Antimafia, prerequisito per la politica

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«L’antimafia non può essere un capitolo del programma elettorale o un nome da sfoggiare come uno spot: deve essere il punto di vista attraverso cui governare, il prerequisito per l’agire pubblico e politico. O la realtà che colpevolmente avremo costruito avrà la meglio su di noi». Così Danilo Chirico, giornalista e presidente dell’associazione antimafia daSud, ha aperto ieri l’incontro “Restart Antimafia” una giornata per far “ripartire” l’impegno contro i boss nel Lazio e nel resto del Paese cui hanno preso parte politici, giornalisti, studiosi del tema, associazioni impegnate sui territori, in particolare Campania e Lazio. La giornata di lavoro è stata l’occasione per fare il punto dell’impegno politico in tema di lotta alle mafie, guardando ai prossimi appuntamenti elettorali. «Dopo le stragi – dichiara Chirico – abbiamo continuato a vivere dentro un fronte antimafia diviso, spesso impegnato a farsi la guerra. Noi abbiamo un punto di vista politico ma siamo convinti che siano tanti quelli che si possono mettere in campo per ottenere risultati concreti nella lotta alle mafie, purché l’antimafia diventi requisito fondamentale, prerequisito, delle politiche economiche e sociali per il nostro Paese». Da anni l’associazione daSud è impegnata nella ricerca di una nuova narrazione dell’antimafia per raccontare la lotta di liberazione dai boss e  stimolare la politica ad adottare questo punto di vista nell’agenda quotidiana. Giornalisti, attivisti, esperti di comunicazione, animano l’associazione che durante la giornata ha intervallato momenti di dibattito e proposta con spazi dedicati a nuove forme di comunicazione dell’impegno sociale: dal teatro, al disegno, alla musica. Ai lavori, fra gli altri, sono intervenuti alcuni i candidati alle prossime elezioni politiche nel Lazio e nel resto del Paese: da Nicola Zingaretti a Gabriella Stramaccioni, da Jean-Léonard Touadi a Celeste Costantino. Anche Libera Informazione ha dato il suo contributo al dibattito con l’intervento del presidente, Santo Della Volpe.

Ripensare l’antimafia. A lunga la lotta alle mafie è stata trattata dalla politica alla stregua di un impegno, un punto nell’elenco delle cose “accessorie” da fare, per questo o quel partito. Spesso, nemmeno una riga nei programmi elettorali ma solo belle parole vuote, paludate alle commemorazioni delle vittime, alle intitolazioni di targhe alla memoria di chi è stato ucciso dalla mafia. Quella che oggi è in prima linea nel rinnovato impegno antimafia giovanile è, invece, la generazione delle stragi. Gli stessi che erano adolescenti quando Cosa nostra sferrò l’attacco  al cuore dello Stato, dopo l’escalation di violenza degli anni ’80 che culminò con le stragi di Capaci e via d’Amelio e gli attentati di Firenze, Roma e Milano. Erano il 1992 e 1993: il biennio che cambiò l’Italia. E da allora, ricordano i ragazzi e le ragazze di daSud « Quel fronte antimafia nella politica non c’è più. Le elezioni siciliane l’hanno confermato. Serve ripensare l’antimafia». «Dopo vent’anni è ora di un “restart”, di ripartire con nuova energia e più coesione, con nuovi linguaggi e meno luoghi comuni come quello che riguarda il Sud e gli stereotipi sulla “mafiosità” delle persone che la abitano, un pregiudizio che oggi potremmo trasferire al Nord» ma che – spiegano – semplicemente «è un limite culturale di interpretazione del fenomeno e non una questione di geografie, tradizioni, luoghi, riguarda tutti noi e questo Paese». «Né il richiamo al concetto di sicurezza, né a quello di legalità è sufficiente per governare bene un territorio – ricordano gli animatori di daSud. Un concetto espresso anche da Nicola Zingaretti, ex presidente della Provincia di Roma oggi in corsa per la presidenza della Regione Lazio che nel suo intervento parla di lotta alle mafie fatta attraverso atti concreti, quotidiani, come l’open data, la trasparenza amministrativa, l’efficienza, il riutilizzo dei beni confiscati e l’investimento diretto a politiche sociali e welfare. Prevenzione e azione, nelle parole di Zingaretti che ricorda gli anni in cui nella regione è stata negata, contro ogni evidenza investigativa, da un parte della politica e delle istituzioni, la presenza delle mafie a Roma.  “Un’antimafia quindi – commenta Celeste Costantino, portavoce di daSud e candidata nelle fila di Sel, come pratica quotidiana e non come “intervento di emergenza”. Che le mafie non siano un problema ma il problema che soffoca questo territorio lo spiegano, avvicendandosi al tavolo dell’iniziativa, numerosi esponenti delle associazioni impegnate nel Lazio, da Legambiente (che punta il dito contro la colata di cemento che soffoca la regione e l’emergenza rifiuti) all’Anpi (che ricorda il clima di intolleranza che si sta sempre più facendo strada nelle diverse città) da Sos impresa (che denuncia il “soffocamento” delle imprese locali da parte dell’economia criminale) allo storico Enzo Ciconte (Da anni lanciamo l’allarme su mafie al Nord ma è stato sottovalutato per troppo tempo, adesso serve intervenire con una azione comune).

Ripartire da chi fa antimafia. «Per la prima volta alcuni partiti che si candidano alle elezioni hanno scelto di mettere al centro della loro azione politica l’antimafia – dichiara Gabriella Stramaccioni, ex coordinatrice nazionale di Libera e candidata nelle fila della lista “Rivoluzione civile” lanciata dal magistrato, Antonio Ingroia. Questa è una novità positiva». Adesso bisogna fare tutto il resto «dalla legge sulla corruzione all’impiego di risorse per il sociale a partire dal recupero di beni e patrimoni confiscati a mafiosi e corrotti». La Stramaccioni spiega che in questi venti anni di attività con la rete di associazioni di Libera ha avuto modo di capire e toccare con mano quanto siano necessarie coerenza, schiena dritta e concretezza nell’attività antimafia e quanto questa sia la base di una attività politica trasversale che ripristini giustizia sociale nel nostro Paese. Vent’anni di attività in cui “ho visto – conclude la Stramaccioni – uno Stato che si fa Stato in maniera efficace e produce risultati e uno Stato infedele (quello  che tratta con la mafia, quello che convive con il fenomeno) che ha tradito la sua missione. Adesso è giunto il momento che ciascuno faccia la propria parte, anche in politica». Una realtà, quella della lotta di liberazione dalle mafie, che spesso viene ignorata dai grandi mezzi di comunicazione, ricorda il presidente di Libera Informazione, Santo Della Volpe, che spiega «abbiamo bisogno di una informazione ragionata e non gridata. Numerosi processi decisivi per le sorti di intere aree del nostro Paese continuano a svolgersi in totale solitudine in numerosi tribunali, manca la società civile nelle aule e mancano loro, gli inviati dei grandi giornali». Da questo serve partire, spiega Della Volpe, «Interroghiamoci sul nostro operato, quello di giornalisti ma anche quello di costruttori e animatori di questa rete antimafia che è in prima linea nel Paese». Ripartire dall’impegno di ciascuno e soprattutto da una nuova analisi del fenomeno mafioso, sempre più orientata alle dinamiche economiche che lo regolano, che ne consentono l’ingresso nell’attuale mercato nazionale e internazionale». Dobbiamo cominciare ad interrogarci sui problemi di fondo generati dalla presenza dei clan nel sistema economico e chiederci perché – ad esempio – il 10 percento della popolazione detiene il 45 percento della nostra ricchezza… », dalle risorse che corruzione e mafie drenano alle politiche sociali.

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