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A Cosimo Di Cosola, reggente dell’omonimo clan barese, “consegnavo di media non meno di mille, 1500, 2000 euro a settimana”. A dichiararlo agli inquirenti della procura Antimafia di Bari è Cosimo Genchi, collaboratore di giustizia del clan Stramaglia.
Le dichiarazioni di Genchi, rese nel marzo scorso, sono state depositate nel processo che si sta celebrando a Bari con rito abbreviato nei confronti di alcuni affiliati ai clan Di Cosola e Stramaglia.
Genchi spiega come venivano “spartiti” i proventi dell’attività di spaccio. “Tra il 2012 e il 2014 – racconta – la droga, con carichi di quasi mille chili, arrivava dall’Albania con i gommoni”, sbarcava “a Brindisi” e veniva poi consegnata agli spacciatori. “Quando c’era magari un carico grosso, un guadagno al di là delle solite piazze, tipo Lecce, che guadagnai 5mila euro, – continua il pentito – gli diedi (a Cosimo di Cosola, ndr) subito 2mila euro, a parte quello che gli davo settimana per settimana. Ho saltato qualche settimana quando veramente mi sono trovato in difficoltà. Solo che lui la difficoltà non la capiva, cioè lui capiva solo quello che girava. Lui voleva il suo“.
Genchi racconta poi come avvenivano i riti di affiliazione, recitando agli inquirenti la “favella” per ottenere il “grado di camorra”: “si mette la punta del coltello sotto la mano di chi sta per essere affiliato e si esegue questa favella, che dice: giuro su questa punta di pugnale di disconoscere madre, padre, fratelli e sorelle fino alla settima generazione, e di dividere centesimo per centesimo e millesimo per millesimo, con un piede nella fossa e l’altro alla catena per dare un forte abbraccio alla galera”.
“Ogni grado – spiega ancora il pentito – ha tre fondatori”. Per la ‘camorra’ sono “Conte Ugolino, Fiorentini di Russia e Cavalieri di Spagna”, per lo ‘sgarrò sono “Minofrio, Misghino e Misgarro”. E poi c’è il più alto grado della ‘santa’ che ha per fondatori “Mazzini, Garibaldi, Lamanna”.