di LUCREZIA D’AMBROSIO
MOLFETTA – Il confine tra l’intimidazione e l’invito plateale è sottile. «Dopo 19 anni – scrive in un manifesto pubblico Cristofaro Brattoli, assassino nel 1992 del sindaco Gianni Carnicella – ho avuto il coraggio di fare il primo passo e adesso aspetto che anche tu ed un’altra persona X lo facciate dicendo solo la pura e semplice verità, tutto quello che non è stato detto quel giorno al processo».
Si rivolge a uno o più interlocutori anonimi, Brattoli, e aggiunge: «Sto agendo perché venga alla luce la pura verità, fermo restando la mia piena responsabilità, bisogna chiarire quello che avvenne in quel periodo e tu sai bene tutto ciò che è avvenuto dopo che io ho fatto il primo passo e per la verità dovresti incontrare don (omissis) e il giornalista (Matteo d'Ingeo n.r.) ma ad oggi nulla hai fatto di tutto ciò».
Sono decine le persone che si fermano e commentano il manifesto, sul quale figura il timbro della «tassa di affissione pagata». I più restano sbigottiti, qualcuno si ferma a metà lettura e si allontana imprecando. Qualcuno commenta: «Questo – dice – ha davvero una faccia tosta. E, dopo quello che ha fatto, si è pure inventato un modo per farsi pubblicità».
Può essere considerato il fatto che, sempre nel manifesto, preannuncia: «L’anno prossimo in occasione del ventesimo anniversario della morte del sindaco Carnicella uscirà un libro che racconterà e descriverà la vera storia e che spiegherà perché giravo armato e senza porto d’armi e che attività svolgevo in quel periodo tra Puglia, Calabria, Campania e Sicilia».
Una serie di messaggi in codice che solo gli interessati (chi?) possono comprendere fino in fondo, una sorta di gioco al rialzo, oppure, a voler pensare male, al ricatto: fai quello che dico io, oppure me la canto. Dal Comune nessun commento al manifesto. Il vicesindaco Uva: «Non possiamo commentare – dice – fatti che appartengono ad un altro periodo storico».
A parlare, con la voce rotta dall’emozione, è Annalisa Altomare, amica di Gianni Carnicella, collega di partito, la prima e unica donna sindaco di Molfetta, che ereditò proprio la gestione Carnicella e, in piedi, davanti al feretro, per ore, gli rimase accanto prima dell’ultimo viaggio: «Le lacrime per lui – afferma – non sono state abbastanza. L’impegno per la legalità è l’unico modo per onorarne la morte e la vita. La migliore testimonianza è fare il nostro dovere. Sono molto turbata da quanto accade oggi e il dolore è lo stesso di vent’anni fa. Quello che è pubblico è pubblico ma abbiamo il diritto di piangere nel privato. Il resto – conclude – è speculazione».
Cristofaro Brattoli, che oggi ha 54 anni, a luglio del 1992 uccise il sindaco Gianni Carnicella. Lo colpì con un fucile da distanza ravvicinata. Il movente? Il primo cittadino, per motivi di sicurezza, aveva respinto la richiesta dei Brattoli di concedergli il campo sportivo «Petroni» per la organizzazione di un concerto di Nino D’Angelo. Carnicella spirò alle 23 di quello stesso giorno, il 7 luglio di 19 anni fa. Brattoli, arrestato, fu condannato in primo grado a 25 anni, poi ridotti a 18. Nel 2005 ottenne la semilibertà. Nel 2006, nel corso della campagna elettorale per le comunali, aggredì verbalmente l’allora candidato sindaco del centrosinistra, Lillino Di Gioia, per ottenere un posto di lavoro. È stato condannato a dieci mesi.