Un avvocato molfettese dettava gli atti al segretario del pm Savasta

Trani, così gli avvocati dettavano gli atti che il pm avrebbe firmato

fonte: Chiara Spagnolo – rep.repubblica.it

Tutti con il fiato sospeso, in attesa di sapere cosa dirà l’ex pm di Trani Antonio Savasta, in carcere da otto giorni con l’accusa di corruzione in atti giudiziari in concorso con il collega Michele Nardi e il sovrintendente di polizia Vincenzo Di Chiaro. Savasta sta studiando da giorni l’ordinanza con cui il gip di Lecce Giovanni Gallo lo ha spedito in cella e stamattina deciderà insieme ai suoi avvocati, Guido Calvi e Massimo Manfreda, se chiedere di essere interrogato dalla pm Roberta Licci, che ha coordinato l’inchiesta su un presunto giro di tangenti per dirottare indagini e process! a Trani. Alle sue parole — o al suo silenzio —è appeso il destino dei suoi presunti complici, visto che dagli interrogatori svolti finora non sarebbero emersi elementi decisivi, tali da aggravare le accuse o alleggerirle.

L’avvocatessa 

« Uno se le inventa le denunce, appunto come me le sono inventate io », diceva Simona Cuomo in una telefonata intercettata con Flavio D’Introno nel 2016, durante la quale discutevano del golpe aziendale nei confronti delle Ceramiche San Nicola (della famiglia D’Introno). Per il giudice quelle parole sono un’involontaria ammissione di atti illeciti, ripetuti nell’ambito di diverse vicende giudiziarie che ebbero per protagonista il suo cliente. Non a caso, nell’ordinanza la Cuomo viene definita “costantemente coinvolta in molte delle iniziative criminose contestate”. “Attraverso l’abuso della professione di avvocato ha collaborato in maniera attiva al raggiungimento delle finalità illecite del gruppo, costruendo false denunce e creando ad arte false testimonianze — dice il giudice — La ripetitività delle azioni dimostra la non occasionalità delle condotte e la personalità, incline a commettere reati nell’esercizio della professione” . A tali contestazioni, ieri l’avvocatessa ha risposto per oltre tre ore nel Tribunate di Lecce, accompagnata dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Andrea Sambati, spiegando di avere forse in qualche occasione peccato di superficialità ma di non avere avuto alcuna cognizione di eventuali accordi illegali tra D’Introno e Savasta ne di avere ricevuto soldi. Alla professionista sono stati sequestrati beni per 436mila euro.

II caso Agenzia delle entrate

Per la Procura di Lecce, però, l’esame dei fascicoli in cui la Cuomo entra come difensore di D’Introno racconta altro. E anche per alcuni magistrati che sono stati in servizio a Trani, come Michele Ruggiero, che ereditò il processo sull’Agenzia delle entrate e segnalò “l’incongruenza probatoria” degli atti svolti da Savasta rispetto ai reati contestati. In quella circostanza, la cricca avrebbe fatto finire nei guai due messi dell’Agenzia che dovevano notificare gli atti ingiuntivi a D’Introno e furono incastrati da “false accuse“, costruite grazie alla collaborazione dell’avvocatessa e da una serie di provvedimenti più che tempestivi di Savasta. Come il sequesto delle cartelle esattoriali, grazie al quale l’Agenzia delle entrate “fu privata dei titoli necessari per far valere le azioni risarcitorie” , che riguardavano la somma di circa 30 milioni.

L’atto scritto a tavolino

Sulla questione dell’Agenzia delle entrate, il procuratore facente funzioni di Trani, Francesco Giannella, chiese spiegazioni a Savasta, che predispose le note difensive insieme all’avvocato Giacomo Ragno. Le telecamere installate dai carabinieri nell’ufficio del pm mostrano il legale (che il gip ricorda essere «noto a causa dei numerosi esposti sui suoi rapporti anomali in Procura) e il magistrato intenti a dettare un atto al segretario di Savasta. Una pratica inconsueta, considerato che l’avvocato aveva rappresentato gli interessi di molte persone indagate dalla Procura di Trani e dunque era stato l’alter ego del pm in numerosi procedimenti. ll video mostra invece una consuetudine di frequentazione di quell’ufficio, la tranquillità di dettare il provvedimento al segretario del magistrato e anche l’accortezza di sussurrargli di tanto in tanto alcune frasi nell’orecchio, “indice di una particolare prudenza nelle comunicazioni” dice il gip.

La vicenda Unicredit

C’e anche un’indagine sull’istituto di credito tra quelle che l’ex pm Antonio Savasta potrebbe aver falsato per favorire l’imprenditore Flavio D’Introno. A sottoporre la questione all’attenzione della Procura di Lecce fu l’ex procuratore facente funzioni di Trani Francesco Giannella, al quale nel periodo di reggenza arrivarono una serie di esposti contro il collega. In pratica D’Introno aveva comprato alcuni immobili a Corato da una persona a cui avrebbe prestato soldi con interessi usurai (come emerso dall’inchiesta “Fenerator“) e poi nel 2014 aveva stipulato un contratto di leasing con Unicredit. A seguito del ritardato pagamento di tre mensilità, la banca aveva sollecitato e l’imprenditore l’aveva denunciata per usura tramite l’avvocatessa Cuomo. A raccogliere la denuncia era stato ll sovrintendente Di Chiaro e Savasta aveva immediatamente disposto il sequestro del contratto di leasing, “in modo tale — dice il gip — da consentire a D’Introno di sottrarsi al pagamento”. Anche la successiva denuncia della moglie dell’imprenditore verso il direttore dell’istituto (che aveva chiesto la restituzione della carta di credito) fu presentata a Di Chiaro e da questi inoltrata direttamente a Savasta, “a dimostrazione dell’esistenza di una corsia preferenziale“. Resa ancora più evidente da un irrituale accompagnamento del direttore della banca in Procura per un ascolto, senza alcuna formale convocazione, che Savasta avrebbe redatto solo a posteriori. E poi da un ulteriore decreto di acquisizione di documenti alla Unicredit con estensione dell’indagine per usura anche ad altri funzionari (Raffaele Ruffo e Michele Patella), probabilmente al fine di indurli a più miti consigli. Dopo ll trasferimento di Savasta a Roma, l’inchiesta su Unicredit passò al collega Alessandro Pesce, dal quale D’Introno —per sua ammissione — tentò di avere lo stesso trattamento di favore. “Sono stato da Pesce per sollecitare la definizione del procedimento su pressione di Nardi — ha raccontato l’imprenditore — ma mi trattò in malo modo. Da lui non ho mai ricevuto richieste di soldi”.

Luigi Dagostino tace

L’immobiliarista barlettano, amico di Tiziano Renzi (padre dell’ex premier Matteo), si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip Gallo. Ma oggi per lui potrebbe arrivare il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta di Firenze, che a maggio lo portò in carcere a causa di presunte fatture false emesse da ditte pugliesi per aiutarlo. Giovedì invece la sezione disciplinare del Csm si pronuncerà sulla richiesta di sospensione di Nardi e Savasta dallo stipendio, dalle funzioni e dalla magistratura, avanzata dal procuratore della Cassazione, Riccardo Fuzio, e dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il gip di Lecce, intanto, sta valutando la richiesta di Nardi di poter lasciare il carcere, in cui si trova detenuto dal 14 gennaio.

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