Un mare pronto ad esplodere

La Fabbrica di Nichi ha incontrato Matteo d'Ingeo del movimento Liberatorio Politico di Molfetta per parlare della presenza di ordigni bellici nell'Adriatico.

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di Silvia La Franceschina (www.bisceglielive.it/…)

Era il 2 dicembre del 1943 quando alcune navi americane furono bombardate dai tedeschi nel porto di Bari. Alcune di queste custodivano segretamente bombe all’iprite – strumenti di guerra a componente chimica da anni posti al bando dal consesso delle Nazioni- un gas tossico e vescicante, responsabile di danni irreversibili sulla salute delle acque e dell’uomo. In virtù di un accordo tra il Ministero della marina mercantile e gli alleati, i residui bellici sarebbero stati affondati ad oltre 20 miglia dalla costa, a circa 460 metri di profondità.

Oggi, dopo 67 anni, quegli strumenti di morte giacciono ancora, silenti e invecchiati, sul terreno marino, rappresentando un’onnipresente e imprevedibile insidia. 
Le mine sono state rinvenute principalmente nelle zone di Torre Gavetone e della Prima Cala -ex Colonia- (città di Molfetta), ma si spinsero tentacolarmente e arditamente anche al di fuori di questo confine, colonizzando le acque.

Come guerrieri senza favella hanno continuato a mantenere una consegna attempata quanto loro, riconfermata ogni giorno dalle ovattate leggi del regno marino, dove passato e futuro convivono in un eterno presente. Col tempo, adattatisi all’ambiente del mare, come ibridi crostacei o improbabili molluschi, non hanno smesso di rilasciare il loro inchiostro velenoso. Imprigionati nella logica dell’antica missione, esplodono o sprizzano sbuffi venefici, se minacciati da un qualsiasi contatto creduto nemico. Senza sapere che la malcapitata ombra è quella di un ignaro pescatore imbracciante la rete o il piedino di un bambino a caccia di granchi e lumache. Senza sapere che la guerra, quella guerra, è finita.

Da anni Matteo d’Ingeo, coordinatore del movimento Liberatorio Politico a Molfetta, ospite come relatore del tema iprite nel nostro mare, nell’ultimo incontro tenuto dalla Fabbrica di Nichi di Bisceglie, raccoglie informazioni e testimonianze, denunciando questa allarmante situazione.

Gli ordigni fluttuano indisturbati nelle acque dove ci bagniamo e dove viene pescato il pesce che mangiamo. Autorità, Prefetto, Procura di Trani, Carabinieri, Capitaneria di Porto, Arpa sono sordi ai numerosi e costanti appelli a seguito dei continui casi riscontrati di patologie da contatto con l’iprite. 
Anche la famosa alga tossica sembra essere collegata a questo terribile gas, un mutante nato dall’assorbimento di iprite dalle alghe.

Bonificare i fondali richiede un investimento di forze e denaro non indifferenti, oltre al fatto che divulgare questo genere di informazioni costituirebbe una mazzata all’economia nostrana. 
Meglio, dunque, continuare a far finta di nulla? 
La prossima vittima può essere uno di noi; perché anche le bombe hanno imparato a nuotare e a spingersi persino a riva.

Per chi volesse maggiori informazioni, consultasse il sito: http://liberatorio.splinder.com/tag/iprite

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