Turbativa d’asta, chiesti 16 mesi per Fitto; aveva rinunciato alla prescrizione

Turbativa d'asta, chiesti 16 mesi per Fitto aveva rinunciato alla prescrizioneRaffaele Fitto

Un anno e quattro mesi di reclusione: questa la pena richiesta dalla procura di Bari nei confronti dell’ex ministro del governo Berlusconi, Raffaele Fitto  al termine del processo in cui era accusato con altre cinque persone di concorso in turbativa d’asta e interesse privato del curatore nella amministrazione straordinaria della società Cedis. All’epoca dei fatti contestati (2004-2006), Fitto era presidente della Regione Puglia. Per Fitto e altri due imputati il pm Renato Nitti aveva chiesto il proscioglimento per prescrizione, ma l’ex ministro aveva rinunciato chiedendo di essere giudicato nel merito. La sentenza è attesa per il 22 ottobre prossimo.
“La richiesta del pubblico ministero era prevedibile”, il primo commento dell’ex ministro e leader del Pdl in Puglia. “Lo stesso pubblico ministero – ha affermato il deputato – aveva inizialmente chiesto che la mia posizione fosse estinta per prescrizione. Ho rinunciato alla prescrizione e ho chiesto una sentenza nel merito che possa fare piena chiarezza sui fatti che mi sono stati contestati”.

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Il processo riguarda la vendita di 23 supermercati alla società Sviluppo Alimentare del costruttore salentino Brizio Montinari (“svenduti” a 7 mln, secondo l’accusa, rispetto ad un valore stimato in 15,5 mln). Nell’udienza del 6 luglio il pm Nitti, titolare del fascicolo, aveva chiesto il proscioglimento, per avvenuta prescrizione dei reati, per Fitto, Montinari e per l’allora direttore generale del settore sviluppo produttivo del ministero delle attività produttive, Massimo Goti. Sentito nel giugno del 2011, Fitto disse al pm di non conoscere Montinari, “non siamo parenti come l’accusa sostiene e non avevo alcun interesse a favorirlo. Non sapevo nulla delle procedure di vendita, ho solo sollecitato il sottosegretario all’Industria a concludere in breve tempo quelle procedure per salvare 800 posti di lavoro”. Era la primavera del 2004.

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Nel periodo in cui si contesta a Fitto, allora presidente della Regione Puglia, di aver interferito nella gara, la società era sull’orlo del fallimento e di lì a pochi mesi agli 800 dipendenti sarebbe scaduta la cassa integrazione. Quello che Fitto fece il 30 giugno telefonando all’allora sottosegretario all’Industria Balducci – spiegò l’allora ministro – fu sollecitare una rapida definizione delle procedure di vendita e placare le continue, giuste proteste dei lavoratori. Il ministro Fitto in quella occasione chiarì anche i suoi presunti rapporti di parentela con Brizio Montinari (zio acquisito di sua cognata).

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