L’amministrazione parte civile nel procedimento in cui fra i 44 imputati c’è l’ex consigliera Francesca Ferri. La maggior parte risponde di spaccio di droga, estorsioni, porto d’armi nell’ambito del controllo del territorio di Valenzano da parte del clan di Salvatore Buscemi – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
“L’illecito mercimonio dei suffragi” che sarebbe stato alla base dell’elezione dell’ex consigliera comunale barese Francesca Ferri ha provocato “un danno di immagine al Comune di Bari“, suscitando “allarme e sdegno fra i cittadini”. È questo il motivo per cui l’amministrazione di Antonio Decaro ha deciso di entrare da protagonista nell’udienza preliminare che è cominciata davanti alla giudice Anna Perrelli. Quarantaquattro gli imputati, più di metà dei quali chiamati a rispondere di reati come spaccio di droga, estorsioni, porto d’armi nell’ambito del controllo del territorio di Valenzano esercitato dal gruppo capeggiato da Salvatore Buscemi. Gli altri, invece, avrebbero fatto parte del sistema messo in piedi per garantire alla Ferri l’elezione come consigliera comunale di Bari nel 2019. All’epoca la donna militava in Puglia Popolare e con quel partito era entrata nell’assise civica, dalla quale si è dimessa dopo l’arresto a ottobre 2022.
Secondo l’accusa, a reggere il sistema di compravendita di voti ci sarebbero stati anche il compagno Filippo Dentamaro e l’imprenditore (e presidente del Foggia Calcio) Nicola Canonico. Il primo non avrebbe disdegnato di rivolgersi anche al clan Buscemi per ottenere voti per la convivente, mentre Canonico con la mafia non avrebbe mai avuto nulla a che fare. Ed è per questo che la sua posizione – con l’accusa di corruzione elettorale – è stata fin dall’inizio meno grave di quella della coppia, alla quale viene invece contestato il voto di scambio politico-mafioso.
Vista la gravità dell’accusa, Ferri e Dentamaro tramite i loro avvocati hanno veicolato ai pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero la possibilità di patteggiare due anni e otto mesi lei e tre anni lui. Ma per farlo bisognerebbe che la Procura facesse cadere l’aggravante mafiosa (che non consente il patteggiamento), cosa piuttosto improbabile dopo che anche il Riesame aveva confermato l’impianto accusatorio. I due imputati principale hanno fatto sapere che nella prossima udienza, il 9 giugno, dichiareranno a che rito aderire. E lo stesso ha fatto Canonico.
La maggior parte delle persone accusate di reati connessi alla mafia (a partire da Salvatore Buscemi e Ottavio Di Cillo) hanno invece chiesto riti abbreviati. Come parte civile si è costituito innanzitutto l’imprenditore che avrebbe subito l’usura da Buscemi. E poi il Comune, forte della delibera del Consiglio approvata il 2 maggio su richiesta del primo cittadino Decaro. In quella circostanza è stato ricordato che “alcuni imputati, con l’obiettivo di ottenere – attraverso un illecito mercimonio dei suffragi – l’elezione di uno di loro quale consigliere comunale di Bari, offrivano somme di denaro a un imprecisato numero di elettori”. Secondo l’accusa tali somme andavano dai 25 ai 50 euro. Le contestazioni riguardano solo le elezioni amministrative di Bari e Valenzano del 2019. Ma durante le indagini è emerso che lo stesso meccanismo sarebbe stato applicato anche alle regionali del 2020, alle quali Ferri è stata candidata ma non eletta.
Il compito di rappresentare il Comune nel processo è stato affidato all’avvocato Tommaso Pontassuglia, con l’obiettivo di tutelare l’immagine dell’ente che si ritiene essere stata lesa. “L’amministrazione – è scritto nella delibera – intende affermare la volontà di perseguire ogni attività criminosa, idonea a colpire gli interessi della collettività d di impedire il radicarsi nel proprio territorio di attività che determinano nocumento anche allo sviluppo turistico e alle attività produttive”.