato viestano Danilo Pietro Della Malva. Nei documenti depositati agli atti dell’inchiesta della Procura di Lecce c’è la traccia che potrebbe portare a uno sconvolgimento negli uffici giudiziari del capoluogo pugliese: i legami che Chiariello aveva con altri magistrati, oltre che con il gip De Benedictis. « Rapporti privilegiati e malati con personaggi di potere — scrive la giudice Giulia Proto nell’ordinanza di custodia cautelare — che usava per raggiungere i suoi biechi scopi, accecato dalla bramosia di potere».

Il giudizio della collega che lo ha fatto finire in carcere è netto e altrettanto lo sono state le ipotesi dei pm Roberta Licci e Alessandro Prontera, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri di Bari. A loro dire, il penalista si era costruito « una notorietà in contesti di criminalità organizzata grazie alla capacità di condizionamento dei provvedimenti giudiziari, in virtù dei suoi rapporti privilegiati in contesti istituzionali». Non soltanto con De Benedictis, a quanto pare, ma anche con altri magistrati, che rientrerebbero in quel « sistema illecito di cui Chiariello è abile corruttore » . Proprio in virtù di queste sue capacità la giudice ha ritenuto di non poter disporre nei suoi confronti gli arresti domiciliari. Né dopo avere respinto l’istanza di scarcerazione per De Benedictis — si può ipotizzare che dopo le due settimane trascorse dall’avvocato in carcere, possa avere adesso un atteggiamento più benevolo nei suoi confronti.

Del resto gli arresti di fine aprile sono soltanto l’inizio, considerato che «le indagini sono in corso in relazione alle plurime vicende emerse, coinvolgenti soggetti legati da rapporti di cointeressenza con gli indagati » . Quegli stessi soggetti che potrebbero «portare a compimento l’attività di manipolazione processuale, che come si è visto è più che attuale » , ribadisce la gip. Sul fatto che il sistema di complicità fosse quanto mai esteso, gli inquirenti salentini non hanno dubbi. E non è un caso che nella loro rete siano finiti anche il figlio di Chiariello, Alberto (avvocato pure lui) e la collaboratrice Marianna Casadibari, accusati di avere fatto da tramite con il giudice De Benedictis per concordare appuntamenti e con il carabiniere Nicola Soriano per cercare di avere informazioni riservate.

Oltre che di veri e propri atti corruttivi, nelle carte dell’inchiesta di Lecce si parla anche di favori fatti all’avvocato da personale amministrativo del tribunale nonché di atteggiamenti « benevoli » da parte di alcuni pm. In una conversazione intercettata, un’avvocatessa che con Chiariello condivideva un cliente gli chiedeva di cofirmare un’istanza di scarcerazione: « Io lo conosco, stava a Trani, quando c’è qualcosa di tuo lui mette, diciamo si spinge… quando è di te, il pm è più sensibile » . Così come sensibili, forse, potrebbero essere stati anche alcuni giudici d’appello, almeno a sentire le conversazioni di pregiudicati che sulle amicizie di Chiariello contavano non solo per le scarcerazioni ma anche per il prosieguo delle loro vicende giudiziarie. «Chiariello ha dimostrato una spregiudicatezza non comune — scrive la gip — La sua viscerale avidità, unita a un’abile capacità di persuasione, lo ha reso il difensore di criminali di spessore, che lo reclamano a gran voce perché riesce a ottenere il risultato».

Quel risultato di cui hanno parlato almeno quattro collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni sono state raccolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari e inviate ai colleghi di Lecce. Oltre a Matteo Tulimiero ( che per primo parlò del sistema di corruzione dei giudici nel 2012) e a Domenico Milella, altri due pentiti — la cui identità è top secret — hanno fatto ammissioni su atti di corruzione. Che potrebbero riguardare altri magistrati, ma anche altri avvocati. Oltre agli incontri al bar davanti al tribunale fra De Benedictis e Chiariello, il giudice sarebbe stato protagonista di conversazioni, volutamente tenute fuori dall’ufficio, con altri penalisti, i cui assistiti sarebbero stati scarcerati dopo pochi giorni.

Altri due nomi vengono indicati da un’avvocatessa nelle intercettazioni. E sempre restando in tema di favori fatti e ricevuti, dalle indagini emerge anche come De Benedictis, oltre a ricevere mazzette dagli avvocati per i provvedimenti giudiziari favorevoli, si sarebbe attivato per trovare posti di lavoro ai figli dei suoi amici e ad altri amici avrebbe promesso di fare avere incarichi come periti. Promesse che — annota la giudice di Lecce — poi si sono puntualmente realizzate. A dimostrazione che probabilmente l’asservimento della funzione giudiziaria non si sarebbe limitato ad alcuni casi, come il giudice arrestato ha cercato di dire nell’interrogatorio, ma sarebbe il frutto di un atteggiamento stabile e durevole.

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