di Nico Aurora – www.lagazzettadelmezzogiorno.it
TRANI – Arpa si prepara a definire i dati relativi alle emissioni di diossine ed idrocarburi policiclici aromatici dalla «cava dei veleni» di contrada Profico durante i giorni, ormai risalenti a due mesi fa, in cui da quel sito si diffusero esalazioni nauseabonde verso l’intero territorio comunale per cinque notti consecutive. I primi valori, relativi ad anidre carbonica ed idrocarburi, erano risultati nei limiti. Ma quelli più importanti, dai quali si può stabilire quanto tossica e nociva sia stata l’aria respirata in quei giorni, hanno tardato a giungere e, ancora adesso, hanno bisogno di una definitiva diffusione, all’esito della quale, soltanto oggi, o domani, conosceremo un quadro più preciso della situazione.
Da quello che si è potuto comprendere, i valori dovrebbero essere superiori al consentito con riferimento alle rilevazioni effettuate sulla bocca della cava. Bisogna capire invece, attraverso calcoli che soltanto gli addetti ai lavori avranno potuto operare, se quegli stessi valori, ad alcuni chilometri di distanza, abbiamo mantenuto gli stessi livelli di tossicità: la partita si gioca tutta qui, ma sarà in ogni caso importante conoscerne il risultato finale perché, da tempo, l’incompletezza dei dati relativi alla cava dei veleni non ha fatto altro che alimentare, spento quello reale, il fuoco delle polemiche
Come si ricorderà, quel sito, situato in un vasto appezzamento di terreno dell’agro di Trani, fra le strade provinciali 13 e 168, nei primi giorni di giugno fu oggetto di un incendio molto vasto. Le fiamme riguardarono un fronte della cava lungo il quale sono stati illecitamente stoccati, per un tempo lungo e non meglio precisato, almeno 25mila metri cubi di rifiuti solidi urbani.
Anidride carbonica ed idrocarburi erano stati subito classificati nella norma, ma, per conoscere i valori di diossine ed Ipa, s’è dovuto attendere, anche troppo. In realtà i tecnici di Arpa, non negandosi mai al cronista, hanno sempre fatto sapere che non dipendeva solo da loro, ma, a prescindere della macchinosità dell’iter tecnico e/o burocratico, appariva quanto meno anomalo che si debba attendere così tanto tempo per avere una qualsivoglia risposta.
Restano aperte, ancora adesso, tutte le domande: cosa si è respirato a Trani per cinque notti consecutive, mentre la cava bruciava? Se nell’atmosfera vi erano sostanze tossiche, in quali quantità e quali eventuali conseguenze potrebbero avere determinato per la salute pubblica? Verrebbe da chiedersi quanto si dovrà, poi, attendere per conoscere i dati relativi a carotaggi e analisi del materiale stoccato e, dunque, se vi sia stata una contaminazione della falda.
La cava dei veleni, insomma resta ancora piena di troppi silenzi e segreti sui quali è giusto che, nella massima trasparenza, si faccia al più presto luce e chiarezza.