Usura, il sistema Capriati – imprenditori e negozianti così si rivolgevano al clan

fonte : https://quotidiano.repubblica.it – di Chiara Spagnolo

«Mercoledì ti restituisco 500 euro, venerdì 900, mercoledì prossimo 1.000, di più non riesco a fare« . Il messaggio inviato da un imprenditore barese ai suoi usurai sintetizza il “sistema Capriati“: prestiti di soldi a interessi elevatissimi a persone in difficoltà e richieste opprimenti di restituzione, condite da minacce e vessazioni. Un metodo sicuro per riciclare i proventi delle attività illeclte, secondo la Dda di Bari, che ha fatto arrestare 21 affiliati al ricostituito clan. L’ordinanza del gip Francesco Pellecchia e il romanzo criminale della mala del borgo antico, con capitoli dedicati ai settori in cui Filippo Capriati e i sodali erano specializzati. Droga in primis ma anche estorsioni e usura, cresciuta all’ombra della crisi.

Filippo Capriati facendosi scudo dell’appartenenza al sodalizio malavitoso ha continuato nell’attività di recupero di somme di denaro da imprenditori e commercianti in dichiarate difficoltà economiche” scrive il giudice. Ovvero i polli da spennare venivano individuati in maniera scientifica tra coloro che avevano subito rallentamenti delle attività. Come accadde all’imprenditore G.S., titolare di una ditta che produce infissi, che alla pm Isabella Ginefra ha raccontato com’è finito nel vortice dei Capriati: «Nel 2012 sopraggiunsero difficoltà economiche e mi rivolsi a un amico, il quale avrebbe dovuto chiedere ad alcune persone di Bari. Dopo qualche giorno ci incontrammo e conobbi Nicola Piperis, Vito Maurelli e Onofrio Spano. Mi sono rivolto a loro perché non potevo contare su nessuno ed ero andato in protesto con le banche» . Dopo la denuncia, la vittima afferma di temere «ritorsioni da queste persone pericolose«. E lo stesso fa il nome di un altro imprenditore, G.M., che — prima di firmare il verbale davanti ai poliziotti della Squadra Mobile, confessa: «Dopo queste dichiarazioni sono liberato da un peso ma ora temo per la mia incolumità personale e soprattutto per quella dei miei familiari, perché mi dicevano che se non avessi pagato avrebbero coinvolto nella vicenda i miei prossimi congiunti»
La paura, dunque, è tanta. Ma anche il coraggio comincia a serpeggiare tra le persone tenute sotto scacco dagli uomini dei clan, come ha sottolineato pochi giorni fa — in un’intervista a Repubblica — il questore Carmine Esposito. «Bari sta cambiando« ha detto e, a conforto della sua tesi, sono arrivati gli arresti, effettuati anche grazie alle accuse messe nero su bianco da una serie di vittime dei cravattari.

Alcune sono appena accennate, altre molto dettagliate, tutte utilissime agli inquirenti. Il racconto di G.M. e tra i più precisi. “Conosco Maurelli da anni, in quanto ci frequentavamo sin da piccoli — ha detto —. A maggio 2013, essendo in gravi difficoltà economiche, mi sono rivolto a lui affinché potesse prestarmi 5.000 euro. Il giorno dopo mi rimetteva la somma in contanti di 5.000 euro, con l’accordo di restituire il debito pagando 600 euro di interessi mensili più 500 di ammortamento del capitale. Sin dal primo mese, però, non sono riuscito a corrispondere gli importi pattuiti“. E la situazione è subito precipitata. Il debito cresceva e gli interessi aumentavano, passando a 900 euro al mese, poi 1.500, poi 3.000, con una serie di penali aggiuntive da 500 euro a botta. Finché a un certo punto è stato chiaro all’imprenditore che non ne sarebbe mai uscito: “A fronte di un prestito di 16.000 euro ho certamente dato loro oltre 80.000 euro». A quel punto, denunciare è stata l’unica via d’uscita.  

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